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Propaganda fascista è reato? Allora via Mussolini dal ministero!

Passa alla Camera la legge che mette fuorilegge gli accendini con la capoccia del Duce ma nei ministeri c’è la foto di Mussolini nelle gallerie d’onore

di Ercole Olmi

La propaganda del regime fascista e nazifascista – anche attraverso la produzione, la distribuzione o la vendita di beni che raffigurano persone o simboli ad essi chiaramente riferiti – è a un passo dal diventare un reato previsto dal codice penale. L’Aula della Camera approva la proposta di legge di Emanuele Fiano che prevede la reclusione da sei mesi a due anni per chi fa saluti romani o vende gadget che richiamino i regimi totalitari di destra, con 261 sì, 122 no e 15 astenuti. Dopo questo brillante risultato potremmo augurarci che Fiano, che è anche l’uomo del Pd alle prese con la legge elettorale, faccia di tutto per non far somigliare il testo alla Legge Acerbo, quella che blindò Mussolini al potere. Purtroppo non nutriamo alcuna illusione visto che il partito dell’onorevole Fiano è lo stesso dell’Italicum, del pacchetto Minniti e del tentativo di controriforma in senso autoritario sventato dal referendum del 4 dicembre.

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Il Pd ci regala un altro dibattito su questioni essenziali, come ad esempio mantenere o cancellare la scritta Dux dall’obelisco del Foro Italico mentre le periferie delle metropoli sono in balìa di un senso comune razzistoide innsecato proprio dalle politiche liberiste del Pd. Ma c’è di più, c’è ancora da sciogliere la continuità tra regime fascista e repubblica. Un’ambiguità che si deve all’amnistia Togliatti che, nel ’46, mandò a spasso le camicie nere compresi criminali di guerra come il generale Roatta, tanto per fare un esempio, che grazie all’opera di pacificazione dell’allora segretario del Pci, non fu estradato in Jugoslavia dove l’attendeva un processo ed è crepato nel suo letto. Non basta: l’immagine del Duce troneggia ancora in palazzi istituzionali come il palazzo del Ministero delle Infrastrutture nelle gallerie d’onore degli ex ministri come, appunto, se dal Regno d’Italia alla Repubblica nata dalla Resistenza ci fosse una continuità di ideali e classe dirigente.

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Perché stiamo raccontando questo? Perché una il 5 maggio una delegazione svizzera in visita proprio al ministero di Porta Pia per l’incontro bilaterale tra il ministro Del Rio e la  presidente della Confederazione Svizzera, Doris Leuthard, s’è trovata il faccione della buonanima nell’anticamera del Salone che avrebbe ospitato l’incontro ufficiale. Le foto in esclusiva sono state scattate proprio quel giorno nell’incredulità degli ospiti d’oltralpe. Mussolini fu ministro ad interim dal 30 aprile 1929 al 12 settembre 1929 ma già dalla sua resistibile ascesa al potere era stato particolarmente attento alla costruzione del suo personale mito. Nell’album delle fake news del regime spicca quella per cui, quando c’era “lui”, i treni arrivavano sempre in orario.

Dopo la prima guerra mondiale, in effetti, la rete ferroviaria italiana, in stato pietoso, fu oggetto di investimenti. Lo storico Denis Mack Smith si spinse a dire che attorno al 1920 i treni italiani erano l’invidia di tutta l’Europa e che Mussolini aveva fatto del suo meglio per farne il simbolo dell’efficacia fascista. A smentirlo un collega, Peter Neville che scriverà di «successo molto gonfiato». Eulalia di Borbone, figlia di Isabella II di Spagna, scrisse che i primi benefici dell’opera di Mussolini si avvertivano alla frontiera quando si sentiva il capostazione annunciare: “il treno arriva in orario”. Ma è sempre Mack Smith a rivelare che molti viaggiatori raccontarono già all’epoca che la storia dei treni che arrivavano in orario era una leggenda. Il giornalista investigativo statunitense, George Seldes disse nel 1936 che spesso i grandi espressi (le frecce rosse di allora) erano in orario ma lo stesso non poteva dirsi per i treni locali, «enormemente in ritardo». Citatissimo Alexander Cockburn, giornalista politico, spiega che Mussolini aveva bisogno di convincere gli italiani che il fascismo era effettivamente un sistema che lavorava a loro vantaggio. Così nacque il mito dell’efficienza fascista, con il treno come simbolo. Ma gran parte dei lavori di riparazione erano stati eseguiti prima della marcia su Roma. E se molte persone normali, lavoratori, onorano la memoria del duce è solo grazie alla capacità di far fruttare le leggende metropolitane e agli effetti devastanti delle politiche neoliberiste e delle guerre fra poveri che innescano. Conferma, infatti, Mack Smith, non certo un agit-prop: «La propaganda di Mussolini è stata molto efficace. Conclude Andrea Barham, ne “L’Abc delle bufale” (Istituto geografico De Agostini) che la sola cosa che il duce è riuscito a ottenere, con questa storia dei treni in orario, è stata di incantare l’infanta di Spagna. E tutti quelli che ancora credono alle fake news sul Ventennio.

Ora la domanda è la seguente: assieme agli accendi con il faccione del Duce, alle torte coi baffetti di Hitler, al vino dozzinale con le immagini dei due dittatori, non sarebbe il caso anche di rimuovere le foto del mascellone dai corridoi dei nostri ministeri? La Repubblica nata dalla Resistenza sarà tale quando rimuoverà le tracce del fascismo anche dalla legge elettorale, dal codice penale e dai regolamenti di polizia. E quando attuerà la Costituzione.

 

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