Nuove connessioni tra il marchio casual Pivert e la nota sigla di Casa Pound. Nella sede novarese si vendono capi griffati per aiutare i camerati. Il testimonial è un pugile e leader marchigiano di Cpi
di Ercole Olmi
Saranno al Family day i ragazzi di Casa Pound (con i cugini di Forza Nuova) sfoggiando probabilmente l’abbigliamento casual di Pivert – prodotto da alcuni esponenti di spicco della stessa organizzazione. Saranno lì, fanno sapere, contro l’adozione per le coppie gay, l’ideologia gender e la caccia alle streghe presunta contro l’omofobia.
Spuntano, intanto, nuove connessioni tra i fascisti del III millennio e il marchio casual come spiega un dossier di antifa tedeschi ripreso da Popoff. Sulla pagina fb della sezione novarese di Cpi annunciano che i capi di abbigliamento sono in vendita nella sede di quella città. «Il ricavato della vendita andrà ai camerati in difficoltà», si può leggere nella foto postata senza che venga specificato altro. Tutto ciò mentre un noto quotidiano nazionale, prende una cantonata – più tardi rettificata in calce – abboccando alla versione minimal dell’intervistato Francesco Polacchi il quale si definisce “uno che lavora nell’azienda Pivert”.
La sede del Pivert-Store è nel medesimo indirizzo dell’azienda “EyeTech Video & Digital Solutions“ che offre i suoi servizi in ambito di comunicazione multimediale e organizzazione di eventi. Il suo direttore proprio Francesco Polacchi, fondatore di “Blocco studentesco”, 29nne ex studente di letteratura e filosofia all’ “Università degli Studi di Rome Tre”, che figura in altre iniziative “culturali” che hanno sede nella medesima come il giornale online fondato nell’ottobre del 2013 da CasaPound Italia, “Il Primato Nazionale”. Il testimonial Pivert sui poster sembra proprio Roberto Ruffini, pugile professionista, ultrà della Sambenedettese, leader di CasaPound San Benedetto del Tronto (che ha sede in uno stabile di proprietà è della Fondazione Alleanza Nazionale in coabitazione con Ugl e Forza Italia), arrestato nel giugno 2014, secondo la stampa dell’epoca, per lesioni continuate gravi aggravate da futili motivi e minorata difesa delle vittime.