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Luci e ombre del cammino dei referendum sociali

Fallisce la raccolta di firme per i quesiti sull’Italicum, corsa contro il tempo per portare a casa quelli sulla “cattiva” scuola. Solo la Cgil riesce nell’obiettivo ma gioca da sola

di Francesco Ruggeri

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Referendum sociali: benino le firme per i quesiti sulla scuola, non altrettanto positiva la raccolta firme per quello sull’Italicum, il sistema elettorale destinato a sancire la svolta autoritaria implicita nelle altre “riforme” renziane. «L’impegno è stato – e continua a essere – così profondo e diffuso che rischiare di vanificarlo per errori di forma o per troppa fretta, sarebbe davvero imperdonabile», così dicono i promotori dei referendum scuola annunciando il rinvio di qualche giorno della consegna delle firme in Cassazione, inizialmente prevista per oggi, martedì 5 luglio.

«Il risultato è notevole – si spiega – siamo riusciti a raccogliere circa 2 milioni di firme complessive sui 4 quesiti. La soglia minima di 500.000 firme a quesito non garantisce margini di sicurezza, nonostante questi numeri. Una parte dei moduli arrivati al comitato nazionale infatti presenta degli errori formali, quali la non certificazione o la mancata autenticazione. Il grande sforzo e l’enorme lavoro delle decine di migliaia di militanti in tutta Italia – a cui va il sentito grazie degli organizzatori – giocoforza hanno presentato anche margini di errori e inesattezze a cui è possibile rimediare, ma con un po’ di tempo in più. Le difficoltà della raccolta firme, le cui modalità sono stabilite per legge con un meccanismo ottocentesco (per citare le parole del Comitato dei referendum contro l’Italicum) non hanno di certo aiutato».

Moltissime altre firme raccolte sono rimaste ancora nelle sedi sindacali o dei comitati locali e non sono pervenute a Roma in tempo utile. Considerando che nella conta della Cassazione si perde generalmente una percentuale del totale delle firme raccolte per errori di questo tipo, i promotori hanno deciso di non correre il rischio. «D’altronde il numero di firme già raccolte e la mobilitazione vissuta nei territori, nonostante l’ostilità del “palazzo” e l’indifferenza dei mezzi di informazione, conferma la bontà delle rivendicazioni e delle proteste dell’autunno scorso contro la “cattiva scuola” del governo Renzi. Chi la scuola la vive e ha a cuore il presente e il futuro per i propri figli non accetta che essa venga trasformata in un luogo di alternanza fra scuola e lavoro, dove il preside-manager abbia la possibilità di valutare e scegliere i docenti e dove le scuole paritarie abbiano diritto ai finanziamenti che invece potrebbero migliorare le precarie condizioni di molti istituti pubblici e dove vengano abolite democrazia e contrattazione», conclude il comitato referendario Scuola Pubblica.

Spiega, invece, chi ha raccolto le firme per i due quesiti sull’Italicum: «Le firme raccolte per i due referendum abrogativi di norme dell’Italicum sono giunte a 420.000 (418.239 per il premio di maggioranza e 422.555 per i capilista bloccati). Non bastano, ma sono comunque uno straordinario risultato della mobilitazione organizzata dal Comitato nazionale e dai comitati territoriali». Così Massimo Villone, Alfiero Grandi, Silvia Manderino in una dichiarazione a nome del Comitato che ha promosso il referendum contro la legge elettorale con il quale rendono noto di non aver raggiunto, per un soffio, le 500mila sottoscrizioni necessarie. «L’impegno di decine di migliaia di cittadini, che hanno dato vita a 400 comitati locali, è di grandissimo valore. Si sono spesi senza limiti nel raccogliere le 420.000 firme, avendo un unico, comune, interesse: la rinascita collettiva della democrazia nel Paese».

Ma il Comitato referendario denuncia anche «gli ostacoli palesi e occulti frapposti alla raccolta delle firme, che nonostante le chiacchiere sul radioso futuro informatico del nostro paese viene fatta secondo modalità che si possono definire ottocentesche», mentre «con l’istituzione delle aree metropolitane i funzionari hanno perso il potere di certificazione che avevano nelle preesistenti province». Per non parlare della «assenza pressoché totale dell’informazione sulla raccolta delle firme e sulle sue ragioni, effetto del prevalente conformismo dettato dai gruppi di potere dominanti nell’informazione e da autocensure che non fanno onore alla categoria. Soprattutto per questo deficit informativo non siamo riusciti a rendere evidente che meccanismi elettorali e modifiche costituzionali non riguardano solo la “casta”. Determinando le scelte politiche e la loro traduzione in regole giuridiche toccano in prospettiva le concrete condizioni di vita delle persone come, ad esempio, l’occupazione, l’istruzione, la salute, le pensioni».

La battaglia contro l’Italicum però non si ferma, perché parallelamente alla proposta referendaria è andata avanti anche la strada «del giudizio davanti alla Corte costituzionale, avviando iniziative giudiziali in venti tribunali con l’obiettivo di far sollevare una questione di costituzionalità. La Corte si pronuncerà il prossimo 4 ottobre» anche se occorre denunciare «i tentativi di premere sulla Corte, fino ad anticiparne il giudizio, segno evidente del degrado di comportamenti pubblici».

Ora, conclude il comunicato, c’è «l’impegno prioritario per la difesa della Costituzione e della democrazia, nel quale dobbiamo spendere tutte le nostre energie nazionali e locali con un secco e forte NO alle deformazioni della Costituzione. Un successo del NO riaprirebbe anche il confronto sulla legge elettorale».

La riunione congiunta dei Comitati direttivi per il No alle modifiche della Costituzione e contro l’Italicum, convocata per l’8 luglio, varerà un programma per la campagna elettorale per il referendum costituzionale e per il suo autofinanziamento.

L’unica che porta a casa il risultato è la Cgil che ha consegnato il primo luglio tre milioni di firme e passa, 1 milione e centomila per ciascuno dei tre quesiti presentati. «E’ un risultato straordinario e importante, che testimonia il consenso che le proposte della Cgil incontrano nel Paese», ha commentato la segretaria generale del sindacato di Corso d’Italia, Susanna Camusso. I referendum riguardano: la cancellazione del lavoro accessorio (voucher), la reintroduzione della piena responsabilità solidale in tema di appalti, una nuova tutela reintegratoria nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo per tutte le aziende al di sopra dei cinque dipendenti. Nei prossimi tre mesi proseguirà la raccolta di firme per la proposta di legge di iniziativa popolare ‘Carta dei diritti universali del lavoro’.

La Cgil ha fatto tutto da sola mettendo al lavoro la sua ancor potente macchina burocratica, senza dare vita a un comitato unitario promotore probabilmente per avere mani libere nell’utilizzare la montagna di firme per trattare in proprio col governo. La “cislizzazione” di Corso Italia è un processo che marcia da tempo e tutto fa pensare che la linea della Cgil sia quella di riconquistare potere negoziale piuttosto di inceppare la corsa all’indietro dei diritti e dei salari messa in atto dai governi a guida Pd e da quello Renzi in particolare.

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