Nigeria, Boko Haram, i droni e il dramma delle adolescenti sequestrate
di Marina Zenobio
Altre 11 ragazzine rapite in Nigeria da membri del gruppo integralista islamico Boko Haram, sempre nello stato del Borno, nel nord-est del paese, dove il 14 aprile scorso si è verificato il rapimento in massa di oltre 200 adolescenti in una scuola di Chibok. “Non preoccupatevi, non vi accadrà nulla” avevano detto alle giovani spaventatissime presenti nell’istituto e, dopo aver fatto razzie di provviste e attrezzi vari hanno appiccato il fuoco alla struttura e se ne sono andati portando via anche le giovani studentesse. L’unico loro “peccato”, secondo la legge della sharia, proprio quello di essere studentesse e di studiare in una scuola non islamica.
Le madri delle ragazze, tra dolore e rabbia, si sono immediatamente mobilitate riuscendo ad ottenere l’attenzione internazionale ma, a quasi un mese dal sequestro, non si sa praticamente ancora nulla sul destino delle ragazze. Chi dice che sono state portate nei boschi di Sambisa, chi afferma di averle avvistate su delle camionette dirette verso il Chad e il Camerun per essere vendute come mogli al costo di 15 dollari. Lunedì scorso Boko Haram ha rivendicato il sequestro, una rivendicazione che, se possibile, ha prostrato ancora di più le famiglie delle studentesse. Una delle madri intervistate dalla Bbc ha dichiarato che da quando le giovani sono state rapite è stato difficilissimo per loro ottenere l’attenzione del governo nigeriano. Da parte sua Goodluck Jonathan, presidente della Nigeria – che non si è certo distinto per capacità politica della gestione pubblica, di lotta alla corruzione e alla brutalità della polizia – in un primo discorso aveva garantito che avrebbe fatto tutto il possibile per ritrovare le ragazze ma, ad oggi, qualsiasi ricerca sia stata fatta non è dato risultati.
In questi giorni le intelligences di Gran Bretagna, Francia, Cina e Usa si stanno mobilitando per il ritrovamento delle adolescenti rapite. Invio di team di esperti, l’uso di droni e di immagini satellitari, Fbi e specialisti del dipartimento di giustizia statunitense, coordinati ovviamente con il governo nigeriano. Uno spiegamento di forze che si spera davvero possa ritrovare le ragazze, ma è anche bene tener presente che non vengono messe in campo “solo” con questo obiettivo. La presenza di gruppi integralisti islamici in Nigeria e gli scontri in atto tra questi e il governo e le milizie private di qualche potentato, possono compromettere importanti interessi economici occidentali. La Nigeria è infatti il più grande produttore di petrolio dell’Africa e ospita una vasta rete di company nordamericane, europee e israeliane.
Ma chi sono i sequestratori? Boko Haram, il cui nome significa: “l’educazione non islamica è peccato”, è stato fondato nel 2002 e nell’ultimo decennio ha lanciato una violenta campagna con l’obiettivo di abbattere il governo nigeriano. Il gruppo promuove una visione dell’Islam che proibisce ai musulmani di partecipare a qualsiasi attività associata con l’occidente. E’ considerato come parte del più ampio movimento jihadista internazionale.
Boko Haram già in passato ha attaccato numerose scuole con l’intento di intimorire i genitori e dissuaderli dall’inscrivere le figlie e i figli in scuole non islamiche. Il gruppo integralista è fortemente radicato nello stato di Borno, dove nacque la sua prima cellula. Fidelis Mbah, giornalista nigeriano, ha dichiarato alla Bbc che i membri dell’organizzazione sono ben radicati nelle comunità del nord-est del paese ed è quasi impossibile distinguere chi abbia aderito a Boko Haram e chi no, così che gli abitanti di queste aree sono intrappolati tra gli attacchi del gruppo islamico e i contrattacchi governativi. Si calcola che circa 50 mila nigeriani di quest’area si siano rifugiati nel vicino Niger per sfuggire la violenza di Boko Haram, responsabile dell’uccisione di almeno 1500 persone.