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Krugman: l’Europa dovrebbe smettere di sostituire all’analisi la morale

Che la Grecia serva da esempio per altri debitori? Se è così, come si concilia con i valori di una comunità di paesi che si dicono democratici e sovrani?

di Paul Krugman

Il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem  e il ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, dopo la riunione di venerdì scorso ad Atene (foto K. Tsirois)
Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem e il ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, dopo la riunione di venerdì scorso ad Atene (foto K. Tsirois)

 

Paul Krugman Paul Krugman è un economista e saggista statunitense. Attualmente professore di Economia e di Relazioni Internazionali all’Università di Princeton, ha vinto il Premio Nobel per l’economia 2008 per la sua analisi degli andamenti commerciali e del posizionamento dell’attività economica in materia di geografia economica.

 

Nei cinque anni che sono trascorsi da quando è iniziata la crisi dell’euro, la lucidità ha scarseggiato considerevolmente. Ma questa mancanza di chiarezza è ora che finisca. Gli ultimi avvenimenti in Grecia rappresentano una sfida cruciale per l’Europa: sarà in grado di lasciasi alle spalle miti e moralismi e affrontare la realtà in modo che rispetti i valori essenziali del continente? In caso contrario l’intero progetto europeo, il tentativo di consolidare pace e democrazia attraverso una prosperità condivisa, subiranno un colpo terribile, può darsi mortale.

Parliamo prima di questi miti: molte persone sembrano credere che i prestiti ricevuti da Atene, da quando è scoppiata la crisi, siano serviti per finanziare le spese greche.
La realtà, ovviamente, è che la maggior parte del denaro prestato alla Grecia è stato utilizzato semplicemente per pagare gli interessi sul debito stesso.
Di fatto, nel corso degli ultimi due anni, un importo superiore al totale inviato in Grecia è stato riciclato in questo modo: il Governo greco ottiene più introiti di ciò che spende in cose che non sono interessi, e fornisce ulteriori fondi ai suoi creditori.

O, per semplificare le cose un poco oltre il conto, si potrebbe pensare che la politica europea ipotizzi un piano di salvataggio economico non per la Grecia, bensì per le banche dei paesi creditori, e che il Governo greco agisca semplicemente come intermediario (mentre dal popolo greco, che ha visto cadere in picchiata il suo livello di vita, si pretendono sempre più sacrifici affinché possa contribuire a questo salvataggio).

Una forma per guardare alle esigenze del Governo greco eletto di recente, è considerarne la volontà per cui la quantità di questo contributo sia ridotto.

Nessuno parla del fatto che la Grecia spenda più di quanto le entri; l’unica cosa di cui si discute è la possibilità di spendere meno in interessi e di più in cose come la salute e l’aiuto agli indigenti. Così facendo, la conseguenza potrebbe essere quella di ridurre notevolmente il tasso di disoccupazione del 25%.

Ma la Grecia non ha l’obbligo di pagare il debito che il suo stesso Governo ha deciso di contrarre? Ecco dove entra il gioco il moralismo.

E’ chiaro che la Grecia (o, per essere più precisi, il Governo di centrodestra che governò il paese tra il 2004 e il 2009), prese in prestito volontariamente ingenti somme di denaro. Tuttavia è anche vero che le banche tedesche e del resto del mondo concessero prestiti alla Grecia volontariamente. In condizioni normali ci si aspetterebbe che le due parti responsabili di tale errore di valutazione pagassero per questo. Ma le entità creditizie private sono stata, in gran misura, salvate e nel frattempo la Grecia dovrebbe continuare a pagare.

Diciamoci la verità, nessuno crede che la Grecia possa pagare tutto ciò che deve. Ma allora perché non ammettere tale realtà e ridurre i pagamenti ad un livello che non imponga ai cittadini greci una eterna sofferenza?

Forse l’obiettivo è che la Grecia serva da esempio per altri debitori? Se è così, come si concilia questo con i valori di quella che si presume sia una comunità di paesi democratici e sovrani?

La questione dei valori assume ancora più forza se si prende in considerazione la ragione per cui i creditori greci continuano ad avere potere. Se si trattasse solo di un problema di finanziamento pubblico, la Grecia potrebbe andare in bancarotta e così sia; non le si concederebbero più prestiti, ma la Grecia smetterebbe di pagare i debiti già contratti e la sua liquidità migliorerebbe nettamente.

Il problema della Grecia, comunque, resta la fragilità delle sue banche che, attualmente (come le banche di tutta l’Eurozona), hanno accesso al credito della Banca Centrale Europea. Se si chiude questo credito il sistema bancario greco, probabilmente, crollerebbe sotto il peso del panico bancario. Pertanto, finché continui a stare nell’euro, la Grecia ha bisogno della buona volontà della banca centrale, che a sua volta dipende dall’attitudine della Germania e di altri paesi creditori.

Però ora pensiamo in che forma tutto questo possa influire nella negoziazione del debito. Davvero la Germani è disposta a dire ad un’altra democrazia dell’Europa comunitaria: “Paga o distruggeremo il tuo sistema bancario”?

E pensiamo pure a ciò che accadrebbe se il nuovo Governo greco – che dopotutto è stato eletto perché ha promesso di farla finita con l’austerità – mantenga le sue posizioni. E molto probabile che questo percorso conduca ad una uscita forzata della Grecia dall’euro, con conseguenze economiche e politiche che potrebbero essere disastrose per l’Europa nel suo insieme.

Da un punto di vista oggettivo, risolvere la situazione non dovrebbe essere difficile. Anche se nessuno lo sa, il fatto è che la Grecia ha fatto passi da gigante nel recuperare la sua competitività; stipendi e costi sono crollati così che, in questo momento, l’austerità è la zavorra principale dell’economia.

Quindi, ciò che occorre fare è semplice: lasciare che la Grecia abbia delle eccedenza più piccole, ma comunque positive, che allevierebbero le sofferenze greche e permetterebbe al nuovo Governo di proclamare il suo successo, e con ciò si placherebbero le forte anti-democratiche in agguato dietro le quinte.

Nel frattempo, il costo per i contribuenti dei paesi creditori – che non potranno mai recuperare l’intero ammontare del debito – sarebbe minimo.

Tuttavia, per fare la cosa giusta sarebbe necessario che altri paesi europei, i tedeschi in particolare, dimenticassero i miti egoistici e smettessero di sostituire all’analisi la morale. Saranno in grado di farlo? Presto lo vedremo.

FONTE: The New York Times, traduzione di Marina Zenobio

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