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VIDEO Ferguson, un anno dall’omicidio di Mike Brown

Ferguson è scesa nuovamente nelle strade, per ricordare l’omicidio di Mike Brown. Ma la repressione non è l’unico problema della comunità afroamericana

 

di Carlo Perigli

fergusonAd un anno di distanza dalla morte di Mike Brown, Ferguson è scesa nuovamente in piazza. Migliaia di manifestanti ieri sera hanno percorso le vie della città per commemorare l’omicidio del 18enne afroamericano, freddato con un colpo di pistola dall’agente di polizia Darren Wilson – poi scagionato da una giuria a maggioranza bianca –  e per ricordare agli Stati Uniti che gli abusi della polizia nei confronti della comunità nera non si sono mai fermati. Situazione della quale purtroppo nella giornata di ieri si è avuta anche la dimostrazione pratica, con l’omicidio di Christian Taylor in Texas, anche lui ucciso da un agente in divisa.

“Non credo nella legge, non credo nel sistema. Il sistema è una buffonata” – ha dichiarato un manifestante dal megafono, su cui era incisa l’eloquente frase “all’America non importa della povertà nera“. La folla, riunitasi davanti alla stazione di polizia di Ferguson, presso la quale Wilson prestava servizio, ha intonato cori in memoria di Mike Brown, mentre due manifestanti in piedi su una macchina sventolavano bandiere a stelle e strisce, appositamente issate al contrario.

“Parliamo senza controlli nè limiti perchè voi ci avete spinto a questo punto, dove l’unico modo per poterci esprimere è farvi sapere come ci sentiamo” , ha dichiarato, ai microfoni di Ruptly, un uomo presente alla commemorazione. Un segnale inequivocabile, che spiega, in maniera chiara ed eloquente, che il problema razziale presente negli Stati Uniti non riguarda solamente la dimensione repressiva, ma si caratterizza invece per una disparità sociale che assume contorni caratteristici di un “razzismo istituzionalizzato“, per usare le parole pronunciate dall’Alto Commissario per i Diritti Umani Zeid Ra’ad Al Hussein durante le rivolte dello scorso novembre. Una situazione che trova riscontro nei dati forniti dall’Institute on Asset and Social Policy, secondo cui non solo il divario negli Stati Uniti è talmente ampio che l’1% più ricco della popolazione possiede il 37% di tutta la ricchezza, ma tende addirittura ad allargarsi quando si mettono a confronto le famiglie bianche con quelle nere, la cui differenza in termini di reddito è triplicata tra il 1984 e il 2009. Secondo i dati più recenti difatti, mentre la ricchezza dei bianchi è stimata intorno ai 113.149 dollari, quella di una famiglia nera è venti volte inferiore, intorno ai 5677 dollari.

Ed è in questo contesto che la repressione si scatena, quale ad essere l’anello finale di una catena caratterizzata da disuguaglianze. Secondo i dati forniti lo scorso anno dal Malcolm X Grassroots Movement, ogni 28 ore un afrocamericano viene ucciso dalla polizia statunitense, e nell’80% dei casi risulta disarmato. Una questione evidentemente ampia e complessa, sociale, o di “diritti umani”, come l’ha definita Ajamu Baraka, nota attivista e curatrice del sito Ajamubaraka.com.

 

 

 

 

 

 

 

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