Il testamento di Dino Frisullo, militante per i diritti dei popoli, a undici anni dalla sua morte
di Dino Frisullo
“Se morissi adesso o fra due giorni o un anno, ecco il mio testamento, il testamento di un comunista
Avido di conoscenza e d’amore, vissuto e morto povero e curioso.
Lascio tutto il mio disprezzo a chi mi ha usato.
Lascio tutto il mio odio a chi mi ha dato un mondo senza gioia, da attraversare a denti e pugni stretti.
Lascio la nostalgia per le moschee di Gerusalemme e gli ulivi di Puglia ed ogni roccia, pianta, finestra, stella, che i miei occhi hanno accarezzato nel cammino
Lascio fiumi di dolcezza alle donne che ho amato.
Lascio fiumi di parole dette e scritte spesso con rabbia, raramente con saggezza, in malafede mai, un mare di parole che già evapora al vento rovente del tempo.
Lascio a chi vorrà raccoglierlo, il testimone del mio entusiasmo, nella folle staffetta mozzafiato -volgendomi indietro dopo vent’anni non so più se ho corso da solo.
Lascio il mio sorriso a chi sa ancora sorridere
E le mie lacrime a chi sa piangere ancora.
Non è poco. In cambio, voglio essere sepolto senza cippi e lapidi fra le radici di una albero grande in piena nuda terra rossa e grassa perchè il mondo con me respiri ancora e si nutra con me di ogni mia fibra.
Con me (non vi sembri retorica) solo una bandiera rossa
E la nave del Ritorno intagliata con le unghie nella pietra di un prigioniero assetato di vita nel deserto del Neghev”.