In libreria per Del Vecchio Editore ‘I passanti’, il terzo romanzo di Laurent Mauvignier.
di Marta Scandorza
Dopo la pubblicazione de La camera bianca e Lontani da loro per Zadonai Editore, e di Degli uomini e Storia di un oblio per Feltrinelli, arriva nelle librerie per Del Vecchio Editore, casa editrice indipendente tra le più amate nel panorama editoriale italiano, I passanti, la terza fatica di Laurent Mauvignier, uno degli autori fondamentali della letteratura francese contemporanea.
Autore dallo sguardo al reale implacabile e straziante, Mauvignier torna alla narrativa con un’ennesima storia di perdizione e caduta, e in quello stile essenziale e cadenzato che caratterizza la sua scrittura. Il pretesto narrativo anche in questo caso, come già in Storia di un oblio, è un terribile fatto di violenza: lo stupro subito dalla giovane Claire, che nel romanzo torna costantemente quale trade d’union, origine – termine – calamita di senso, ma che appare allo stesso tempo punto di partenza per l’esplorazione di universi altri, gravitanti eppure altri.
A narrare l’accaduto, infatti, non è la giovane donna che ha subito la violenza, ma due voci esterne: quella dell’amica e vicina di casa Catherine, e quella dello stupratore senza nome, volto e corpo (paradosso senza dubbio voluto quello di rendere quasi evanescente un personaggio che con la propria bruta materialità corporea ha compiuto il crimine che dà avvio alla storia). E la forma letteraria ancora una volta prediletta è quella del monologo.
In Storia di un oblio era un narratore non identificato che parlava al fratello del ragazzo pestato a morte in un solo intenso periodo, lungo quanto l’intero romanzo; ne I passanti, titolo quanto mai evocativo, le due voci si alternano e sembrano frammentare il dialogo con una Claire già assente, a quello con se stesse e tra se stesse. Mentre le due voci sembrano rincorrersi, sostenersi, contrapporsi e allontanarsi, senza mai riuscire ad incontrarsi davvero, la storia prende forma nella modulazione di due mondi simili. Affini in una solitudine parimenti soffocante, avviluppati ad una gestualità ricorrente e reiterata, che non si lascia stravolgere da nulla, quasi a simboleggiare l’incapacità lacerante dei due protagonisti ad adeguarsi ai cambiamenti che la vita potrebbe offrire loro.
Alla fine della lettura si resta un po’ scossi, certo, forse anche indignati. La vittima, qui, non ha voce, vive delle e nelle parole del suo carnefice. Ma Mauvignier si conferma anche in questo uno scrittore coraggioso: coraggioso nelle scelte stilistiche, e in quelle più meramente legate all’intreccio. Coraggioso e irriverente nell’offrire al suo lettore una materia letteraria difficile da plasmare secondo le regole di un senso morale condiviso. Perché la sua letteratura non è semplice narrazione. La sua letteratura si prefigge un compito molto più arduo: quello di farsi indagine della natura umana, soprattutto nelle sue derivazioni più perverse e animalesche.