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Diciotto anni fa l’arresto di Öcalan. Un corteo a Milano

A 18 anni dall’arresto di Ocalan, le comunità kurde italiane e del Ticino manifesteranno a Milano sabato 11 per la fine della repressione in Kurdistan

di Francesco Ruggeri

TURKEY-KURDS-HOLIDAY-NOWRUZ

Sabato 11 febbraio, con partenza alle ore 14.00 da Corso Venezia, angolo via Palestro, si terrà il corteo nazionale indetto dalla Comunità Curda in Italia, UIKI – Ufficio Informazioni del Kurdistan in Italia e Rete Kurdistan Italia. La manifestazione si svolge in occasione del 18° anniversario del sequestro di Abdullah Ocalan e si realizza in contemporanea con la manifestazione europea a Strasburgo. La manifestazione è stata presentata in conferenza stampa da Mahmut Şakar, l’avvocato di “Apo”, perseguitato a sua volta dal governo turco e in esilio in Europa, e da Dilek, 30enne, nipote del leader del Pkk,  eletta in parlamento nel giugno 2015 nonostante la campagna ostile da parte dei nazionalisti turchi contro Hdp. Dilek è stata la più giovane deputata eletta in Parlamento. Nelle successive elezioni anticipate del novembre 2015 è stata riconfermata. Nel quadro dell’ondata repressiva in Turchia a seguito del fallito tentativo di golpe del 15 luglio 2016, nei suoi confronti è stato emesso un mandato di cattura con l’accusa di ”svolgere propaganda per organizzazione illegale” per un suo intervento in occasione di un funerale.

Proprio ieri è stata rilasciata in libertà condizionata la deputata del partito filo-curdo Hdp, Leyla Zana, ‘pasionaria’ della causa curda in Turchia, fermata nel pomeriggio a Diyarbakir, nel sud-est del Paese, con l’accusa di «essere membro dell’organizzazione terroristica armata» Pkk. Lo riferisce la Cnn Turk. Il giorno prima la stessa Dilek Ocalan era stata trattenuta per alcune ore dalla polizia dopo essere stata fermata all’aeroporto Ataturk di Istanbul mentre era in partenza per la manifestazione di Milano. Attualmente, i parlamentari curdi detenuti sono 12, tra cui i co-leader Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag.

Ocalan si era appellato a parecchi paesi europei per ottenere l’asilo politico, o almeno un processo internazionale. Nessuno di essi era pronto, anche se il diritto di asilo è previsto in tutte le loro costituzioni. Tutti i paesi coinvolti hanno sostenuto tacitamente la richiesta turca del suo arresto. La Germania inizialmente aveva richiesto l’arresto di Ocalan. Quando era giunto in Italia per cercare asilo, il leader kurdo è stato arrestato proprio a causa della richiesta di Berlino. Ma una volta arrestato le autorità tedesche non hanno chiesto la sua estradizione. La Germania non voleva la patata bollente. Il governo iD’Alema non poteva estradare Ocalan in Turchia perché la Costituzione proibisce l’estradizione in paesi in cui vige la pena di morte. Quindi ha deciso di fare pressioni su di lui per fargli capire che era indesiderato. Costretto a lasciare l’Italia ha viaggiato per settimane in mezzo mondo in cerca di un altro rifugio sicuro. Ha fatto appello al governo greco che lo ha dirottato sulla sua ambasciata in Kenya che si è poi rivelata una trappola. I governi occidentali usano le nazioni più piccole come moneta di scambio nelle loro manovre.

La Cia è stata chiaramente coinvolta nell’informare le autorità turche della presenza di Ocalan nell’ambasciata greca a Nairobi. Il governo greco ha pure collaborato proponendo a Ocalan di lasciare l’ambasciata, lasciandogli credere che stava per andare in Olanda. È ovvio che il governo greco è stato messo sotto enorme pressione dagli Stati Uniti. La Turchia è un alleato importante degli Usa nell’area.

La collaborazione del governo greco nell’arresto di Ocalan ha destabilizzato la situazione in Grecia. Il primo ministro greco, Costas Simitis, è stato attaccato per aver fatto cadere Ocalan in mano turca. Il ministro degli esteri greco e due altri ministri sono stati costretti alle dimissioni su questa questione. Essa ha causato uno scontento diffuso per quello che viene considerato un tradimento. Simitis deve affrontare un’opposizione interna al suo partito, il Pasok. La gioventù del Pasok ha organizzato manifestazioni in solidarietà con i curdi, in aperta opposizione alla direzione del partito.

Il corteo di sabato vedrà la presenza delle comunità curde di tutta Italia e del Ticino e stanno crescendo le adesioni di associazioni, organizzazioni e movimenti italiani. Le principali richieste della mobilitazione sono la liberazione di Ocalan e di tutti i prigionieri politici e una soluzione politica e democratica della questione curda.

È la prima volta che Milano ospita una mobilitazione nazionale delle comunità curde residenti in Italia e questo accade in un momento estremamente delicato per il popolo curdo, sottoposto alle pressioni militari turche nel nord della Siria, proprio quando le formazioni curde sono impegnate nella strategica battaglia contro la “capitale” siriana dell’Isis, Raqqa, e a quelle repressive e antidemocratiche del regime di Erdogan in Turchia.

Spiegano i promotori della manifestazione che la lotta del Movimento di Liberazione Curdo per la democrazia, la coesistenza, l’ecologia e la liberazione delle donne ha raggiunto primi risultati positivi con l’allargamento del modello di autogoverno democratico nei territori liberati dal giogo delle bande ISIS. Ma con l’estensione della situazione di guerra attuale nel Bakur-Turchia, Rojava-Siria e nel Medio Oriente, i curdi e le altre popolazioni della regione affrontano gravi pericoli; lo stesso Movimento di Liberazione subisce nuove e pesanti minacce.

Per garantire la sua presidenza, Erdogan si è alleato con i fascisti e i nazionalisti turchi, così da affrontare la questione curda con la violenza e la repressione: tutto ciò che è collegato con i curdi e la loro identità è un obiettivo. Vengono commissariate le municipalità, i co-sindaci sono arrestati e sostituiti con amministratori fiduciari di nomina governativa. La brutalità della guerra in Kurdistan che ha visto la distruzione di intere città, è già costata la vita a migliaia di civili, arresti di massa di politici, intellettuali, accademici, giornalisti, attivisti, avvocati e magistrati, fino ad arrivare al piano per l’eliminazione fisica di Öcalan.

La pesante tortura psicofisica inflitta al leader curdo Abdullah Öcalan, nel corso degli ultimi 18 anni in condizioni di isolamento totale, è stata inasprita con ulteriori limitazioni del suo regime carcerario. Dal 5 aprile 2015, dopo che Erdogan ha messo fine al negoziato “per una soluzione politica e democratica della questione curda”, i contatti con l’isola di Imralı sono praticamente interrotti.

In base a recenti informazioni ci sono gravi motivi di preoccupazione per la stessa vita di Ocalan. Nel mentre il regime di Erdogan si prepara a reintrodurre la pena di morte.

Abdullah Öcalan è il rappresentante riconosciuto del popolo curdo, egli svolge un ruolo decisivo per una possibile soluzione duratura e democratica della crisi profonda del Medio Oriente.

La storia ha dimostrato che la questione curda non può essere risolta militarmente. Le guerre di logoramento e i genocidi dello stato turco non hanno mai funzionato. Hanno sempre avuto l’effetto contrario. La Turchia non deve continuare ad attizzare un fuoco che non può spegnere. I colloqui per una soluzione politica della questione curda devono riprendere in una condizione di parità. L’unico modo per garantirlo è l’immediata liberazione di Abdullah Öcalan.Lamanifestazione chiede anche la libertà per tutti i prigionieri politici e le prigioniere politiche in Turchia, la fine della tortura e dell’isolamento, la chiusura della prigione di Imrali, una soluzione politica e democratica della questione curda e la revoca del bando contro le organizzazioni curde.

Tra le forze che hanno aderito figura anche Sinistra Anticapitalista che, con un comunicato, argomenta la sua presenza al corteo:

Fermiamo la guerra di Erdogan contro il popolo curdo!  Dal 2015, dopo aver posto fine al negoziato coi curdi, il presidente turco sta conducendo una guerra spietata contro la popolazione curda in Turchia, in Siria ed Iraq. La Turchia ha bombardato villaggi e città provocando miglia di morti e feriti. Infine, usando come pretesto la guerra al terrorismo dell’Isis, in precedenza finanziato e foraggiato, ha stretto un’alleanza con la Russia di Putin e il regime sanguinario di Assad. I brutali e barbari attacchi si sono rivolti contro le Forze Democratiche Siriane e soprattutto contro la resistenza, senza risparmiare la popolazione civile che ha subito brutali e pesanti bombardamenti.

Sosteniamo l’esperienza del Rojava! L’obiettivo di Erdogan è quello di cancellare la confederazione autonoma del Rojava che,  senza essere idealizzata, rappresenta per quanto riguarda i rapporti sociali e i rapporti di genere l’esperienza più progressista fino ad ora emersa dalle rivoluzioni scoppiate nel 2011. Per questo essa rappresenta una spina nel fianco per i diversi regimi reazionari della regione, la barbarie dell’Isis così come per le potenze imperialiste.e regionali. Non a caso le Ypg (Unità di protezione popolare) del Rojava non sono stati invitate al tavolo di pace imposto sotto i colpi dei bombardamenti dalla Russia, dal regime di Assad e dalla Turchia non

Fermiamo la repressione di Erdogan! Dopo il fallito colpo di stato e l’introduzione dello Stato di emergenza,  Erdogan ha fatto chiudere più di cento testate giornalistiche, migliaia di associazioni e fondazioni, ha licenziato  più di 60 mila funzionari pubblici e più di 4000 tra docenti e ricercatori universitari. Il presidente turco ha colpito in particolare le organizzazioni curde e l’opposizione democratica e progressista. La maggior parte di comuni amministrati dal Hdp, il Partito democratico dei popoli che alle ultime elezioni è riuscito a superare lo sbarramento del 10% ed ottenere così 54 deputati, sono stati disciolti o commissariati e i loro sindaci arrestati. Migliaia di membri della forza progressista curda sono stati arrestati così come i suoi principali dirigenti e 9 deputati. Preoccupa, inoltre, la sorte del  leader del Pkk, Abdullah Öcalan, in carcere da 18 anni, in condizioni di isolamento totale.

Il governo Gentiloni e l’Ue rompano i loro rapporti con il regime di Erdogan! il governo italiano così come l’Ue continuano ad intrattenere saldi rapporti con la Turchia di Erdogan. Al di là di una tiepida condanna, non è mai venuto meno il loro sostegno ad un regime, ritenuto ritenuto indispensabile e affidabile nel bloccare il flusso di profughi. Ricordiamo, inoltre, i forti interessi che legano il nostro paese alla Turchia: l’Italia si colloca da anni ai primi posti tra i principali partner. Nel 2015 sono stati apprezzabili sia il livello delle esportazioni (10,6 miliardi di dollari), che quello delle importazioni dalla Turchia verso l’Italia (6,9 miliardi di dollari), con un saldo attivo a favore dell’Italia di circa 3,7 miliardi di dollari.

 

 

1 COMMENTO

  1. per quel che si evince, non era il governo Prodi ma il neonato governo D’Alema insediatosi il 21 ottobre 1998. Da Mosca Öcalan giunse a Roma il 12 novembre 1998 accompagnato da Ramon Mantovani, deputato di Rifondazione Comunista. Il leader del PKK si consegnò alla polizia italiana, sperando di ottenere in qualche giorno asilo politico, ma la minaccia di boicottaggio verso le aziende italiane spinse D’Alema a ripensarci, inoltre non fu arrrestato ma convinto a partire per Nairobi, in Kenya. Il “caso Öcalan” fu origine di critiche al governo D’Alema, accusato tra l’altro di aver trascurato gli articoli 10 e 26 della Costituzione italiana che regolano il diritto d’asilo e vietano l’estradizione passiva in relazione a reati politici ( tutto su Wikipedia )

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