Pena simbolica ma definitiva per l’ex sindaco-sceriffo: istigazione all’odio razziale.
da Treviso, Enrico Baldin
E’ stato condannato in via definitiva Giancarlo Gentilini, per due volte sindaco di Treviso, per due mandati vicesindaco della stessa città, e nel 2013 candidato sindaco sconfitto da Giovanni Manildo.
La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di secondo grado condannando l’85enne Gentilini a pagare una sanzione di 4000 euro per incitamento all’odio razziale. L’inchiesta partì dalla magistratura veneziana dopo che in un comizio della Lega Nord svoltosi nel 2008 a Venezia, Gentilini incitò a “pulire le strade da tutte queste etnie che distruggono il nostro paese”.
I discorsi di Gentilini, nei vent’anni di suo assoluto ed indiscusso protagonismo della vita politica trevigiana, sono andati spesso e volentieri oltre i confini trevigiani e veneti, a causa della carica di esplicito razzismo che portavano con sé, rendendolo noto in tutta la penisola come pure all’estero. In passato, con la fascia di tricolore al petto, dichiarò di aver dato mandato al comandante dei vigili di fare “pulizia etnica dei culattoni”. In altre occasioni associò alla parola “stranieri” il sostantivo “cani”, parlò di “eliminare” i bambini degli zingari ed evocò “vagoni piombati” per gli extracomunitari. Si rese noto per aver tolto le panchine dal parco di Sant’Andrea giustificando pubblicamente l’ordinanza con l’esigenza di non vederci accomodati immigrati e “negri”; espresse il desiderio di travestire gli stranieri da leprotti per poi esercitarci le sue doti di cacciatore, ed in molti suoi discorsi, in preda alle sue ossessioni, associò la presenza di migranti a un “complotto dei bolscevichi”. Gentilini inoltre, non di rado usò espressioni richiamanti esplicitamente il ventennio fascista nel suo linguaggio a dir poco colorito.
Per tutto questo palmares di linguaggi, espressioni, intenti, dichiarazioni e ordinanze Gentilini non aveva mai subito alcuna condanna. Per due volte la Procura di Treviso aprì altrettante inchieste, in entrambi i casi per istigazione all’odio razziale, ma il seguito dei procedimenti fu di archiviazione in un caso e di assoluzione nel secondo.
Ma se le inchieste trevigiane non hanno portato a nulla, la magistratura veneziana lo ha condannato. E anche se poco più che simbolica, la condanna definitiva è accolta con sollievo da tutti quei movimenti antirazzisti che per vent’anni hanno osteggiato il sindaco-sceriffo.