La figlia del papa, l’altra Lucrezia Borgia nel primo romanzo di Dario Fo. Non una succube ma una donna che, compatibilmente col suo tempo, ha avuto il coraggio di opporsi alla corruzione e alla manipolazione.
di Marina Zenobio
E’ in libreria il primo romanzo del premio Nobel Dario Fo, La figlia del Papa (Edizioni Chiarelettere. pp. 190 €. 11,82), dedicato a Lucrezia Borgia, corredato da trenta ritratti realizzati dallo stesso autore e che, con molta probabilità, diventerà anche uno spettacolo teatrale.
Lucrezia Borgia, duchessa di Ferrara in quanto data in sposa al duca Alfonso I d’Este, nacque a Subiaco nel 1480 e morì a Ferrara, a soli 39 anni, nel 1519. Figlia illegittima di Rodrigo Borgia, 214° papa della chiesa cattolica con il nome di Alessandro VI, e della sua amante Vannozza Cattanei, Lucrezia non era solo bella, era colta, intelligente amante del teatro e della musica. Nel corso dei secoli, però, la sua figura è stata associata a quella di nobildonna feroce, come tutta la sua dinastia rinascimentale, l’avvelenatrice che passa senza ritegno alcuno da un marito all’altro, da un amante all’altro.
Quella che ci racconta Fo nel suo romanzo, dopo aver passato mesi a consultare documenti nelle biblioteche di Cesena e Forlì, è un’altra Lucrezia, una donna coraggiosa costretta a vivere una esistenza tragica. Scopre ancora bambina che l’uomo che per anni si era presentato come zio è suo padre, il papa, lo stesso che la costringe più volte a sposarsi senza amore. Quando finalmente trova l’uomo giusto, questi viene brutalmente assassinato dai sicari del fratello, Cesare Borgia, e Lucrezia è costretta ad abbandonare il figlio piccolo. Dario Fo definisce la storia dell’unica donna della dinastia Borgia nel corso della presentazione del suo libro «una tragedia che sembra scritta da Shakespeare per la violenza che ha dentro».
Con un’operazione un po’ simile a quella fatta con i vangeli apocrifi, scavando cioè nelle censure della storia, Dario Fo ribalta la versione ufficiale riguardante Lucrezia Borgia con un romanzo che, spiega l’autore «nasce dall’indignazione per le scelte di una serie televisiva che presentava Lucrezia come una sgualdrina avvelenatrice, un personaggio da feuilletton. Anche le ricostruzioni storiche hanno sempre insistito sull’eros e sull’osceno, senza alcuna umanità né rispetto per la verità».
La Lucrezia raccontata da Dario Fo non è, quindi, una succube ma una donna che, compatibilmente col suo tempo, ha avuto il coraggio di opporsi alla corruzione, alla manipolazione, che ha lottato per non essere ricattata e venduta a quelli, che per la sua “nobile” famiglia, rappresentavano i migliori offerenti.