Qual è il vero Pd? Quello del “Piano casa” di Renzi che sfratta centinaia di migliaia di famiglie o quello di un presidente di Municipio, che difende il principio del diritto all’abitare?
di Massimo Lauria
Il “Piano casa” del governo Renzi si è abbattuto come una mannaia su chi rivendica il diritto all’abitare, contro cui – oltre a non fornire risposte – si è voluto dare un giro di vite sulle pene anti occupazione. La reazione però questa volta arriva in ambito istituzionale. Il pd minuscolo dei municipi romani si ribella al Pd maiuscolo del governo nazionale, chiedendo la cancellazione e la riscrittura totale di almeno un articolo di quel discusso decreto numero 47 del 28 marzo scorso. Il punto incriminato della norma si trova nell’articolo 5, con il quale tra le altre cose si impedisce di fatto il riconoscimento della residenza a chi ha avuto l’ardire di occupare una casa popolare, anche se in gravi condizioni di indigenza.
Il Munucipio III, infatti, ha da poco approvato un ordine del giorno che chiede di stracciare e riscrivere proprio quell’odioso articolo, col quale si vuole criminalizzare ogni forma di dissenso, anche di fronte ad un reale bisogno come quello di un tetto sulla testa. La domanda dunque nasce spontanea, tanto per usare un vecchio tormentone Rai: Qual è il vero Pd? Quello del “Piano casa” di Renzi, con cui vengono sfrattate centinaia di migliaia di famiglie, o quello di un presidente di Municipio, che invece difende il principio del diritto all’abitare?
Sulla vicenda si sta consumando una frattura di natura politica, che difficilmente potrà sanarsi se non con l’intervento del Parlamento per rivedere quella norma. «L’articolo 5 del decreto Lupi-Renzi sulla casa va riscritto totalmente, perché così com’è non tiene conto della realtà», spiega a Popoff il presidente del Consiglio municipale, Riccardo Corbucci.
Tra l’altro la norma puzza di incostituzionalità, perché non si può impedire ai comuni di dare la residenza anche in una casa occupata. «È la Carta costituzionale a dirlo, è un principio fondamentale», spiega ancora Corbucci. «Quella della residenza – continua – è una questione a sé, che va scissa dagli altri problemi connessi alle occupazioni di case. Qui non si mette in discussione lo spirito con cui il governo ha approvato la norma. Nelle intenzioni c’era anche l’idea di colpire la criminalità organizzata che in certi luoghi gestisce di fatto le assegnazioni delle case popolari. Ma qui bisogna distinguere. A Roma, compreso il municipio in cui lavoro, ci sono molte persone costrette a occupare perché non possono permettersi una casa».
Insomma, da Corbucci a Paolo Marchionne – presidente del III Municipio – la questione si può risolvere solo con una retromarcia da parte del governo. Senza residenza tra l’altro è impossibile accendere contratti per i servizi primari: luce, acqua e gas. In quella legge sono racchiusi i principi di intolleranza verso qualsiasi forma di disobbedienza civile, fino a considerare le occupazioni tutte abusive e passibili di denuncia penale.
Già la prossima settimana altri municipi discuteranno un simile ordine del giorno, facendo pressione sull’assemblea capitolina perché ne approvi uno. E qualcosa potrebbe cambiare a partire dal prossimo autunno. Secondo indiscrezioni, un pool di avvocati e giuristi sarebbe al lavoro su un documento per dimostrare che quell’articolo è incostituzionale. A quel punto verrà probabilmente presentato un ricorso per chiederne l’abolizione. La palla passerà quasi sicuramente al Parlamento, costringendo il governo a venire alo scoperto.