Il Comune ha deciso di applicare la legge alla lettera. Le famiglie costrette a versare 18 euro e mezza l’ora. Fino al 2011 l’assistenza era gratuita.
di Claudio Alessandro Colombrita
L’assistenza domiciliare ai disabili come servizio di lusso. Accade a Pomezia, dove si paga ben diciotto euro l’ora, più del doppio rispetto alla media. Molte le famiglie che devono rinunciarvi. «Ci siamo rivolti alla televisione, ma nulla, non c’è stato nessun contatto tra noi e il Comune e, nonostante le buone intenzioni che possiamo riconoscere all’amministrazione, è un anno che si dicono solo parole, le stesse». Nicola Vannini è il genitore di un ragazzo disabile, nel 2013 ha creato il Comitato dimensione disabili per lottare, come si legge nel sito, contro i soprusi delle decisioni comunali, come quella di far pagare l’assistenza domiciliare.
«Sono in cassa integrazione ed ho dovuto chiedere la sospensione del servizio perché a fine mese i conti non quadravano. Devo pagare ancora millesettecento euro per i servizi pregressi, risalenti all’anno 2012, anche altre famiglie con i disabili hanno ricevuto, come me, delle vere e proprie stangate, non riesco a capire il perché», ha dichiarato Vannini.
Grazie anche al supporto di associazioni come la Futuro di Pomezia, Vannini sta cercando, invano, di poter parlare col sindaco.
D’altronde, la figura di Fabio Fucci, sindaco del Movimento 5 Stelle, in carica dal 2013, non è mai passata inosservata dall’inizio del suo mandato. Tante polemiche riguardanti, oltre l’assistenza domiciliare, la scelta di proporre un diverso menù a scuola con merenda o senza, decisione che è stata vista da molti come discriminatoria, oppositori politici, cittadini e dal Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti che non ha risparmiato le proprie critiche.
E non è finita qui. Il 20 Febbraio di quest’anno, durante l’occupazione della scuola elementare Trilussa per protestare contro la riduzione degli stipendi, alcune decine di lavoratori hanno affermato di essere stati colpiti dai poliziotti nel corso dello sgombero, ordinato proprio dal sindaco, per ragioni di ordine pubblico.
Vannini: «Fino al 2011 l’assistenza era gratuita, poi, nel 2013, ci sono arrivati i bollettini da pagare per il 2012, addirittura da gennaio, mentre la decisione, in consiglio comunale, di farla pagare, era avvenuta a marzo. Per fortuna poi, grazie al commissario presente all’epoca, ci siamo visti abbonare i due mesi, tuttavia mi chiedo, per i restanti come la mettiamo? ».
Le poche parole rilasciate dal sindaco, l’anno scorso, sono tanto semplici quanto comprensibilmente dolorose per le famiglie. Fucci, ha affermato che è normale che un servizio pubblico si paghi e che la cifra addebitata è congrua rispetto alla media. Un’unica apertura, nell’unico incontro avuto con le famiglie, per quanto riguarda il futuro. Fucci sostiene che per il passato nulla ormai si può fare.
Nicola Vannini convoglia le frustrazioni e lo stupore di tutte quelle famiglie che sono in grosse difficoltà economiche o che hanno addirittura dovuto rinunciare all’assistenza: «Il sindaco ci disse tempo fa che ha ereditato una situazione finanziaria disastrosa. Ma gli errori del passato non possono ripercuotersi sulle fasce deboli della società».
Il nodo della questione sta nella normativa, la legge 104/92 che detta le regole per “l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”. La sua interpretazione più rigorosa porta, ai fini della determinazione del costo dell’assistenza domiciliare, a far riferimento all’Isee del disabile, che spesso non ha reddito.
Il Comune di Pomezia ha adottato una interpretazione più estensiva che prende come riferimento l’Isee del nucleo familiare, così nel 2013, una famiglia che superava i diciottomila euro di reddito, doveva pagare l’assistenza del 2012 ben 18,25 euro l’ora. Si sommano dunque il reddito della famiglia e il reddito dei disabili e il gioco è fatto.
L’unico accorgimento, adottato da allora, è stato l’innalzamento della soglia di reddito, ma la somma richiesta per l’assistenza domiciliare resta ancora molto alta e ingiustificata, come confermato da Vannini: «Diciotto euro l’ora sono davvero tanti, vanno alla Pomezia servizi che è una compartecipata del Comune, di questi solo sette-otto vanno agli assistenti sociali e gli altri? Posso affermare che così si va a guadagnare sui disabili di Pomezia, magari per pagare la struttura, i compensi alle segretarie e al direttore».
Due o tre ore di assistenza al giorno, festivi esclusi, a cifre astronomiche, chi paga la cifra massima di 18,25 euro arriva a spendere anche più di mille euro al mese, dodicimila in un anno. La cifra media del centinaio di pazienti si aggira intorno ai cinquemila euro richiesti e dilazionati in rate da seicentottanta a ottocento euro mensili, quasi uno stipendio per molte famiglie, che, o pagano o mangiano.
«Prendo circa ottocento euro al mese di cassa integrazione ma senza lo stipendio che porta a casa mia moglie non ce l’avrei fatta», ha spiegato Vannini, che porta avanti la sua battaglia insieme a Francesca Bassani: «Non capisco perché il Comune chieda questi 18,25 euro tutti a noi, devo pagare centottantasette euro al mese per le ore di assistenza prestate a mia madre, prende circa mille euro tra accompagno e invalidità», ha aggiunto la Bassani: «Su cento famiglie, mediamente, se ne va più della metà dello stipendio mensile, il Comune aveva detto di aver ricevuto dalla Regione centosettantamila euro per l’assistenza domiciliare e scolastica».
L’Amministrazione ora sostiene di aver esaurito i fondi della Regione per i servizi sociali, per ogni ora di assistenza domiciliare guadagna dieci euro, tramite la sua compartecipata, tolti i sette-otto euro dati agli assistenti sociali. Che cosa ne faccia di questi dieci euro è ancora oggi un mistero che, il Comitato dimensione disabili, vorrebbe svelare al più presto.
Si parla di contributo da versare, senza sapere il perché, in quanto non c’è nessuna contribuzione. Si paga tutto e basta. E se non si paga addio assistenza domiciliare.
Nonostante tutto, Vannini si sente ancora ottimista, perché «questa è una cosa che sta nel cuore degli italiani». Dopo le recenti polemiche e le proteste delle famiglie si aspetta una risposta del sindaco: «Gli chiederei un pochino più di sensibilità perché penso che la disabilità è un problema con cui tutti possiamo avere a che fare. Basta la sensibilità per fare il passo che serve, se c’è è semplice risolvere la situazione e se non c’è non si fa niente. Chiederei di provare quello che lui sente con in fatti, non con le parole».