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Macron, il futuro è adesso

Attorno al neopresidente, creatura dei poteri veri e di Attali, s’è cristallizzato il partito unico dell’Europa post nazionale e della mondializzazione felice. Ma per i ceti deboli (già medi) si prepara la mattanza, in attesa del voto di giugno

attali

di Maurizio Zuccari

Quando, nel giugno di tre anni fa, con meno barba bianca e un bel camiciotto alla coreana Jacques Attali l’ha presentato al circolo Bilderberg a Copenaghen, il suo giovane protetto aveva un incongruo sciarpone al collo e la faccia compunta di chi ha appena messo piede nel salotto buono dei poteri forti e non sa se si è pulito bene le scarpe o dove posare la sciarpa. Oggi che Emmanuel Macron è salito all’Eliseo ad appendere sciarpa e cappello, stessa faccia stupita e l’espressione un po’ farlocca del palco di Copenaghen, gli amici del circolo e il maître à penser Attali sanno di aver avuto fiuto nell’imbroccare l’uomo giusto per la Francia, e lui d’aver fatto Bingo, se non scivolerà dallo scalone.

D’Attali s’è detto molto, non tutto. Figlio d’un pied noir ebreo emigrato dall’Algeria per tempo, a metà degli anni ‘50, non fa solo fortuna al punto da divenire uno stimato banchiere, buon amico dei Rothschild, gran consigliori degli ultimi tre presidenti di Francia – e ovviamente del quarto – ma è anche un fine pensatore. Autore d’una cinquantina di saggi che spaziano dal cannibalismo alla medicina alternativa, e futurologo. S’era nel 2007 quando vaticinò in Breve storia del futuro la grande crisi nella quale agonizza l’Occidente e le sue certezze. Facile, direte.

Andatevi a (ri)leggere le sue previsioni (riedite oggi da Fazi) e cercate di non angosciarvi troppo nel sapere quale futuro aspetta, noi e i nostri figli, da qui alla metà del secolo. Un incubo d’iperconflitti e schiavitù che a paragone i guasti dell’oggi sono robetta. Ma, a dispetto delle sue fosche previsioni, Attali è un ottimista: se il mondo non sarà spazzato via prima da un conflitto nucleare, intorno al 2060 – anno più, anno meno – sorgerà un’iperdemocrazia globale in grado di fare a meno del mercato e di ciò che oggi siamo e conosciamo. Beato chi avrà un occhio, direte. Intanto, preparatevi a passare dal tracollo dell’impero americano al nomadismo esistenziale, tra pochi lustri, se volete sopravvivere.

Il seguente passaggio, tratto dalla prefazione, dà un’idea di ciò che ci aspetta.

“Tutto questo non potrà certo accadere senza terribili scosse: ben prima della scomparsa dell’impero americano, ben prima che il clima diventi quasi insopportabile, ben prima che il mercato abbia la meglio sulle nazioni, alcune popolazioni si disputeranno dei territori, avranno luogo innumerevoli guerre, e nazioni, pirati, mercenari, mafie, movimenti religiosi si doteranno di armi antiche e nuove, di strumenti di sorveglianza, di dissuasione e di impatto, utilizzando le risorse del bricolage, dell’elettronica, della genetica e delle nanotecnologie. Inoltre, l’avvento dell’iperimpero porterà ciascuno a diventare il rivale di tutti. Ci si batterà per il petrolio, per l’acqua, per conservare un territorio, per lasciarlo, per imporre una fede, per combatterne un’altra, per distruggere l’Occidente, per far prevalere i suoi valori. Prenderanno il potere dittature militari, confondendo eserciti e polizie… A meno che altri conflitti assurdi tra potenze nucleari non se ne siano fatti carico prima, scoppierà forse una guerra più micidiale delle altre, un iperconflitto che cristallizzerà tutti gli altri, annientando l’umanità”.

Insomma, il 73enne Attali è uno che di futuro ci capisce. Per questo ha sponsorizzato Macron. Perché guarda al domani e va nella direzione auspicata. «Lui pensa che la Francia possa essere meglio domani, la Le Pen che era meglio ieri. Vuole modernizzazione il paese – assicura – e il suo essere bipartisan potrebbe aiutare a creare il consenso necessario. È l’unico che può tentare l’impresa senza paralizzare il paese con le proteste». Inutile dire che si tratta di un futuro dove per la maggioranza dei francesi non ci sarà spazio per garanzie e certezze, dignità e lavoro. Insomma, Macron è l’uomo giusto perché la Francia non resti prigioniera della sua storia e i suoi cittadini, come ogni europeo, siano ridotti al rango di migranti esistenziali, precari organici.

Attorno a lui s’è cristallizzato il partito unico dell’Europa post nazionale e della mondializzazione felice per tutti, ma non per i ceti deboli (già medi) verso cui si prepara la mattanza. Del resto, esplicitava Attali da banchiere, non è mica per la plebaglia europea che è stato pensato l’euro. Di questo radioso futuro a base di deflazione salariale e asse franco-tedesco Macron, già ministro dell’Economia col tracollato Hollande, è e sarà il fedele interprete. Lui, sulla carta e nei seggi, è il solo in grado di far marciare assieme le elite favorite dalla storia e i miserabili delle banlieues. I disoccupati inoccupabili nel nuovo disordine mondiale che s’apparecchia, utili per ora a gettare il proprio voto all’ammasso del pensiero unico e totale, in attesa dell’iperdemocrazia globale.

Intanto Macron è, sui grandi media progressisti subito zerbinatigli sotto, l’uomo della provvidenza – della ragione, sottolinea Attali – che non solo frena l’onda destrorsa e populista in nome del progresso, ma ha saputo vincere coniugando rivoluzione e rassicurazione. Nel bel giovanotto si riconosce il perfetto candidato sintetico al silicone, l’homus novus destinato a navigare nei meandri della post democrazia come altri dei nostri paraggi, dopo che i vecchi attrezzi della politica neoliberista o pseudosocialista hanno fallito e sono stati gettati a mare dalle masse. Con lui i francesi hanno dovuto scegliere tra peste e colera, per dirla come Jean Luc Mélenchon, le sue amicizie coi poteri forti sono solo dicerie da untori complottisti, e tanto peggio agli untori che sopravviveranno.

Il dado – l’hazard – è tratto, disse quel tale passando dal Rubicone, e nessuno poteva pensare e sperare in un esito diverso. Tra un mese, alle elezioni per l’Assemblea nazionale, si vedrà quanti seggi saranno “en marche”, si porterà a casa il partito del neopresidente. Se Marine Le Pen avrà quei quattro spicci di deputati che i sondaggi le danno, come i socialisti e peggio i postcomunisti, nonostante l’aver sfiorato il 20% alle presidenziali, o se i trombati di oggi, repubblicani in testa, avranno la loro rivincita. «Una volta eletto non credo che i francesi gli negheranno la maggioranza», preconizza Attali che intanto ha messo un’immagine del tripudiante Macron sulla home del suo sito. Il futuro è già cominciato.

p. s. E mentre inizia la fuga dei perdenti sul carro del vincitore, non poteva mancare l’appello a Macron degli intellettuali, tra cui Wenders, Juppé e l’immancabile prezzemolato Saviano, campione dell’unicamente corretto, perché rifondi senza indugio il vecchio continente. Addirittura. Presto, presto, il futuro passa in fretta.

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