I trasporti pubblici milanesi al tempo di Expo. Treni strapieni, tram lenti, bici imbottigliate. Così Pisapia tira a campare.
di Marco Panaro
“Per Milano, Expo sarà un catalizzatore di risorse e un acceleratore di progetti che arricchiranno il patrimonio infrastrutturale della città”, recita il sito ufficiale dell’Esposizione, rispondendo alla Frequently Asked Question “Quali vantaggi porterà Expo alla città?”
Proviamo allora a vedere come sarà, a Milano nell’anno 2015, il trasporto pubblico locale. Expo non porterà a un miglioramento del servizio ferroviario regionale. Si contano ormai a decine i treni soppressi ogni giorno per mancanza di capitreno e macchinisti, con punte estreme come la cancellazione di intere tratte per più giorni consecutivi. Il ricorso allo straordinario e allo slittamento dei riposi del personale non riesce a tappare tutti i buchi (solo per il personale di bordo si parla di cento turni che quotidianamente rischiano di essere scoperti). Ma di nuove assunzioni straordinarie nemmeno l’ombra.
Quando i treni ci sono, viaggiano con composizioni insufficienti e quindi strapieni all’inverosimile (stiamo parlando della saturazione di tutti i posti in piedi, non certo della possibilità di viaggiare seduti). E tuttavia gli investimenti nell’acquisto di nuovo materiale rotabile non vanno oltre a quanto necessario per la sostituzione dei mezzi più obsoleti, come le carrozze vicinali a piano ribassato prodotte negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso.
Expo non risolverà il problema cronico della rete dei trasporti urbani di Milano: i tram viaggiano mediamente a 11 km/h, contro i 15-17 km/h delle altre città europee. Questo significa che a parità di impiego di personale si riesce a garantire un terzo delle corse in meno. Oppure, se si preferisce vederla in termini economici, che ogni anno si buttano via dai dieci ai quindici milioni di euro in maggiori costi derivanti dalla lentezza del servizio.
Le soluzioni tecniche sono note e non particolarmente costose: corsie riservate che proteggono il mezzo pubblico dal traffico privato e semafori asserviti, che garantiscono il verde al bus o al tram senza inutili attese. Chiunque, in tempi di voli aerei low cost, può vederle messe in pratica a Berlino, Parigi, Amsterdam, Bruxelles o Zurigo.
Ma anche in questo campo la giunta comunale di Pisapia si è dimostrata inconcludente almeno quanto le amministrazioni di centrodestra che l’hanno preceduta. Un altro segno del tirare a campare di quel Sindaco che pure era stato votato sulla promessa di un vento nuovo che avrebbe, tra l’altro, portato via i miasmi dell’inquinamento dalla città. E anche i progetti di nuove linee tranviarie sono fermi, come il collegamento Precotto-Cascina Gobba, o vanno a rilento, come il prolungamento del tram 15 nel comune confinante di Rozzano. Forse Expo porterà qualche consolazione per i ciclisti urbani? Di incentivare la mobilità ciclabile parla quotidiamanente l’Assessore comunale ai Trasporti, il già penatiano ora renziano Pierfrancesco Maran (i maligni dicono: perché del resto, in particolare il trasporto pubblico, non ci capisce nulla). Ma le (poche) realizzazioni sin qui viste non sembrano far parte di un piano organico e, dicono gli esperti, sono di cattiva qualità: piste ciclabili per nulla o mal separate dallo spazio dedicato ai pedoni, pavimentate in modo irregolare, non sufficientemente protette dalle auto nei punti più critici. Pecche che le rendono quasi inutilizabili.
Forse i sostenitori di Expo, o chi si è rapidamente accodato a sostenerla, come Pisapia, pensavano di risolvere i problemi di mobilità con un servizio regolare di gondolette sulla progettata via d’acqua, che avrebbe dovuto attraversare la città passando per il sito espositivo, portando con sé lo sventramento di numerosi parchi.
La via d’acqua, tuttavia, grazie alla ferma opposizione popolare, espressa nel movimento No Canal, non si farà. Almeno questo “arricchimento infrastrutturale” ce lo risparmieremo.