Il leader di Syriza al Parlamento greco annuncia che non cederà ai ricatti dell’Ue. «Italia a rischio bancarotta ma teme ritorsioni tedesche», dice il ministro delle Finanze Varoufakis
da Atene, Elena Sirianni
«Rispetterò il programma elettorale!». Si appena concluso in Parlamento il discorso di dichiarazione programmatica di Alexis Tsipras. Pur mantenendo aperta la porta del dialogo con l’Unione europea, il leader di Syriza non ha fatto alcun passo indietro rispetto al programma annunciato in campagna elettorale. Con i deputati di maggioranza tutti in piedi ad applaudirlo, visibilmente commosso e con la voce rotta dall’emozione, Alexis Tsipras ha affermato:
«Lo dichiariamo categoricamente, non rinegozieremo la nostra storia. Non rinegozieremo l’orgoglio e la dignità di questo popolo. Questi valori sono per noi sacri e non negoziabili. Siamo carne della carne del popolo. Veniamo dalle pagine della storia di questo popolo e per questo lo serviremo fino alla fine. Siamo ogni parola della Costituzione di questo Paese. Su questa Costituzione abbiamo giurato, questa Costituzione serviremo e la serviremo fino alla fine, rivendicando i sogni, i valori, le lotte, i sacrifci del popolo greco. Signore e Signori deputati, vi invito a votare la fiducia al governo di salvezza sociale, vi invito a combattere insieme questa battaglia per la Patria, per il futuro delle generazioni future, affinchè il nostro popolo riconquisti speranza e dignità, la sua dignità perduta. Questa battaglia la combatteremo insieme. Vi ringrazio».
La fiducia martedì sera, la discussione inizia la mattina alle 11. Domattina Alexis Tsipras incontrerà premier austriaco.
Domani, al G20 di Istanbul, Usa e Gran Bretagna andranno in pressing sull’Eurozona perché trovi una soluzione ed eviti una nuova fase d’instabilità dalle ripercussioni potenzialmente globali. Tsipras da Atene ha fatto sapere, appunto, di impegnarsi «a rispettare in pieno il programma del partito con cui ho vinto le elezioni»: misure per ridurre gli sprechi (riorganizzazione da zero della tv pubblica, vendita di 800 auto blu, taglio dei costi). «La Grecia vuole pagare il suo debito, ma vuole raggiungere un’intesa comune con i partner per l’interesse di tutti. Il problema del debito greco «non è economico ma politico». Il memorandum è fallito ora il paese ellenico chiede «un nuovo accordo-ponte sino a giugno per rinegoziare il suo debito». Una condizione che, «ad essere sincero, sono sicuro raggiungeremo», potrebbe rappresentare forse una tregua e una possibile via d’uscita dal rischio default già a marzo.
Intanto Atene, dopo che Roma e Parigi si sono sostanzialmente fatte da parte cedendo la leadership nelle trattative ad Angela Merkel, manda una frecciata rivolta al governo Renzi. «Funzionari italiani mi hanno detto che non possono dire la verità. Anche l’Italia è a rischio bancarotta ma teme ritorsioni da parte della Germania», dice il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis dopo il tour europeo che l’ha portato anche a Roma. Parole pesanti che rompono decisamente con lo stile ‘felpato’ che di solito domina gli scambi fra i ministri europei, e che ben testimoniano la delusione di Atene per la mancanza di solidarietà da parte dei paesi, Italia e Francia in testa, che in effetti dello stop all’Austerity avevano fatto la propria bandiera. Secca anche la replica del ministro dell’Economia italiano, Pier Carlo Padoan: «il nostro debito è sostenibile». La visita di Varoufakis a Roma, Londra, Parigi, Berlino non ha portato alleanze nel braccio di ferro con l’Eurozona. La cancelliera ha esplicitamente detto che Atene è isolata e che Italia e Francia sono con Berlino. E il ministro greco, in un’intervista a Presa Diretta tira in ballo il debito, al top nella classifica europea, che accomuna Grecia e Italia. Un’uscita che serve ad aprire un varco nella presunta compattezza europea sulla posizione della Germania di fronte al «New Deal» chiesto da Atene, che vorrebbe abbuonare parte del proprio debito, la fine delle missioni di monitoraggio della troika e, soprattutto, un prestito ponte che le consenta di non sottoscrivere un nuovo programma con il trio Ue-Bce-Fmi. Atene vorrebbe far uscire allo scoperto in particolare i socialisti europei, che si sono intestati lo stop all’austerity ma di fatto – o almeno così dice la Merkel – sono con lei nella trattativa con la Grecia.
I nodi potrebbero venire al pettine all’Eurogruppo convocato d’urgenza per l’11 febbraio, alla vigilia del Consiglio dei capi di stato e di governo a Bruxelles, con la Bce che ha dato praticamente un ultimatum tagliando i prestiti diretti alle banche elleniche. Ma il tema della Grecia, con le agenzie di rating che agitano lo spettro di un default, fa breccia già al vertice turco dei ministri finanziari e governatori di domani e martedì. Anche se l’ex presidente della Fed Alan Greenspan dice che la Grecia dovrebbe uscire dall’euro («è solo questione di tempo»), il rischio ‘Grexit’, con la sua carica d’instabilità che mette in forse i progressi europei ottenuti con il quantitative easing di Draghi, non piace per niente a Washington. Il segretario del tesoro Usa Jack Lew, a Istanbul, potrebbe vestire i panni del genitore che riprende i ‘bambini’ europei chiedendo loro una maggiore cooperazione sulla Grecia. Alla Casa Bianca non è piaciuta affatto l’apertura di Mosca ad Atene sul fronte finanziario. Mario Draghi, il presidente della Bce, incontrerà Lew: non è escluso che a Istanbul, geograficamente vicina ma paradossalmente distantissima politicamente da Atene, comincino a tracciarsi i contorni della strategia per salvare la Grecia e l’euro a 19. Con, sullo sfondo, il tema caro agli Usa di un rilancio della domanda globale.
Ma sei i governi della miseria non sono capaci di solidarietà, non è così per i movimenti e le sinistre che sono pronti a mobilitarsi per sostenere la possibilità di una breccia nell’austerity. Sabato prossimo, a Roma, la manifestazione nazionale della brigata Kalimera e dell’Altra Europa con Tsipras.
(ha collaborato Francesco Ruggeri)