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Ma che Bellezza l’Italia! Scriviamolo nella Costituzione

La campagna di una parlamentare di Sel per riscrivere l’articolo 1 della Carta. Potrebbe essere la vecchia storia del Pane e le Rose?

di Checchino Antonini

Ma che Bellezza l'Italia! Scriviamolo nella Costituzione

“Ma sul deserto delle nostre strade Lei passa, rompendo il finito limite e riempiendo i nostri occhi di infinito desiderio”. Lei, la Bellezza.

I versi di Pasolini riecheggiano anche nelle parole di Serena Pellegrino, parlamentare di Sel, architetto e ambientalista, che ha iniziato una campagna per riscrivere l’articolo 1 della Costituzione, quello famoso – perché è il più disatteso da sempre – della Repubblica fondata sul lavoro.

La Pellegrino, che ieri ha presentato la proposta in un convegno a Palazzo San Macuto, ringrazia da un post sul suo sito gli aderenti alla campagna: Borghi più belli d’Italia, Commissione nazionale per l’Unesco, Coldiretti, Conservatori statali di Musica, ISSM – Istituti Superiori Statali di Musica, Federculture, Federazione nazionale Pro Natura, Federparchi, Greenaccord, Green Cross Italia, Greenpeace, Istituto nazionale Bioarchitettura, Legambiente, LIPU, Ordine degli, architetti CNAPPC, Union internationale des Architectes,Verdi Ambiente Società, Kronos 1991.

Ma l’articolo 1 della Carta mette al centro il lavoro, potenziale creatore di bellezza, e tra gli addetti del settore spicca per adesso l’assenza del mondo del lavoro.

I versi di Pasolini e le parole di Camus: «La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno della bellezza». La proposta di legge costituzionale per integrare l’art.1 della nostra Carta con il riconoscimento della Bellezza (“quale elemento identitario nazionale, la conserva, la tutela e la promuove in tutte le sue forme materiali e immateriali, storiche e artistiche, culturali, paesaggistiche e naturali”) è pensata dalla Pellegrino come «una delle più rivoluzionarie iniziative per ridare dignità e prospettive al popolo italiano, per salvare il territorio del Bel Paese smembrato e ridotto a merce di scambio e bottino di conquista, per recuperare slancio creativo e senso del bello che appartengono al codice genetico della nostra collettività».

«Il lavoro ci rende liberi – ha spiegato la Pellegrino – ma noi siamo gli unici a poterlo finalizzare alla bellezza. E’ davvero arrivato il momento di non barattare più il lavoro con il patrimonio, la salute, il territorio, ma di lavorare producendo bellezza». Il movimento operaio, cento e passa anni fa, ha avuto piuttosto chiaro questo concetto e lo aveva racchiuso nello slogan sul Pane e le Rose ma adesso i promotori della campagna rischiano di alludere a una narrazione all’apparenza più ecumenica: «Mi rivolgo a tutte le forze politiche senza divisioni – ha sottolineato Pellegrino – perché la bellezza fa parte della nostra identità e la responsabilità di ognuno di noi verso il monumento Italia non è delegabile. Questa proposta di legge sarà un percorso audace e del tutto partecipato, che coinvolgerà gli operatori del settore».

«Avere gli occhi e non saper vedere», poetava sempre Pasolini. Il lavoro è uno dei desideri più comuni e, nello stesso tempo una delle condizioni più degradanti nell’era Renzi. Ma l’ecomostro di Pitelli, il piano regolatore di Roma, la folla di migranti che si accalca la mattina di fronte agli “smorzi”, o incatenata nei campi di pomodoro, la Terra dei Fuochi, i crolli a Pompei e il Tav, il jobs act, gli inceneritori, gli specchi solari che divorano terre agricole pregiate, le leggi Treu, Biagi e i ricatti di Marchionne sono anche attentati alla Bellezza. Anche nel campo dei Beni culturali: il settore pubblico si rattrappisce, quello privato e del cosiddetto privato sociale è regno del sottolavoro, dell’arbitrio, del finto volontariato strumentale alla sottrazione di lavoro. E’ questo attacco al lavoro e alla democrazia, partito da lontano, che degrada il paesaggio e le relazioni sociali.

Davvero è possibile che a riscrivere la Costituzione siano «tutte le forze politiche senza divisioni» comprese quelle che guidano quell’immane attacco alla Bellezza che chiamiamo austerity, oscurantismo, privatizzazioni, guerra globale e liberismo? Non è ancora detta l’ultima: la campagna proseguirà in autunno proprio quando le piazze si tingeranno con i colori delle tute da lavoro e delle bandiere di chi lotta per l’attuazione del “vecchio” articolo 1 contro i tagli al welfare e ai salari. Riusciranno a parlarsi questi mondi?

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