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Milano, migliaia di persone alla festa di benvenuto per i profughi

Milano, a migliaia alla festa di benvenuto per i profughi: «Accogliamo tutte le persone, perché sono cittadini come noi, esseri umani come noi. Ma vogliamo un sistema di accoglienza reale e che garantisca una vita dignitosa

Pressenza Redazione Italia

Milano, migliaia di persone alla festa di benvenuto per i profughi
(Foto di https://www.facebook.com/zona8solidale/?fref=ts)

Grande partecipazione alla festa per accogliere i profughi appena arrivati alla caserma Montello, organizzata da Zona 8 solidale con l’adesione di moltissime realtà sociali, sindacali, politiche e di volontariato. Gazebi e stand con distribuzione di cibo e bevande, musicisti e artisti – dalla Banda degli ottoni a scoppio, all’orchestra di via Padova a Renato Sarti, con il suo spettacolo “La nave fantasma” sui dispersi nel Mediterraneo. Un’atmosfera allegra e accogliente del tutto diversa dagli slogan cupi e razzisti del presidio organizzato la sera prima da Casa Pound contro la presenza dei profughi.

Ecco alcune foto dei diversi momenti della festa:

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Il volantino diffuso dai promotori dell’iniziativa, che riportiamo integralmente, illustra con chiarezza il loro punto di vista non solo sulla questione puntuale dei profughi ospitati alla Caserma Montello, ma anche su temi più generali come le guerre e i motivi che spingono tante persone a fuggire da situazioni drammatiche.

Accogliamo le persone, tutte le persone, perché sono cittadine e cittadini come noi, perché sono esseri umani come noi. Essere per l’accoglienza però non significa accettare acriticamente qualunque cosa venga proposta in suo nome: vogliamo un sistema di accoglienza che sia reale e che garantisca la possibilità di una vita dignitosa: oltre ad un tetto sulla testa e al cibo, accesso alla lingua, alla formazione, alla tutela legale, alla sanità.
Non siamo fautori di una gestione emergenziale che rinchiude le persone in grandi strutture-ghetto spesso dalla gestione opaca, sui quali con troppa frequenza si appuntano le mire degli speculatori; prendiamo atto che ancora una volta le istituzioni anziché progettare un sistema di accoglienza diffusa hanno scelto la via più semplice della grande struttura, non cesseremo di batterci per una diversa politica dell’accoglienza, non pensiamo però che il prezzo delle nostre politiche sbagliate vada fatto pagare ai migranti stessi, i soggetti più fragili in questo gioco.

Noi siamo certi che pur in condizioni lontane da quelle che tutti vorremmo veder realizzate, si possa e si debba far sì che la presenza di questi nuovi cittadini nel nostro quartiere diventi occasione di apertura e di scambio e non di diffidenza e malessere, e che la via per realizzare questo incontro passi innanzitutto dalla creazione di una robusta e vivace rete di solidarietà: questa la convinzione che ci ha spinto a costituirci in comitato; questo territorio è ricco di realtà che già operano per la promozione di migliori condizioni di vita per tutte e tutti, e siamo convinti che queste energie siano più che sufficienti a realizzare tutto questo, e che altre ne sorgeranno.

Non vogliamo che la caserma si trasformi in fortino assediato, e perciò lavoreremo insieme ai suoi nuovi ospiti e a tutti gli abitanti del quartiere che lo vorranno per evitare la segregazione e creare cooperazione e reciproca conoscenza; vogliamo che la struttura non sia chiusa ma al contrario diventi un punto di riferimento per le attività del territorio, vogliamo che le persone che la abitano siano tra noi e con noi, cittadine e cittadini e non fastidiosi intrusi.

Nessuno di noi è entusiasta che tante persone siano costrette a lasciare il proprio paese, ma siamo consapevoli che finché non si rimuoveranno le cause che danno origine a questo migrazione, nessuna barriera, per quanto alta, potrà fermarla. Vogliamo che le persone non siano più costrette ad emigrare? Fermiamo la guerra! Rivediamo le scelte politiche, economiche, militari che hanno trasformato Africa e Medio Oriente in campi di battaglia martoriati dalle bombe, dalle carestie, dalle calamità naturali, cessiamo di appoggiare per pure convenienze del momento regimi inaccettabili come in Turchia, Egitto, Sudan, Eritrea, dirottiamo le immense risorse finanziarie destinate alla militarizzazione del Mediterraneo in funzione anti-migranti verso lo sviluppo, l’accoglienza, la cooperazione.

I migranti non sono né pericolosi nemici né derelitti incapaci di badare a sé, ma donne e uomini sfortunati e coraggiosi che hanno affrontato condizioni spaventose per la speranza di una vita migliore; se averli tra noi sarà una fastidiosa incombenza o un’opportunità di trovare nuovi amici e alleati, questo lo deciderà in larga misura il nostro impegno.

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