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Emilia: buca, stocca e trivella e alla fine la terra trema

Uno studio di Science rivela la sismicità indotta dall’industria petrolifera. La Regione rallenta la diffusione delle informazioni.

Contributo di Maria Rita D’Orsogna*

Emilia: buca, stocca e trivella e alla fine la terra trema

“Nessuna attività dell’uomo (sondaggi, perforazioni, prelievi di idrocarburi, prelievi di acqua ecc) può creare o indurre terremoti di intensità pari a quelli avvenuti” (Daniela Fontana, Università di Modena, Il Resto del Carlino, 8 Giugno 2012). “A pair of deadly earthquakes that struck the north of Italy in 2012 could have been triggered by the extraction of petroleum at a local oil field, according to an international panel of geoscientists” (“Un paio di terremoti mortali che hanno colpito il nord Italia nel 2012 potrebbero essere stati innescati dall’estrazione del petrolio in un giacimento locale, secondo un gruppo internazionale di geologi”. Science MagazineScience Magazine, 11 Aprile 2014).

Veritatem laborare nimis saepe exstingui numquam. La verità troppo spesso soffre, ma non muore mai

Quanti insulti ho dovuto sentire in questi anni sul fatto che – secondo i benpensanti – la sismicità indotta in Italia non c’è, non c’è mai stata e mai potrà esserci? E invece non è cosi, ed è bastato un articolo su Science, prestigiosa rivista statunitense, a smentire tutti questi professoroni, ministri ed esperti che volevano in qualche modo mandare al dimenticatoio le possibili responsabilità umane dei terremoti del 2012 in Emilia Romagna.

Le scosse più gravi furono di magnitudine 5.9 e 5.8 Richter, con epicentro a Finale Emilia. Morirono 27 persone e in 5,000 persero le proprie case. Il rapporto di Science dice quello che qualsiasi persona di buon senso direbbe: e cioé che data l’intensa attività estrattiva in Emilia Romagna, a cavallo fra Modena e Ferrara, è quantomeno plausibile che le scosse di due anni fa furono dovute alle trivelle in loco. Elementare no? Buco, scavo, trivello, stocco e dunque perturbo i complicati sistemi sotterranei e a un certo punto, voilà, la corda si spezza.

L’articolo è in realtà prudente e dice che “non possono essere escluse” correlazioni fra i terremoti e il vicino campo Cavone, della concessione Mirandola. Si spiega quello che è un territorio instabile di suo, potrebbe essere stato vicino al punto di rottura e che anche piccole variazioni dovute all’attività umana avrebbero potuto innescare i catastrofici terremoti del 20 e 29 Maggio 2012.

Gli autori notano che l’attività estrattiva presso il campo Cavone è aumentata nell’aprile del 2011, un anno prima dei terremoti. Nel campo Cavone hanno 34 pozzi e un Centro Oli. Nessuno dei membri della commissione Ichese – responsabile dei risultati – ha voluto rilasciare commenti a Science, a partire dal presidente Peter Styles, un “expert” della Shale Gas Europe, consorzio nato per promuovere l’immagine del fracking in Europa e sponsorizzato da Chevron, Cuadrilla, Total, Halliburton, Statoil e Shell.

Ha invece commentato un “anonimo” cuor di leone per dire che la connessione terremoti-trivelle in Emilia Romagna non è provata: non ci sono stati terremoti antecendenti di breve durata prima degli eventi del 20 maggio, c’è una distanza troppo grande fra l’epicentro e il campo Cavone, e alla fine di petrolio se ne tira fuori poco, circa cinquecento barili al giorno.

Commenta e smentisce invece, con nome e cognome, Geoffrey Abers della Columbia University, autore di vari articoli sulla sismicità indotta da eventi umani, incluse le trivelle, e che può manifestarsi anche a distanze elevate. Si fanno gli esempi di altre località in cui è successo – Oklahoma e Colorado – e si parla della sismicità indotta dai pozzi che contengono acque di scarto ad alta pressione. “We think that in Oklahoma the injected water was jacking up the pressure in just the right place and that caused a cascading sequence of earthquakes”. “Pensiamo che in Oklahoma l’acqua iniettata stava aumentando a dismisura la pressione proprio nel posto giusto e che questo ha causato una sequenza di terremoti”.

Pozzi di reiniezione? Cavone? Ma certo, il Cavone14. E’ un pozzo di reiniezione di fluidi operato dalla Padana Energia, come quasi tutti i pozzi della concessione Mirandola. E’ plausibile che sia successa la stessa cosa con il Cavone14? E che non siano solo le attività estrattive in gioco ma anche quelle di reiniezione di monnezza tossica sottoterra?

Ad ogni modo, trovo che in tutto l’articolo di Science, una delle frasi più orrende – e che veramente dovrebbe fare vergognare il governatore Vasco Errani – è la seguente: “Sources with close knowledge of the study say it was presented to the Emilia-Romagna regional government at least a month ago, but that politicians at both the regional and national level are nervous about its effects and are delaying its release”. “Fonti con conoscenza dello studio dicono che è stato presentato al governo regionale dell’Emilia Romagna almeno un mese fa, ma che i politici a livello regionale e nazionale sono preoccupati dei suoi effetti e stanno ritardando la sua diffusione”.

Eh? Ma si rendono conto di quello che fanno costoro? Nascondono le carte! Perché? Per motivi elettorali? Tutto questo è vergognoso ed è veramente uno schiaffo morale a quei 27 morti del terremoto.

Io non so esattamente che ruolo esatto abbia in questa vicenda il governatore Vasco Errani del Pd, ma è lui il capo, e la responsabilità è sempre del capo. Vasco Errani ora può fare una sola cosa: chiedere scusa e con umiltà a tutti i suoi condittadini, rendere pubblico questo rapporto, spiegarlo alle persone in modo chiaro ed imporre una moratoria immediata alla costruzione di tutti i pozzi di qualsiasi genere, colore e profumo nella regione Emilia Romagna.

E il primo ministro Matteo Renzi dovrebbe fare la stessa cosa per il resto d’Italia, invece di ascoltare i deliri di Passera, della Guidi, di Scaroni e di tutti quelli che pensano che trivellare sia la soluzione ai nostri mali.

Se non impariamo niente da questo rapporto e da quelle lacrime, quei 27 morti saranno morti invano.

* Maria Rita D’Orsogna è una ricercatrice statunitense di origine abruzzese, vicina ai movimenti che si battono contro le trivellazioni della costa adriatica e per la costituzione del Parco della Costa Teatina

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