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Dopo Cremona, ma di chi è una piazza? E cos’è l’antifascismo?

Un corteo molto determinato, quello di Cremona dopo il raid di Casapound, oppure lo ha rovinato una minoranza violenta? Un dibattito infiamma il blog del “nostro” Baro

di Francesco “baro” Barilli

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http://francescobarilli.blogspot.it/

Per una serie di questioni personali, peraltro spiacevoli, non ero presente alla manifestazione di Cremona di sabato 24, convocata dopo la violenta aggressione effettuata da militanti di casa Pound a danni di Emilio, del CSA Dordoni. Chi mi conosce sa che ci sarei andato molto volentieri, anche per il mio legame con quella città. E prima di procedere oltre voglio mandare un abbraccio a Emilio, alla sua famiglia, ai suoi compagni e compagne.
Ho seguito on line diversi commenti sull’esito della manifestazione. Ne scelgo alcuni: persone che non si conoscono fra loro e che io invece conosco e stimo. Visto che non voglio far diventare questo articolo l’occasione per uno scazzo personale fra loro, li chiamerò Soggetto 1, Soggetto 2 eccetera, nominandoli al maschile per renderli totalmente impersonali. Sintetizzerò brutalmente le rispettive posizioni, mantenendo ovviamente il contenuto.
Soggetto 1: era alla manifestazione e l’ha abbandonata disgustato, quando una minoranza di violenti ne ha stravolto il senso originario. Molti, afferma, hanno fatto come lui.
Soggetto 2: dice l’esatto opposto. La versione di un corteo “rovinato da una minoranza di violenti” è falsa: la maggioranza dei manifestanti era compatta nel condividere le modalità “più dure” della manifestazione. Dice, soprattutto, che quella “maggioranza dura” esprimeva essa stessa il senso con cui l’iniziativa cremonese era stata convocata.
L’idea che uno dei due stia raccontando balle può sorgere spontanea. Ma, come ho detto, li conosco entrambi: mi sento d’assicurare che non stanno mentendo. Qualcuno potrebbe dire “la verità sta nel mezzo”: perdonatemi, m’è sempre sembrata una sciocchezza. Non c’è bisogno di filosofeggiare sul significato profondo di “verità”: sì, a volte è equidistante fra due versioni, altre volte pende decisamente da una parte.
Dunque, Soggetto 1 e Soggetto 2 non mentono, hanno solo percepito una realtà diversa. Lo dico senza ironia: che più osservatori forniscano in buona fede ricostruzioni diverse dello stesso evento è più normale e frequente di quanto si possa pensare.
Decido dunque di approfondire…
Franco Bordo è un parlamentare di Sel. Non lo conosco e sapete la mia scarsa opinione di Sel. Di lui faccio il nome perché il suo ruolo lo rende diverso da “Soggetto 1 e 2”: per lui è corretto riportare con nome e cognome quanto dice su Facebook: “Questa era la testa del corteo antifascista di Cremona, pacifico e molto partecipato. Con un colpo di mano, un gruppo di violenti ben organizzati ha obbligato la testa del corteo, moglie di Emilio inclusa, a farsi da parte per dar vita ad un pesante scontro con la polizia. Questo non è antifascismo”.
Quindi c’è un primo elemento da verificare: che alla testa del corteo ci fossero i familiari di Emilio, suppongo assieme ai compagni più stretti, mi sembra naturale. Sono stati allontanati dai ragazzi con caschi e bastoni? Oppure il cambio alla testa del corteo era o è stato concordato?
Arrivo quindi a Soggetto 3: arrivava da fuori Cremona. In tanti, dice, come lui sentivano l’esigenza di una manifestazione antifascista, dopo l’aggressione ad Emilio. Sostiene che molti compagni se ne sono dovuti andare poco dopo la partenza del corteo, quando il cordone “armato” s’è messo alla testa del corteo, imponendo la propria presenza e la propria modalità di manifestare.
Incuriosito, cerco un comunicato del CSA Dordoni. I più colpiti, anche umanamente, dal dramma di Emilio e i più titolati a dire come è andata. Lo riporto integralmente (sottolineature mie).
“Ieri, sabato 24 Gennaio, diecimila antifascisti hanno attraversato le vie di Cremona per ribadire la propria solidarietà ad Emilio ed ai militanti del centro sociale Dordoni aggrediti domenica pomeriggio fuori dallo spazio autogestito di via Mantova.
Il corteo si è mosso con determinazione verso la sede locale di CasaPound, da cui in questi ultimi mesi sono partite numerose aggressioni ai danni degli antifascisti/e cremonesi.
Sabato è stata data una risposta forte e chiara: chi tenta di uccidere un compagno ne paga le conseguenze!
Che cosa ci si poteva aspettare dopo la gravissima aggressione di domenica 18 gennaio, quando sessanta fascisti hanno lasciato in fin di vita  Emilio, storico compagno del centro sociale, colpendolo ripetutamente con spranghe e calci in testa?
La polizia, connivente e complice con i fascisti, ha permesso domenica sera a sessanta assassini di andarsene indisturbati dopo il tentato omicidio premeditato e, successivamente, ha caricato il presidio di solidali accorsi sul posto dopo la diffusione della tragica notizia.
Dopo tutto ciò, che cosa ci si aspettava?
In migliaia si sono mossi uniti e compatti, con buona pace della questura che ha dichiarato una partecipazione di sole duemila persone, verso il covo fascista che da un anno a questa parte è il luogo da cui partono azioni squadriste ai danni di attivisti politici, migranti e studenti; sede che la polizia era schierata a difendere.
I fascisti di CasaPound che hanno tentato di ammazzare Emilio e la Polizia che ha permesso loro di compiere indisturbati il vile agguato sono i soli e unici responsabili della tensione che si è creata ieri a Cremona!
I danneggiamenti di banche e del comando della Polizia Locale, avvenuti sul finire del corteo, erano ampiamente evitabili; ma in un corteo di tali dimensioni non potevamo controllare tutto.
Dopo l’attacco premeditato e scientificamente organizzato di domenica pomeriggio al centro sociale Dordoni, con Emilio che ancora lotta per la vita in un letto d’ospedale, la rabbia nel corteo era tanta: i responsabili di tutto ciò rimangono gli assassini di CasaPound e la Questura di Cremona.
L’Antifascismo non è un vuoto rituale commemorativo, ma valore e pratica quotidiana: dai picchetti contro gli sfratti, nelle lotte contro lo sfruttamento e la miseria, fino alla giornata di ieri!
Un ulteriore abbraccio a Emilio e a tutta la sua famiglia!
#EmilioResisti
I compagni e le compagne del CSA DORDONI”

Il comunicato mi sembra dire:
– La tensione creatasi al corteo del 24 è conseguenza di quanto successo il 18: è colpa dei fascisti, che hanno aggredito Emilio, e delle forze dell’ordine che li hanno protetti.
– Il CS Dordoni concorda sul fatto che il corteo dovesse muoversi verso la sede di casa Pound, ma non ha voluto gli scontri e in parte li condanna (“I danneggiamenti di banche e del comando della Polizia Locale … erano ampiamente evitabili”).
Qui comincio ad esprimere una mia valutazione. NON “politica” ma sul piano logico e magari erronea (ricordo che mi esprimo su testimonianze raccolte, non su osservazione diretta): il comunicato mi sembra debole e imbarazzato.
E’ sacrosanto convocare una manifestazione dopo l’aggressione del 18. Ed è logico ci siano rabbia e indignazione: il punto è vedere “come” le si vuole esprimere, sapendo che il corteo sarà molto partecipato e con sensibilità diverse. Il Dordoni è, politicamente, il soggetto più coinvolto: prima dell’evento sta a lui stabilire cosa “si deve fare”, cosa “si può fare”, cosa “si può accettare”, cosa “si deve rifiutare”.
A questo punto guardo i video degli scontri per chiarirmi le idee.
Effettivamente all’inizio il corteo è aperto da uno striscione. Dietro, molte persone e molte bandiere.
Ad un certo momento lo scenario cambia, arrivano ragazzi con caschi e bastoni e si mettono “a cordone”, alla testa. Da questo momento le immagini si fanno più confuse, ma non riesco più a vedere le molte bandiere e gli striscioni precedenti. La sensazione è che abbia ragione Soggetto 3 quando dice che molti hanno scelto di allontanarsi poco dopo la partenza.
I poliziotti tirano lacrimogeni come li avessero comprati in svendita all’Ikea. Ma arretrano, mantengono sempre una distanza fra sé e il fronte dei manifestanti. Su altre fonti leggo che ci sono stati dei feriti, ma nei video non si vedono arrivare a contatto le forze dell’ordine e i manifestanti. Non sembra una riedizione di Genova 2001, sembra un balletto: sassi e fumogeni contro sassi e lacrimogeni. Più che uno scontro sembra il preliminare di una rissa che entrambi i contendenti vogliono evitare. In questo contesto anche l’assalto alle banche appare uno stanco rituale: ricordo che l’iniziativa di Cremona era in solidarietà a un compagno gravemente ferito, contro casa Pound e le sedi fasciste. Fumogeni e lacrimogeni sembrano una festa di San Pietro (chi è di Cremona mi comprende) sui generis e fuori stagione.
Provo a tirare le conclusioni. Mie personali e assolutamente criticabili.
1. Casa Pound è protagonista di una smaccata apologia del fascismo. Che una simile realtà sia non solo tollerata ma addirittura coccolata è scandaloso. Quest’anno cade il settantesimo anniversario della liberazione dal nazifascismo. Una liberazione ottenuta combattendo, non sfilando coi palloncini colorati. Ricordarlo è un dovere. E così pure metterlo a cappello di queste conclusioni.
2. L’antifascismo deve farsi testimonianza culturale costante nella società. Il fascismo lo si combatte innanzitutto mostrandone l’orrore, combattendo il revisionismo storico, sottolineando le alleanze odierne (con la Lega in primis) e le colpevoli banalità sul passato (i vari “il fascismo ha fatto anche cose buone” e via dicendo). Senza questa attività preventiva, sfasciare vetrine per attestare la propria esistenza in vita non serve a nulla. E lo dico sul piano pratico, non su quello etico. Non m’interessa parlare di cosa è giusto fare e cosa no: vorrei parlare di cosa è utile fare, di cosa è inutile e di cosa è, addirittura, controproducente.
3. Qualcuno dirà “E le sedi di casa Pound non vanno forse chiuse? Agendo sul piano culturale, senza una dura reazione nei fatti non si ottiene nulla!!!”. Vero solo in parte: con un’attenta operazione culturale e di memoria quelle sedi non verrebbero neanche aperte. Al fascismo e ai suoi rigurgiti si deve impedire di trovare terreno fertile, così la malapianta non cresce neppure.
4. Una manifestazione non è fatta solo dai contenuti che si vogliono esprimere, ma anche dalle modalità con cui le si vuole esprimere. In questo campo, la forma è essa stessa sostanza. Poi, chiaro, le modalità possono essere diverse anche all’interno di una data manifestazione (è una ricchezza, non un difetto!) ma è bene che quelle diversità siano discusse prima. E accettate (allora si manifesta insieme) o rifiutate (e allora chi vuole può farsi una propria manifestazione, in altro tempo o luogo).
5. In questi casi in troppi vogliono solo sottolineare il proprio purissimo pedigree antifascista. Una sorta de “il mio antifascismo è più lungo del tuo!” che non m’appassiona. Ma l’antifascismo visto a Cremona è stato solo un’inutile rappresentazione muscolare e di facciata.
A chi invece volesse commentare “da destra”, dando dell’ipocrita a quei manifestanti allontanatisi dal corteo di Cremona perché “i violenti li si doveva isolare” (ho letto anche questo) rispondo solo di non dire cazzate, che facciamo prima.

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