Arriva al cinema la nuova pellicola di Roger Michell, regista, tra gli altri, di Notting Hill. Su Popoff la recensione.
«Intendiamo amore quando diciamo amore?» Samuel Beckett se l’era già chiesto in maniera retorica. Se lo chiede di nuovo Roger Michell ma in maniera cinematografica, prendendo una coppia attempata, in sottile crisi e spedendola a Parigi per un week end che dovrebbe essere romantico. Dovrebbe. Nelle intenzioni, almeno. Invece finirà col vertere sul distruttivo/nevrotico, solo lievemente all’inizio. Ad interpretare la parte di due insegnanti demodé, un po’ appassiti ma ancora belli pimpanti (tranne quando si ritrovano a scalare il Sacro Cuore a Montmartre – «l’ultima volta che ci siamo saliti riuscivamo a respirare!») Michell chiama Jim Broadbent e Lindsay Duncan. Due bravi attori, che hanno i ritmi e i tempi corretti, le pause azzeccate e i solchi giusti nei punti giusti. Il terzo incomodo tocca a Jeff Goldblum, specchio deformante a metà e un po’ anche grillo parlante. Il cast è tutto qua.
Lo sforzo di affrancarsi dalle solite commedie su anzianotti yankee in cerca di nuove occasioni c’è, si avverte in ogni momento. È uno sforzo che però non riesce a spiccare il volo, ad essere leggero e totalmente divertente, compromettendo così il ritmo della pellicola. Un ritmo che in alcuni momenti è vorticoso, frizzante anche spassoso ma a tratti inciampa nelle banalità, nelle noiosità.
Alla nostalgia e alla bellezza dei momenti che furono, ci pensano le citazioni vagueiste novelle che Michell sparge un po’ qui un po’ là. Su una parete d’albergo. In una fuga rocambolesca. Su un maglione a quadri. In un cappello. In un trio stagionato. In un balletto che è tutta un’epoca, un ricordo, un magnetico separato. Godard traspare ovunque, omaggiato fin quasi allo sfinimento in questa piccola odissea parigina che rappresenta la ricerca di un nuovo inizio di due vite che sembrerebbero destinate al perpetuo declino, al continuo fallimento. «Quando i figli se ne vanno, che resta di noi?».
Che resta? Il sesso (o la sua mancanza – «Posso toccarti?/Perché?»). Le scappatoie. Le incomprensioni. I contrasti. Le rughe. Tutto questo. Ma anche l’amore. Resta l’amore, l’unica cosa interessante, la più difficile, la più incompleta, la più potenziale. «Ti dispiacerà di non avermi amato abbastanza». Perché l’amore muore solo se lo uccidi. E la coppia di non più novelli sposi Burrows dovrà decidere se compiere un delitto o scappare e fare un atto d’amore. «Non puoi fare a meno di amare e odiare la stessa persona». Michell, dal canto suo, decide di compiere un atto d’amore. Verso la cinepresa, verso l’arte, verso la bellezza (non solo quella estetica).
Per questo Le Week End, un film non completamente riuscito, si può comunque apprezzare. Per la sua capacità di evocare piccoli sussulti, di innestare deliziosi ricordi, di suscitare vaghi rimpianti. Per un mondo, per un cinema che, forse, non esisterà mai più.
«Le persone non cambiano./Invece sì. Possono peggiorare». E poi, può sempre succedere qualcosa che non era stato previsto. Può sempre succedere “la vita”, anche se vi sembrerà di stare da troppo tempo con lo stesso vecchio cavallo, quello che fa un sacco di rumore alla mangiatoia. E non vi sorprenderà scoprire che, in fin dei conti, vi piacciono gli uomini (e le donne, perché no?) che sbavano.
A quel punto sarete pronti per un’evasione. A Parigi, o dove preferirete. Siete avvertiti, però. Cercate informazioni (prima di partire, ovvio) sul costo di una certa stanza e sui piatti di un certo ristorante. «Abbiamo una suite per due notti, ci ha dormito anche Tony Blair, che ne dite?/ Basta che abbiate cambiato le lenzuola».
Perché non arriverà Bande à part o Jean-Luc a salvarvi la pelle. O il conto. Merci.
LE WEEK END
Regia di Roger Michell
Con Jim Broadbent, Lindsay Duncan, Jeff Goldblum, Olly Alexander, Judith Davis
Commedia, 93 min.
Usa, 2013
Uscita giovedì 12 giugno 2014
Voto Popoff: 3/5
Da vedere se: amate Parigi, Jean-Luc Godard e la Nouvelle Vague
Da non vedere se: non credete alle seconde occasioni, soprattutto a una certa età