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Dino Frisullo, una militanza nell’umanità

Un altro anno intero e siamo ancora qua, al 5 Giugno più bello e più triste per tanti, tantissimi: il compleanno e l’anniversario della morte di Dino Frisullo.

di Alessio Di Florio

Dino Frisullo

Il tempo scorre e va via. Passano i giorni, le settimane, i mesi, .un altro anno intero e siamo ancora qua, al 5 Giugno più bello e più triste per tanti, tantissimi: il compleanno e l’anniversario della morte di Dino Frisullo. Ricordarlo quest’anno, rileggere le sue denunce, le sue poesie, la sua appassionata corsa mozzafiato appare quasi un approdo dal frastuono, dalla vacuità, dal chiacchiericcio che ci circonda. Mai come quest’anno l’abisso scavato dalla morte di Dino, la distanza siderale tra i compagni come lui che tanto ci mancano e il deserto auto proclamatosi “Sinistra” che della sinistra vuol distruggere quel che ancora cerca di rimanere e lottare, appare in tutta la sua immensità.

La storia di Dino, le infuocate pagine della sua militanza sulle strade polverose del Kurdistan, della Palestina, dell’Italia, con lo sguardo e il cammino degli ultimi e degli impoveriti, delle vittime di ogni sopruso e ingiustizia, dovrebbe essere lampada per ogni compagno e compagna in quest’Italia e in quest’Europa massacrati dalla crisi, dal Capitale e dalla disumanità di classe. Dovrebbe. Ma purtroppo non è così. In queste settimane ci ritroviamo ancora a dover fare i conti con i calcoli elettoralistici e opportunistici di alcuni. Ancora una volta c’è chi si proclama di sinistra ma sogna di sedersi a tavola con chi sfrutta lavoratori e lavoratrici, con chi mette sul piatto della bilancia di sociali manuali cencelli i diritti e la dignità, con chi devasta territori e vorrebbe l’impunità. Ed è con loro d’accordo. Si lascia da loro sedurre.

A tutti costoro Dino avrebbe da insegnare moltissimo, tantissimo, tutto e anche di più. Ma Dino è troppo passionale, troppo innamorato, troppo scomodo per le loro vuote certezze. Dino è patrimonio degli ultimi, Dino è un’appassionata lotta che non è mai finita capace di percorrere prima degli altri sentieri inesplorati e illuminando come lampade il percorso collettivo. Sentieri dove Dino incontrava uomini e donne assetati di libertà, di giustizia, di uguaglianza come lui. Uomini e donne in cerca dell’umanità perduta. Migranti, senza patria, kurdi, palestinesi, gli ultimi e gli emarginati del mondo erano i suoi fratelli e le sue sorelle, erano la sua Patria. Con rabbia, con forza dirompente, con amore, vibrando dell’umanità più autentica, capace della com-passione vera di un cuore straordinario e generoso.

Poesia commovente e struggente, capace di graffiare le corde dell’animo e di esprimere denuncia e umanità nella quotidianità di chi ha donato tutta la sua vita agli ultimi, ai senza casa, ai migranti, ai popoli oppressi. Senza mai fermarsi e senza mai arrendersi. Ma si farebbe torto a Dino un grande torto se dimenticassimo che l’entusiasmo, la rabbia, l’indignazione di Dino sapevano coniugarsi ad un rigore, ad una ricerca, ad una preparazione altrettanto immensi. Prima di tantissimi altri Dino capì cosa stava accadendo sulle coste meridionali della nostra Italia, capì il carico di umanità che stava già bussando alle nostre porte. Umanità di culture, popoli straordinari. Umanità calpestata, incatenata, oppressa da guerre e non solo. Guerre realizzate con armi prodotte in Occidente, in nome degli interessi di signori della guerra che siedono nelle grandi assise mondiali e che in giacca e cravatta si presentano lindi e puliti sulla ribalta mediatica occidentale.

Puliti perché altri si sporcano le mani di sangue per i loro interessi. La storia di Dino è questa. E’ la storia più nobile dell’umanità, di chi in ogni epoca e in ogni latitudine ha costruito un futuro migliore, ha lottato contro le miserie più disumane nel nome degli ideali più nobili ed autentici. E’ la storia degli oppressi, dei vecchi sindacalisti anarchici, dell’antagonismo di ogni epoca, dei comunisti clandestini, degli impoveriti e dello straccio rosso di Pasolini che non cadde mai nella polvere perché sventolava ad ogni latitudine e non ne aveva neanche il tempo. Internazionalisti, compagni di viaggio e di vita dei palestinesi e dei kurdi, pronti a condividere il loro destino sotto le bombe o nelle carceri turche. Perché o si è internazionalisti, indignati, o si è disposti a lottare quotidianamente, senza mai indietreggiare, senza mai dire “non mi interessa”, senza mai lavarsi le mani ma anzi pronti a sporcarsele se fosse possibile anche 25 ore al giorno o non si è. Le lotte di Dino sono antiche e profonde.

Sono le stesse lotte degli scioperi delle mondine dell’Ottocento, dei senzatetto nei latifondi, di chi si è opposto alla bestia nazifascista, degli operai nei primi decenni della rivoluzione del capitalismo industriale. La sinistra dei compromessi, dei salotti romani, dei palazzi di regime, la sinistra che considera più importante l’accordo al ribasso del grido di dolore, di rabbia, di indignazione di chi viene avvelenato, oppresso, assassinato dal profitto, dalle mafie e dal capitalismo non è sinistra. Dino vive ancora, Dino lotta ancora. Antagonista, libero, ribelle. Ama, di una passione infinita, di chi spende tutta la propria vita per ideali forti e belli.

Non è retorica vuota, è realtà, è poesia dei fatti. In ogni volto di kurdo che continua a lottare per l’affermazione della propria esistenza, in ogni migrante che giunge sulle nostre coste e viene rinchiuso nei CIE, potremo scorgere gli occhi malinconici e appassionati di Dino Frisullo, nei loro passi i suoi. Mille Alì sognano ancora l’Europa, innumerevoli Leyla dagli occhi “più profondi del mare” vivono ancora nel Kurdistan in attesa del giorno in cui avranno una patria e saranno liberi, sotto il cielo di Zako, nei prigionieri assetati di vita nel deserto del Neghev, nei migranti quotidianamente deportati nell’Italia del 2014 (basta col pensare ai giochetti da palazzo di alcuni, pensiamo a loro!!), negli aspri monti del Kurdistan, nel senza casa che disperatamente vuol sperare nel futuro, tante, troppe “divise verdeoliva” occupano la propria giornata nel cancellare sogni, nel reprimere umanità, nel mostrare a chi giunge nelle tante Patrasso di tutta Europa il volto più feroce del “Premio Nobel per la Pace”.

Le tue spoglie mortali caro Dino riposano in un cimitero, le tue poesie, i tuoi scritti, le tue appassionate parole sono rimaste con noi. Scolpite nei cuori e nell’animo. Continui a camminare, tocca a noi donarti gambe e braccia, mente e cuore. Bellissimo conoscerti, impossibile dimenticarti. E oggi cammini ancora al nostro fianco, ci fai coraggio e ci sproni a non fermarci mai. Quando il peso della militanza ci sembrerà eccessivo, quando costruiremo percorsi di Pace e di giustizia e sentiremo di perdere noi stessi, quando il nostro cuore si smarrirà, scalatore “mite e ostinato” ci verra in soccorso il tuo sorriso e la tua testarda passione. Ad aiutarci a ripartire, ad asciugare le lacrime e ritrovare i colori dove vedremo solo grigiore e tristezza. Perché ogni volta che asciugheremo una lacrima di “chi sa piangere ancora”, ogni giorno in cui raccoglieremo “il testimone del suo entusiasmo”, camminerai al nostro fianco, il mondo respirerà ancora e si nutrirà di ogni tua fibra.

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