L’Inchiesta di Popoff. Un’azienda del gas, un oligarca e un’agenzia di pubbliche relazioni senza scrupoli, un gasdotto che non s’ha da fare e impronte che portano molto vicino alla Casa Bianca.
di Franco Fracassi
«È mia profonda convinzione che un piccolo numero di parole, ma con grande impatto emotivo, possa modificare le convinzioni dell’opinione pubblica». «In Bulgaria è andato tutto bene. Adesso bisogna spingere per Odessa». Un inglese e uno statunitense. Per adesso non importa come si chiamino, né che ruolo abbiano in questa vicenda. Odessa, Sofia, Londra, Washington e Dniepropetrovsk. Questa è la storia di due incontri segreti. È la storia del controllo dell’approviggionamento di gas all’Europa. È la storia di un’agenzia di pubbliche relazioni in grado di manipolare l’informazione internazionale. È la storia del cuore del potere mondiale, e di come esso abbia anche a che fare con profitti personali. È la storia di un massacro nazista. È la storia di una guerra. In mezzo più di quaranta milioni di cittadini inermi. In altre parole, questa è la storia (a quanto pare) del perché in Ucraina c’è stato un colpo di Stato e del perché si sta combattendo una guerra civile.
Iniziamo con lo scenario. Le più grandi riserve di gas del mondo si trovano in Russia o in Kazakistan, Paese alleato di Mosca. Ma nuovi e ricchi giacimenti sono stati recentemente rinvenuti anche in Ucraina. La Russia è il più importante fornitore di gas all’Europa. Fino a pochi anni fa la maggior parte dei gasdotti (e degli oleodotti) transitavano per il territorio ucraino. Poi è arrivata l’autostrada dell’energia Mosca-Berlino chiama North Stream, al cui vertice è stato piazzato l’ex Cancelliere tedesco Gehrard Schroeder. Ma per il Cremlino non bastava. Allora, ecco l’apparizione di South Stream, direttamente dal Mar Caspio all’Italia, passando sotto il Mar Nero. Due mosse che permettevano di bypassare l’Ucraina e di assoggettare definitivamente gran parte dell’economia europea e di sottrarla al controllo di Washington. Contemporaneamente, la Russia stringe accordi sempre più stringenti con la Cina, formando un blocco compatto e molto potente contro gli Stati Uniti.
Questa era la fotografia dell’autunno dello scorso anno. Nel frattempo sono accadute alcune cose che stanno ribaltando lo scenario, che oggi è il seguente: la costruzione del gasdotto South Stream è bloccata sine die, il presidente statunitense Barak Obama sta esercitando forti pressioni sull’Europa perché accetti di rifornirsi (anche se pare sia non realizzabile) dal continente americano, il corridoio ucraino è ritornato a essere strategico oltre che non più sotto il controllo russo e, infine, la più grande società proprietaria dei giacimenti sparsi per l’Ucraina è in saldissime mani Usa.
Passiamo ai protagonisti della storia. L’oligarca Igor Kolomoisky, da inizio marzo nominato governatore della provincia di Dniepropetrovsk. Il suo omologo a Odessa, considerato fedele a Kolomoisky. Igor Mace Il segretario del Consiglio di Difesa della sicurezza nazionale Andrej Parubij, nonché cofondatore del partito nazista Svoboda. Il nazista Dmytro Jarosh, capo del partito Pravy Sektor, impegnato militarmente nella repressione dei separatisti nell’Est. La vice segretario di Stato Usa Victoria Nuland, responsabile della politica estera della Casa Bianca in Europa e, in particolare, nelle ex Repubbliche sovietiche. Il segretario di Stato John Kerry. Hunter Biden, figlio del vice presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Devon Archer, figlio del principale sostenitore elettorale di Kerry e miglior amico e socio in affari del suo figliastro Christopher Heinz. Il senatore degli Stati Uniti John McCain. Tim Bell, fondatore e amministratore delegato dell’agenzia di comunicazione britannica Bell Pottinger.
Subito dopo la vittoria dei rivoltosi di Maidan e della loro presa del potere a Kiev il re dell’acciaio, dei media e dell’industria militare Kolomoisky viene nominato a governatore della più ricca e popolosa provincia del Paese, che ha anche un’altra caratteristica: è abitata a maggioranza da russofoni, dichiaratamente ostili al colpo di mano avvenuto nella capitale. Oltre alla ricchezza e al potere dei media, Kolomoisky ha un’altra carta da giocare, è in ottimi rapporti con l’estrema destra, tanto da fondare, non appena assunta la carica, il Battaglione Dniepr, un vero e proprio squadrone della morte nazista con il compito di liquidare gli oppositori del nuovo governo e i separatisti. Del resto, Kolomoisky è stato anche il principale finanziatore del golpe di Maidan.
A marzo avvengono altre due cose. La Crimea passa di fatto sotto la giurisdizione russa e la più grande società di gas ucraina (Burisma) nomina come amministratore delegato Hunter Biden. La prima notizia toglie all’Ucraina l’accesso ai due dei tre principali porti, conferendo a Odessa il ruolo di unico sbocco al mare del Paese. La seconda notizia va inserita in un contesto più ampio.
Secondo il “The Business Time”, l’Ucraina ha firmato nei mesi scorsi una serie di accordi con due colossi energetici statunitensi: Chevron ed ExxonMobil. Saranno loro i nuovi padroni del gas del Paese. Poi c’è Burisma, la loro controparte ucraina, a totale proprietà straniera: sede a Cipro, i tre posti chiave occupati dal figlio del videpresidente Usa Joe Biden, dal figlio del principale finanziatore del segretario di Stato John Kerry e dall’ex presidente polacco Aleksander Kwasniewski; socio principale ucraino, manco a dirlo, Igor Kolomoisky. Un’azienda definita dal “Wall Street Journal”: «Un’associazione a delinquere di stampo politico».
Con il possesso della Crimea la Russia può permettersi di far passare il South Stream più a nord, in acque meno profonde, e quindi di costruire un oleodotto più economico e più sicuro. Tra la crimea e la Bulgaria, però, c’è il tratto di mare che transita davanti Odessa. E Odessa è una città a prevalenza russofona, dove le simpatie per il nuovo governo sono molto scarse.
La mossa successiva l’ha riferita “The Guardian”. «Ad aprile il senatore John McCain e la vice segretario di Stato Victoria Nuland sono volati a Sofia, dove hanno incontrato il presidente Rosen Plevneliev. Prima di risalire sull’aereo dal cellulare di McCain è partito il seguente sms: “In Bulgaria è andato tutto bene. Adesso bisogna spingere per Odessa”. A che cosa si riferiva il senatore? Pochi giorno dopo la Bulgaria ha annunciato l’intenzione di bloccare temporaneamente la costruzione del South Stream». E Odessa?
“Deutsche Welt” ha rivelato: «Alla fine di aprile la Nuland e McCain hanno fatto un ennesimo viaggio in Ucraina. Questa volta sono sbarcati unicamente a Odessa. Nella sede del governatorato si è svolta una riunione. Presenti i due emissari americani, il governatore di Dniepropetrovsk Kolomoisky, il governatore di Odessa Igor Mace, Il segretario del Consiglio di Difesa della sicurezza nazionale Andrej Parubij e il capo di Pravy Sektor Dmytro Jarosh».
La presenza di McCain e Nuland non è una presenza qualsiasi. Non per la carica ufficiale che ricoprono, ma per ciò che rappresentano. Come ha rivelato in passato Popoff, il primo è uno dei terminali del complesso sistema che sta dietro quasi tutte le ventidue rivoluzioni che si sono succedute nel mondo (alcune senza successo) dal 2000 a oggi, la seconda è stata capo della Cia in Unione Sovietica ed è stata la mente, tra le altre cose, del colpo di Stato a Mosca del 1991, quelo che ha portato alla fine dell’Urss (ne abbiamo scritto su Popoff).
Di che cosa hanno discusso non si sa. Quello che si sa, però, è che pochi giorni dopo nella città portuale è avvenuta una strage di quasi trecento persone, opera di squadracce naziste. Strage, come ha documentato Popoff, che vede coinvolti direttamente Parubij, Jarosh, Mace e Kolomoisky. Da quel giorno Odessa è saldamente in mano al governo centrale. Tant’è che a metà di maggio la città viene visitata anche da Kerry e, perfino, da Biden padre, il vice di Obama, mentre intorno al porto negli stessi giorni iniziano i lavori del terminale del gas ucraino.
Ma non è finita. I più vasti e ricchi dei tre giacimenti di gas ucraini si trovano nelle province dell’est. Proprio quelle sotto il controllo dei separatisti. E così, accade che il governo, prima, e il neo eletto presidente, poi, lanciassero una furiosa offensiva contro le province ribelli. Offensiva supportata (secondo molte testimonianze di reporter internazionali) dal Battaglione Dnipro. «Un’offensiva che coincide troppo platealmente con gli interessi di Burisma», scrive il “Wall Street Journal”.
Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza l’ultimo dei protagonisti della nostra storia: Timothy Bell. L’inglese settantatreenne è dal 1959 nel campo della pubblicità e delle comunicazioni. «La sua rete di relazioni è potentissima e si dirama in tutto il mondo. La Bell Pottinger è una multinazionale formidabile. Da anni lavorano nell’ombra e influenzano la vita quotidiana di milioni di persone», ha detto di lui il suo principale concorrente nel campo delle comunicazioni e dell’attività di lobbying nel Regno Unito, Mark Borkowski. «Ha un’idea dell’etica e della moralità molto diversa da quella corrente. Si è sempre vantato di essere un detestabile manipolatore di media, e ancor più frequentemente autore di fere e proprie frodi ai danni dell’opinione pubblica», ha scritto il “Daily Telegraph”.
La Bell Pottinger è una società di comunicazione. Le moderne aziende di questo tipo non si occupano di pubblicità o di curare l’ufficio stampa per qualcuno. Il loro compito è creare l’informazione, modificare il giudizio dell’opinione pubblica su qualcuno o qualcosa, promuovere guerre, permettere alle grandi multinazionali di poter inquinare o sfruttare le risorse di qualche Paese conquistando il favore della gente. Probabilmente senza agenzie di pubbliche relazioni non ci sarebbe stata la prima guerra del Golfo, le guerre jugoslave avrebbero preso un’altra piega, molte delle rivoluzioni non avebbero avuto successo, diversi dittatori avrebbero smesso di governare, le multinazionali e le grandi banche avrebbero un potere molto ridotto. «È mia profonda convinzione che un piccolo numero di parole, ma con grande impatto emotivo, possa modificare le convinzioni dell’opinione pubblica», ha dichiarato Tim Bell.
La Bell Pottinger ha curato le campagne elettorali di Margaret Thatcher e ha successivamente lavorato per i suoi governi. Ha poi avuto come clienti: il corrotto presidente russo Boris Eltsin, la moglie del presidente siriano Assad, i governi dittatoriali dell’Uzbekistan, della Bielorussia, dello Zimbabwe, del presidente egiziano Hosni Mubarak e del generale cileno Augusto Pinochet, il governo fantoccio instaurato in Iraq dall’Amministrazione Bush, l’oligarca russo Boris Berezovskij, industrie di armamenti di vari Paesi, ha aiutato il governo Blair durante la seconda guerra irachena, ha impedito che avesse successo la rivoluzione in Bahrein nel 2011, ha aiutato a insabbiare alcuni disastri ambientali provocati dalla multnazionale olandese Trafigura, ha difeso il governo dello Sri Lanka dall’accusa di stragi nei confronti della popolazione civile, ha difeso il gruppo editoriale di Rupert Murdoch dallo scandalo delle intercettazioni. «Mai lavorato per un’istituzione o un governo di sinistra», ha spiegato Bell con orgoglio.
Nel 2013 la Bell Pottinger firma due nuovi contratti, decisivi per la nostra storia, con la Burisma e con Kolomoisky. Secondo quanto rivelato dal “Guardian”, «l’agenzia ha messo grande cura nel seguire la rivolta di Maidan e, successivamente, tutte le fasi della crisi ucraina».
Mai in Europa c’è stata una simile unanimità d’informazione come sugli eventi che si sono succeduti in Ucraina. Perfino la strage come quella di Odessa è passata sotto silenzio, e una guerra civile è stata fatta passare come «guerra al terrorismo».