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Grecia, quello che vorrebbero farti credere sul debito

Otto idee sul debito greco che servono solo a far interiorizzare l’ineluttabilità del debito ai popoli greco e del Sud dell’Europa. Un audit pubblico svelerebbe il ricatto

a cura del Collectif pour un audit citoyen

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Nonostante l’ingerenza e la pressione dei dirigenti dell’Unione europea (UE), il popolo greco ha deciso di prendere in mano con coraggio il proprio destino e farla finita con le politiche di austerità, che hanno sprofondato il paese nella miseria e nella recessione. Nei paesi vittime della trojka [ribattezzata ora “Istituzioni europee”], ma anche in numerosi altri paesi europei, la vittoria [elettorale di Syriza] viene sentita come un incoraggiamento formidabile a battersi per porre fine a politiche che avvantaggiano i mercati finanziari e sono invece disastrose per le popolazioni.

I nostri grandi mezzi di comunicazione, invece, non fanno che sostenere uno dopo l’altro l’assurda idea per cui l’annullamento del debito greco “costerebbe 600 euro a ogni singolo contribuente francese”. Via via che si inaspriscono le trattative tra la Grecia e la trojka, la propaganda va intensificandosi e il nostro lavoro di educazione popolare sul problema del debito pubblico diventerà sempre più decisivo. Le seguenti risposte alle idee indotte sul debito greco vorrebbero fornire un contributo al riguardo.

Idea indotta n.1 – Annullare il debito greco vuol dire 636 euro per ogni francese

Il discorso ufficiale sulla Grecia

«Inaccettabile trasferire il debito greco dal contribuente greco a quello francese» (Michel Sapin, ministro dell’Economia Europe, n.1, 2 febbraio 2015); «una tegola di 735 euro per ogni francese» (Le Figaro, 8 gennaio 2015); 636 euro secondo TF1 (2 febbraio 2015).

Perché è falso?

L’impegno francese verso la Grecia è di 40 miliardi di euro: una piccola parte è stata prestata al paese nel quadro di prestiti bilaterali, il resto (circa 30 miliardi di euro) è stata fornita a garanzia al Fondo europeo di solidarietà finanziaria (Fesf) che ha contratto il prestito sui mercati finanziari per prestare alla Grecia.

In entrambi i casi questi prestiti sono già contabilizzati nel debito pubblico francese (circa 2.000 miliardi), per cui il loro annullamento non aumenterebbe il debito.

La Francia dovrà sborsare quelle somme in caso di annullamento del debito greco? No, perché infatti la Francia, come la maggior parte dei paesi, non rimborsa mai veramente il proprio debito. Quando un prestito viene a scadere, la Francia lo rimborsa con un altro prestito. Si dice che la Francia fa “rotolare” il suo debito.

La sola cosa che perderebbero i contribuenti francesi sarebbero gli interessi versati per la Grecia, ossia 15 euro pro capite e per anno.[1]

La Bce potrebbe risolvere il problema con facilità. Potrebbe cancellare con un tratto di penna i 28 miliardi da lei detenuti. Potrebbe riacquistare dalle istituzioni pubbliche (Stati, Fesf) i titoli greci che detengono e ugualmente annullarli. Oppure potrebbe trasformarli – come chiede la Grecia – in obbligazioni perpetue, con un tasso di interesse fisso e affidabile, e non di rimborso del capitale. Ad ogni modo, una banca centrale non corre alcun rischio finanziario, perché si può rifinanziare da sola creando moneta.

Quali insegnamenti per la Francia e l’Europa?

Anche in Francia il debito pubblico è insostenibile e non si potrà rimborsare. I tassi d’interesse oggi sono bassi? Sì, ma perché la Francia porta avanti una politica d’austerità che piace ai mercati finanziari. E anche perché gli investitori finanziari non vogliono più correre il rischio di investimenti nel settore produttivo. Per farla finita con questa politica, in Francia e in Europa, bisognerà pure alleggerire in un modo o in un altro il gravame dei debiti: ristrutturazione, parziale rimborso con un prelievo eccezionale sui grandi patrimoni, parziale annullamento… ogni ipotesi va studiata e deve essere oggetto di scelte democratiche.

Idea indotta n.2 – Quando si deve qualcosa, va rimborsata

Il discorso ufficiale sulla Grecia

«La Grecia dovrà rimborsare il suo debito» (Michel Sapin, 2 febbraio); «Un debito è un debito. Rimborsare è un dovere morale per uno Stato di diritto» (Marine Le Pen, 4 febbraio)

Perché è falso?

Tranne rare eccezioni, uno Stato non rimborsa il proprio debito, ma rinnova il prestito per far fronte alle scadenze. Nel bilancio dello Stato figurano gli interessi del debito, mai il rimborso della somma presa in prestito (la parte principale). Al contrario di un privato, lo Stato non è mortale, può indebitarsi all’infinito per pagare i suoi debiti. È la differenza con il prestito di una madre di famiglia che ha l’obbligo, lei sì, di rimborsare il suo debito.

Se però i mercati finanziari non vogliono più prestare a uno Stato, o esigono tassi d’interesse esorbitanti, e lo Stato non ha più accesso alla creazione di moneta da parte della Banca centrale del proprio paese, le cose si mettono male. Per questa ragione nel 2011, quando le banche si sono spaventate di fronte alle difficoltà greche, la Bce e gli Stati europei hanno dovuto concederle prestiti.

Ed è questo che oggi consente loro di esercitare un brutale ricatto, minacciando di tagliare i crediti alla Grecia se il suo governo mantiene le misure anti-austerità che ha promesso agli elettori: aumento dello Smic e delle pensioni, rientro al lavoro dei dipendenti pubblici licenziati, blocco delle privatizzazioni.

Numerose esperienze storiche di paesi sovra-indebitati (Germania 1953, Polonia 1991, Irak 2003, Ecuador 2008, Islanda 2011, Irlanda 2013…) sono comunque approdate alla stessa conclusione: se il debito è troppo pesante (190% del Pil per la Grecia!), occorre annullarlo e/o ristrutturarlo per consentire una nuova ripresa.

Tutti sanno – anche il Fmi e la Bce – che l’attuale gravame del suo debito è troppo pesante per la Grecia. È indispensabile rinegoziarlo: rispetto al parziale annullamento, ai tassi di interesse, allo scadenzario. Occorre per questo una Conferenza europea sul debito, come è avvenuto nel 1953 per la Repubblica federale tedesca. Perché sia efficace, essa deve basarsi sui lavori di una Commissione internazionale di audit del debito greco, che stabilirà quale sia la parte legittima di cui conviene liberarsi (e anche la rinegoziazione dei tassi d’interesse e delle scadenze) e quella illegittima, che si può contestare.

È legittimo il debito contratto legalmente per finanziare investimenti o politiche che vadano a vantaggio della popolazione: È illegittimo quello che non ha servito gli interessi della popolazione ma ha invece avvantaggiato minoranze privilegiate. Secondo la giurisprudenza internazionale, un debito può addirittura avere un carattere odioso o essere illegale, a seconda del modo in cui lo si è contratto.

Quali insegnamenti per Francia ed Europa?

Anche in Francia è indispensabile condurre un procedimento ampio di “audit” civico per sensibilizzare l’opinione pubblica e far vedere chi sono i reali beneficiari del sistema del debito. La prima Relazione di audit civico pubblicata nel maggio 2014 ha dimostrato che il 59% del debito francese si poteva considerare illegittimo, per la sua origine (tassi di interessi eccessivi, regalie fiscali). Ristrutturare il debito francese libererebbe risorse per i servizi pubblici, per la transizione ecologica… Organizzeremo una Conferenza europea dei movimenti sociali sul debito, per generalizzare questa procedura.

Idea indotta n.3 – I greci si sono rimpinzati, ora devono pagare

Il discorso ufficiale sulla Grecia

La Grecia ha una «amministrazione pletorica, il 7% del Pil rispetto al 3% in Europa», una «difficoltà a riscuotere le tasse e tenere a bada le spese» (Claudia Senik, economista)

Perché è falso?

Secondo i dati Ocse, in Grecia i dipendenti pubblici rappresentavano il 7% del totale degli occupati nel 2001 e l’8% nel 2011, contro l’11% in Germania e il 23% in Francia (Previdenza sociale inclusa). Le spese pubbliche greche rappresentavano nel 2011 il 42% del Pil, contro il 45% (Germania) e il 52% (Francia).

Perché allora, anche prima della crisi finanziaria e della recessione, il debito pubblico greco era già al 103% del Pil nel 2007? Un recente saggio [Michel Husson, A L’encontre, 11 febbraio 2015] dimostra come l’impennata del debito non dipenda affatto dallo sperpero di dipendenti pubblici e prestazioni sociali. Come in Francia, le spese sono rimaste globalmente costanti in percentuale del Pil, dal 1990 al 2007. Come in Francia, sono i tassi di interesse eccessivi e i regali fiscali ad aver gonfiato il debito. Per giunta però, i diktat della trojka hanno affondato il Pil del 25% a partire dal 2010, provocando automaticamente un aumento del 33% del rapporto debito/Pil!

I tassi di interesse imposti dai prestatori tra il 1990 e il 2000 sono stati stravaganti: mediamente, il 7,5%  (tasso reale con correzione dell’inflazione), per una crescita del Pil del 2,5%. Di qui l’effetto “valanga”: lo Stato greco si è indebitato per riuscire a pagare questi interessi esorbitanti. Se il tasso di interesse reale fosse rimasto limitato al 3%, il debito pubblico greco avrebbe costituito il 64% del Pil, non il 103%.

Per quanto riguarda le entrate pubbliche, per rispettare il criterio di Maastricht sul deficit massimo del 3%, la Grecia ha aumentato molto le tasse nel corso degli anni 1990: dal 28% al 42% del Pil. Tuttavia, dopo l’ingresso nell’eurozona, nel 2001, i greci ricchi hanno fatto festa. Ad esempio, nel 2004 e 2008 la Grecia ha ridotto l’imposta di successione, diminuito per due volte il tasso di imposta sul reddito e decretato tre leggi di sanatoria fiscale per gli evasori. (Studi economici Ocse, Grecia 2009). Le entrate fiscali sono ripiombate al 38% del Pil. Se avesse conservato il livello del 2000, il debito pubblico greco avrebbe costituito, nel 2007, l’86% del Pil, non il 103%.

Complessivamente, con tassi d’interesse “ragionevoli” e la semplice conservazione del livello delle entrate pubbliche, il debito greco sarebbe stato della metà, nel 2007. In altri termini: si può ritenere che, a quella data, metà del debito greco fosse illegittimo. È dipeso dall’avidità dei creditori, nazionali o stranieri, e dal ribasso delle tasse, in particolar modo a vantaggio dei più ricchi. Quanto all’esplosione del debito a partire dal 2007, la si deve interamente alla recessione inflitta dalla Trojka ed è, quindi, ancor più illegittima.

Quali insegnamenti per Francia ed Europa?

Il Collettivo per un audit civico del debito pubblico (Cac) ha già dimostrato come gli stessi meccanismi (eccessivi tassi d’interesse e regali fiscali) spieghino il 59% del debito pubblico francese. Anche in Francia si potrebbe farla finita con le politiche di austerità se si rimettesse in discussione il gravame di questo debito, per un suo parziale annullamento e/o per delle misure di ristrutturazione dello stesso.

Idea indotta n.4 – I Greci sono stati aiutati, devono ringraziare

Il discorso ufficiale sulla Grecia

«La Grecia deve smettere di essere un pozzo senza fondo» (Wolfgang Schäuble, ministro tedesco delle Finanze, 12 febbraio 2012)

Perché è falso?

Dal 2010 al 2013, la Grecia ha ricevuto 207 miliardi di euro in prestiti degli Stati europei e delle istituzioni europee, accompagnati da piani di riforme. Si tratterebbe di “aiuti alla Grecia”.

Uno studio di Attac Austria[2]rivela le destinazioni delle 23 tranches di finanziamenti imposti alla Grecia dal 2010 al 2013. Il 77% di questi prestiti è servito a ricapitalizzare le banche private greche (58 miliardi di euro), o è stato direttamente versato ai creditori dello Stato greco (101 miliardi di euro), per l’essenziale banche europee o americane.

Per 5 euro prestati, 1 solo euro è entrato nelle casse dello Stato greco!

Il mensile Alternatives économiques (febbraio 2015) completa l’analisi: dal 2010 al 2014, 52,8 miliardi di questi prestiti sono andati a coprire gli interessi dei creditori. Solo 14,7 miliardi di euro sono serviti a finanziare spese pubbliche in Grecia.

Quei 207 miliardi hanno dunque “aiutato” molto le banche e i creditori ma ben poco la popolazione greca, che in compenso deve subire l’austerità imposta dalla Trojka nel corso dei negoziati sui prestiti. Lo Stato greco deve, inoltre, pagare gli interessi sull’insieme dei piani di aiuto. È indebitato ancora per 40 anni, fino al 2054 e 30 miliardi vanno versati nel 2015!

Chi sono i reali creditori del debito greco e chi decide della sua utilizzazione? Per un debito totale di 314 miliardi di euro i creditori sono: Il Fondo europeo di stabilità finanziaria (Fesf, ora rimpiazzato dal Mes, 142 miliardi), gli altri Stati europei (53), il Fmi (23), il settore privato (39), la Bce (27) e altri creditori privati (31).

Il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), entrato in vigore nel 2012, gestisce ormai i prestiti agli Stati dell’Ue. Contrae prestiti sui mercati finanziari e decide la loro destinazione (principalmente il salvataggio delle banche private). Gli attori dei mercati finanziari si finanziano presso banche centrali, tra cui la Bce, a tassi d’interesse inflazionistici. La sede del Mes è in Lussemburgo, ben noto paradiso fiscale.

In nessun momento lo Stato greco mette mano ai fondi sottoscritti dal Mes. Oltre alle riforme imposte dalla Trojka, i greci pagano per prestiti che non gli sono stati versati e che avvantaggiano per l’essenziale il settore finanziario.

Quali lezioni per la Francia e l’Europa ?

Degli “aiuti” beneficiano di fatto le banche e sono pagati ad alto prezzo dalla popolazioni. Tra soddisfare i bisogno fondamentali (cibo, alloggio, protezione sociale, sanità, istruzione) o ingrassare i principali creditori, la scelta va da sé: la priorità non è il rimborso, ma l’audit dei debiti pubblici e la trasparenza sull’impiego dei fondi dei cosiddetti “salvataggi”.

Idea indotta n.5 – La Grecia deve continuare a portare avanti le riforme avviate

Il discorso ufficiale sulla Grecia

Secondo Wolfgang Schäuble, ministro tedesco delle Finanze, «la Grecia è tenuta a proseguire sulla strada delle riforme già avviate, senza alcuna alternativa, indipendentemente dal risultato elettorale» (Le Monde, 4 gennaio 2014). Cosa che François Hollande ha confermato dopo la vittoria di Syriza: «si sono presi degli impegni e vanno mantenuti» (27/01).

Perché è falso?

L’austerità imposta non ha altro obiettivo se non quello di liberare capacità di rimborso per i creditori.  L’insuccesso è però clamoroso! Sì, la Grecia ha bisogno di riforme economiche, sociali e politiche. Non quelle della Trojka, però – sempre meno Stato, sempre più mercato e disuguaglianze – che ahimè sono fallite. Contro le logiche finanziarie di breve termine, tre tracce di piste devono consentire al popolo greco di riappropriarsi del proprio futuro:

(i) Un ambizioso piano di recupero dell’occupazione e di sviluppo economico, che ridelinei il sistema produttivo indirizzandolo verso la transizione ecologica. Un piano che, contrariamente alle affermazioni della trojka, sarebbe benefico, perché 1 euro di investimento pubblico avrebbe effetti moltiplicatori sull’investimento privato e l’attività economica, oggi completamente depressi. I poteri pubblici devono controllare il finanziamento delle attività: ad esempio, creando una banca pubblica di sviluppo, un massiccio investimento nell’economia sociale e solidale, lo sviluppo di monete complementari, la promozione di banche cooperative.

(ii) Priorità alla coesione sociale ed economica contro la competitività e la flessibilità. La trojka ha imposto la riduzione generalizzata dei redditi nonché la soppressione dei diritti sociali elementari, che hanno contratto l’attività senza con questo ridurre il debito. Lo Stato deve quindi recuperare il suo ruolo di regolatore e di accompagnamento per mantenere la coesione sociale e tener conto dei bisogni economico-sociali del paese. La redistribuzione del lavoro consentirebbe la creazione di posti di lavoro e sosterrebbe la domanda e la disoccupazione potrebbe scendere rapidamente. Queste riforme dovranno passare per una diversa redistribuzione delle ricchezze.

(iii) La rifondazione della democrazia e la riforma dello Stato al servizio dei cittadini e della giustizia sociale. La sovranità dello Stato passa per una fiscalità progressiva, la lotta alla corruzione, alla frode e all’evasione fiscale. Queste riforme permetteranno di restituire al bilancio margini di manovra per finanziare il piano di rilancio e per lottare contro le disuguaglianze[3]e la povertà. I privilegi detenuti dall’oligarchia greca, come gli armatori, devono perciò essere aboliti.

Quali lezioni per la Francia e l’Europa?

L’austerità è fallita, ma riforme ambiziose, radicalmente diverse, sono possibili e necessarie. Un audit dei debiti pubblici dei paesi europei potrà individuare piste per il loro decisivo alleggerimento. Occorre una politica economica volontaristica per riprendere una dinamica di investimenti con un futuro verso la transizione ecologica. Questo presuppone la redistribuzione delle ricchezza e la riconquista della sovranità  democratica sull’economia, in particolare arrestando le privatizzazioni. Queste riforme debbono essere cooperative e non sottoposte alla logica della guerra economica.

Idea indotta n. 6 – L’austerità è dura, ma alla fine pagherò

Il discorso ufficiale

«L’austerità, paga! La Grecia sta ripartendo in tromba. Stando alle ultime previsioni di Bruxelles, quest’anno in Grecia la crescita sarà del 2,5% e del 3,6% l’anno prossimo, e questo farà di Atene l’asso della crescita dell’eurozona! La disoccupazione sta scendendo dal 28% al 26%. Insomma, a rischio di urtare, la tanto detestata trojka ha fatto un buon lavoro!»(Alexis de Tarlé, JDD, 8 febbraio)

Perché è falso?

Sarebbero tanto stupidi i greci ad aver posto fine a una politica che procedeva così bene? Nel 2014 il Pil della Grecia è inferiore del 25,8% rispetto al livello del 2007. L’investimento è sceso del 67%. Proprio un bel lavoro! Il tasso di disoccupazione è del 26%, proprio mentre tanti giovani e meno giovani sono stati costretti a lasciare il proprio paese per trovarsi un lavoro. Il 46% dei Greci è al di sotto della soglia di povertà, la mortalità infantile è aumentata del 43%. Quanto alle previsioni di Bruxelles, nell’autunno 2011 annunciavano la ripresa della Grecia per il 2013. Alla fine, il Pil greco è sceso del 4,7% in quell’anno.

Tutti gli economisti onesti adesso lo riconoscono: le politiche d’austerità imposte dalle istituzioni europee sono state catastrofiche per la Grecia e per l’insieme dell’eurozona…

Le classi dirigenti e la tecnocrazia europea hanno inteso sfruttare la crisi per realizzare il loro vecchio sogno: ridimensionare le spese pubbliche e sociali. Per ordine della trojka e sotto la minaccia dei mercati finanziari, i paesi del Sud Europa hanno dovuto attuare piani di drastica riduzione dei passivi pubblici, che li hanno portati alla depressione. Dal 2009 al 2014, il taglio delle spese è stato dell’11% del Pil per l’Irlanda, del 12,5% per la Spagna e il Portogallo, del 28% per la Grecia. Certamente i passivi sono stati ridotti, ma a un costo sociale ed economico mostruoso.

E il debito ha continuato a crescere!Per l’eurozona, è passato dal 65% al 94% del Pil tra il 2008 e il 20014. L’austerità non ha pagato, anzi ha sprofondato il continente nella crisi. Riducendo le tasse per i redditi più alti e per le imprese, gli Stati hanno aggravato il proprio passivo e poi hanno prestato ai ricchi per finanziare i famigerati passivi. Meno tasse versate, da un lato, più interessi percepiti dall’altro: i più ricchi hanno fatto bingo.

Quali insegnamenti per la Francia e l’Europa ?

Ai greci si chiede di pagare annualmente 4,5 punti della ricchezza nazionale per rimborsare il loro debito; ai cittadini europei, si chiedono “solo” 2 punti. Dappertutto l’effetto è lo stesso: sempre più disoccupazione e sempre meno di quegli investimenti pubblici che potrebbero preparare il futuro.

È l’insegnamento del calvario greco. Porvi fine riguarda tutti i paesi europei, perché bisogna fermare la recessione creata dappertutto dall’austerità, e ricavare gli insegnamenti della crisi per impegnarsi in un altro modello di sviluppo. Se austerità deve esserci, deve colpire i più ricchi, quell’“1%” che accaparra la ricchezza sociale ed ha tratto profitto dal sistema del debito. Debito e passivi vanno ridotti grazie a un’imposizione fiscale più progressiva e alla ristrutturazione dei debiti pubblici.

Idea indotta n. 7 – Una cura d’austerità, non si muore

Il discorso ufficiale sulla Grecia

Christine Lagarde, che dirige il Fmi: «No, penso piuttosto ai bambini di una scuola in un piccolo villaggio in Niger […]; hanno più bisogno d’aiuto degli ateniesi», rispondendo alla domanda di una giornalista: «Quando richiede misure che sa che faranno sì che le donne non possano ricorrere a una levatrice al momento del parto, o che dei pazienti non possano avere farmaci che potrebbero salvarne la vita, ha qualche esitazione?» (The Guardian, 25 maggio 2012). «Dovremmo perdere tutti un po’ del nostro benessere» (Giorgio Papandreou, Reuters, 15 dicembre 2009).

Perché è falso?

A proposito dei tagli delle spese per il welfare, la Trojka ha imposta una riduzione del 40% al bilancio della Sanità greca. Risultato: «oltre un quarto della popolazione non ha più protezione sociale, gli ospedali pubblici sono sovraccarichi ed esangui. Il rigore di bilancio ha disorganizzato il sistema sanitario pubblico e sta provocando una crisi umanitaria» (4 gennaio 2015, JDD international).

Sono ricomparse la tubercolosi, la sifilide… I casi di Aids si sono moltiplicati per mancanza di mezzi di prevenzione. Uno studio uscito sul giornale medico britannico The Lancet,[4]ricava un bilancio terribile: la mortalità infantile è cresciuta del 43% tra il 2008 e il 20010, la malnutrizione infantile del 19%. Con i tagli delle spese per la prevenzione delle malattie mentali, i suicidi sono aumentati del 45% tra il 2007 e il 2011. Numerosi centri per la pianificazione familiare sono chiusi, quelli che restano funzionano con personale ridotto.

Secondo Nathalie Simonnot, di Médecins du Monde, «sono stati istituiti contributi forfettari di 5 euro per ogni visita medica all’ospedale pubblico… Per un/a pensionato/a a 350 euro mensili, è un costo enorme, soprattutto perché in genere si ha bisogno di più visite […]. I medici chiedono ai pazienti di comprare direttamente materiali di pronto soccorso, bende, siringhe e garze, perché molti ospedali non hanno più riserve.

Un tempo, testimonianze del genere riguardavano l’Africa. La politica della trojka e dei governi greci hanno creato una catastrofe sanitaria che rende indispensabile un cambiamento politico, soprattutto per la sanità. Se le cose non stanno ancor peggio, è grazie alle centinaia di volontari dei dispensari greci, a Médecins du Monde, alla solidarietà internazionale, che hanno limitato i guai per chi non aveva più accesso alle cure. Il nuovo governo greco ha ragione quando intende far rientrare nei centri sanitari i 3.000 medici licenziati dalla Trojka.

Quali insegnamenti per la Francia e l’Europa?

Ora si sa che «l’austerità uccide».[5]I responsabili delle politiche d’austerità si rendono colpevoli di veri e propri crimini quando impongono massicci tagli alle spese sanitarie, come è accaduto in Grecia, in Spagna, in Portogallo. È indispensabile difendere ovunque i sistemi sanitari pubblici dalle privatizzazioni e dalle ristrutturazioni che puntano solo a tagliare i costi in spregio alla salute.

Idea indotta n.8 – Comunque, la Grecia ha già capitolato

Discorso ufficiale

«Sottoscrivendo l’intesa all’Eurogruppo, il 20 febbraio, contrariamente alle rodomontate, il governo greco ha finito per accettare le condizioni della trojka. Dura lezione per i populisti, sia d’estrema destra sia d’estrema sinistra» (Eric Le Boucher, Slate.fr, 21 febbraio 2015).)

Perché è falso?

Il nuovo governo greco rifiuta le nuove riforme proposte dalla trojka alla fine del 2014: 160.000 ulteriori licenziamenti nell’amministrazione (Sanità, Istruzione), nuova riduzione del 10% delle pensioni, nuove tasse, nuovo aumento dell’Iva.

Sono ricette già applicate e che hanno condotto la Grecia al disastro. In meno di un quinquennio, ha chiuso il 30% delle imprese, sono stati soppressi 150.000 posti di lavoro nel settore pubblico, la disoccupazione è aumentata del 42%, le pensioni si sono ridotte del 45%, la mortalità infantile è cresciuta del 40%, è cresciuto di circa il 100% il numero delle persone al di sotto della soglia di povertà.

Viceversa, il programma di Syriza proponeva: 1) la rinegoziazione dei contratti di prestiti e debito; 2) un piano nazionale di immediata ricostruzione: misure per i più poveri (elettricità e cure mediche gratuite, buoni-pasto…), la reintroduzione del salario minimo di 751 euro e dei contratti collettivi; 3) la ricostruzione democratica dello Stato: lotta contro l’evasione e la frode fiscali, contro la corruzione, la riassunzione dei dipendenti pubblici licenziati; 4) un piano di ricostruzione produttiva, blocco delle privatizzazioni, industrializzazione e trasformazione dell’economia con criteri sociali ed ecologici.

Dopo un braccio di ferro con le istituzioni europee, il governo greco ha ottenuto l’abbandono degli obiettivi deliranti degli avanzi primari previsti dal memorandum sottoscritto dal precedente governo. Nuovi sussidi saranno creati per finanziare riscaldamento e alimentazione delle famiglie meno fornite. Si reintrodurranno i contratti collettivi. Frode ed evasione fiscale verranno combattute con forza. I piccoli proprietari indebitati non verranno sfrattati dalla loro residenza principale.

Tuttavia, la Grecia non viene liberata dall’austerità. Le nuove misure andranno finanziate senza aumentare il passivo. Le privatizzazioni rimarranno. La Grecia si impegna a pagare integralmente il debito e a non tornare indietro sulle privatizzazioni. L’aumento del salario minimo e la restaurazione dei negoziati salariali sono rinviati. Sono prevedibili nei prossimi mesi nuove prove di forza.

Quali insegnamenti per la Francia e l’Europa?

Le istituzioni europee vogliono impedire che l’essenziale del programma di Syriza venga tradotto in pratica. Ora, si tratta di sviluppare in tutt’Europa nuovi movimenti coordinati contro l’austerità, per la giustizia sociale, per impedire che la Trojka e i nostri governi soffochino la Grecia e le alternative sociali e politiche che emergono in Europa. Noi proponiamo soprattutto l’organizzazione da parte dei movimenti europei di una Conferenza internazionale sul debito e contro l’austerità.

L’audit civico dei debiti pubblici in Europa:

uno strumento per sconfiggere l’austerità

Il Collettivo per l’audit civico del debito pubblico (Cac) saluta la scelta del popolo greco di respingere in massa le politiche d’austerità alle elezioni del 25 gennaio. Questa vittoria apre una breccia contro l’Europa della finanza, il diktat dei debiti pubblici e dei piani d’austerità. Infiliamoci in questa breccia: un’altra Europa diventa possibile!

Il Cac ha già pubblicato una prima Relazione di audit civico, dimostrando come larga parte del debito pubblico francese possa essere considerato illegittimo. Nel periodo che abbiamo di fronte, il nostro collettivo continuerà a proporre ai cittadini e all’insieme del movimento sociale europeo linee d’analisi giuridiche, economiche, sociali, argomenti e strumenti di mobilitazione contro i creditori che depredano sistematicamente le popolazioni.

Insieme ai nostri partner degli altri paesi europei, a cominciare dalla Grecia, il nostro collettivo intensificherà la sua attività per mettere in discussione la natura illegittima, insostenibile, illegale, od odiosa della maggior parte dei debiti pubblici in Europa.

Sosteniamo la proposta di una Conferenza europea sui debiti pubblici Nel 1953, l’intesa di Londra, annullando oltre il 60% del debito della Germania Ovest, ne ha consentito il rilancio, così come l’annullamento del debito dell’Ecuador nel 2008 o dell’Islanda nel 2011.

Sosteniamo la proposta di realizzare un audit dei debiti pubblici per individuare i responsabili e i beneficiari effettivi di questi debiti e le soluzioni per consentire ai paesi di liberarsi di questa palla al piede.

Sosteniamo anche il diritto della Grecia di disobbedire ai suoi creditori nel caso in cui questi respingessero l’applicazione di queste soluzioni. Ricordiamo che i memoranda imposti dalla trojka sono illegali secondo il diritto europeo e internazionale.

Tutti insieme, solleviamo il velo sulle responsabilità dei creditori che approfittano dei salassi effettuati a spese dei popoli. Tutti insieme, rafforziamo un procedimento civico di contestazione e di rimessa in discussione di questa Europa dell’1%, degli speculatori e dei banchieri. Spetta alle popolazioni, troppo a lungo vittime dei piani d’austerità, della competitività e di altri “memorandum”, decidere del loro futuro. Noi intendiamo mettere a loro disposizione tutti gli strumenti necessari per capire e decidere come uscire dalla morsa del debito, facendo pagare non i normali contribuenti ma i veri beneficiari di questo sistema.

(11 marzo 2015.)



*Collettivo per un audit civico del debito (CAC: www.audit-citoyen.org/).

Autori della Guida: Jean-Claude Chailley, Thomas Coutrot, Alexis Cukier, Pascal Franchet, Michel Husson, Pierre Khalfa, Guillaume Pastureau, Henri Sterdyniak, Sofia Tzitzikou.

Traduzione di Titti Pierini

[1] Ivan Best, La Tribune, 5 febbraio 2015.

[2] Piani di salvataggio della Grecia: il 77% dei fondi sono stati destinati alla finanza: https://france.attac.org/nos-idees/mettre-au-pas-la-finance-les/articles/plans-de-sauvetage-de-la-grece-77-des-fonds-sont-alles-la-finance.

[3] Una maggiore giustizia sociale è fonte di efficacia, cosa che dimostra la stessa OCSE:http://tinyurl.com/kqgmq35.

[4] A. Kentikelenis, M.Karanikolos, A. Reeves, M. McKee, DSc, D. Stuckler, “Greece’s health crisis: from austerity to denialism”, The Lancet, 20 febbraio 2014.

[5] D. Stuckler & S. Basu(2014), Quand l’austérité tue,Prefazione degli Économistes atterrés, Ed. Autrement.

vedi anche http://antoniomoscato.altervista.org/

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Vita e opere dell'uomo, morto il 13 novembre a 98 anni, che ha portato la sociologia in Italia sfidando (e battendo) i pregiudizi crociani

Un Acropoli che attraversa una città, recitando

A Genova va in scena, per la quindicesima edizione, il Festival di Teatro Akropolis Testimonianze ricerca azioni

Maya Issa: «Nessun compromesso sulla pelle dei palestinesi»

L'intervento della presidente del Movimento Studenti Palestinesi in Italia all'assemblea nazionale del 9 novembre [Maya Issa]

Come possiamo difenderci nella nuova era Trump

Bill Fletcher, organizzatore sindacale, sostiene che ora “il movimento sindacale deve diventare un movimento antifascista”. [Dave Zirin]