Il comitato dell’Onu per i diritti dell’infanzia prova a far luce sui ritardi e le omissioni della Santa Sede
di Marina Zenobio
Nonostante gli sforzi di papa Francesco per migliorare la percezione dell’operato della chiesa cattolica, sulla santa sede pesa ancora lo scandalo degli innumerevoli casi di pedofilia commessi dai suoi sacerdoti in diverse parti del mondo.
Questa volta a riparlarne è il comitato dell’Onu per i diritti dell’infanzia che venerdì scorso, a Ginevra, ha criticato energicamente le modalità con cui la curia ha gestito uno scandalo di dimensioni globali. In questa prima interpellanza pubblica all’Onu, la santa sede ha dovuto rispondere ad alcune domande imbarazzanti relative ad abusi sessuali su minori commessi da diversi sacerdoti. Dopo di che il Comitato per i diritti dell’infanzia ha chiesto chiarimenti su una disattesa convenzione che impegnava la santa sede a prendere le misure necessarie e appropriate per proteggere i bambini.
Esistono denunce che dimostrano come la Chiesa abbia nascosto la verità per difendere la sua reputazione e i suoi preti pedofili, permettendo così ulteriori violenze su migliaia di bambini. Sara Oviedo, ricercatrice del Comitato Onu per i diritti dell’infanzia, ha ricordato che nella maggior parte dei casi, dopo la denuncia i sacerdoti abusanti sono stati solo trasferiti in un’altra parrocchia e non consegnati alle forze dell’ordine per un giusto processo. Perché, chiede Oviedo, tanti sforzi per occultare questi crimini orrendi? Se si continua così quanti altri bambini subiranno abusi? Monsignor Charles Scicluna, ex procuratore della santa sede in materia di reati sessuali, ha riconosciuto che il Vaticano ha tardato a rispondere alla crisi, ma che ora vuole collaborare e incoraggiare i pubblici ministeri ad agire contro coloro che ostacolano la giustizia affinché tutti i sacerdoti responsabili rispondano dei loro reati.
Per quando riguarda la convenzione sottoscritta dalla santa sede nel 1990, con cui si impegnava a prendere tutte le misure necessarie per proteggere i bambini, a parte una prima relazione presentata nel 1994 non è stata presentata più alcuna informativa. Lo ha fatto solo 22 anni dopo, quando esplose lo scandalo degli abusi sessuali in Europa e in altri paesi. Per questo gli avvocati delle vittime insistono che la chiesa ha protetto i preti pedofili e ci sono prove circostanziante provenienti in particolare da Messico Gran Bretagna, Canada, Stati uniti e Irlanda.
Inconcepibile la difesa della santa sede secondo cui i sacerdoti colpevoli di pedofilia non sono dipendenti del Vaticano ma cittadini dei paesi dove risiedono e sono soggetti alle forze dell’ordine locale e che i responsabili di quei sacerdoti sono i vescovi della diocesi di appartenenza, non il papa. Ma i difensori delle vittime e i comitati per la difesa dei diritti umani hanno presentato al comitato dell’Onu documenti dello stesso Vaticano che dimostrano come la santa sede scoraggiò i vescovi a denunciare i preti pedofili alla polizia locale.