Presentato oggi il rapporto sui diritti globali 2014: una catastrofe umanitaria. Complice la crisi, è in atto l’intensificazione di una “lotta di classe dall’alto”.
di Marina Zenobio
Economia e diritti, economica e lavoro, welfare e diritti, welfare e salute sono i principali temi affrontati nel XII Rapporto sui diritti globali 2014 dal titolo “Dopo la crisi, la crisi” (Ed. Ediesse) redatto a cura dell’Associazione società informazione onlus, promosso da Cgil con la partecipazione di ActionAid, Antigone, Arci, Cnca, Fondazione Basso, Forum ambientalista, Gruppo Abele e Legambiente. Prefazione di Camusso e Ciotti, introduzione di Sergio Segio.
Il rapporto, presentato questa mattina a Roma presso la sede nazionale della Cgil, dove è intervenuto Luigi Manconi, presidente della Commissione diritti umani al Senato, è la fotografia disastrosa della realtà che stiamo vivendo. Moltissimi i contributi al rapporto tra cui quello di Marco Bersani, Andrea Baranes, Alessandro Dal Lago, Stefano Ciccone, Letizia Cesarini Sforza, Chiara Saraceno, Danilo Zolo, solo per citarne davvero alcuni. Tutti d’accordo che quella che stiamo attraversando è più simile a una catastrofe globale che a una crisi.
A rilevale il quadro drammatico e univoco ci sono gli indicatori economici e sociali. “In Europa – riporta il rapporto – le persone che hanno perduto il lavoro sono cresciute di 10 milioni, portando a 27 milioni il totale di disoccupati. Per il quinto anno consecutivo l’occupazione è in calo nel continente. I nuovi poveri sono cresciuti di 13 milioni di unità. Nell’Europa a 28 Paesi, nel 2012, le persone già povere e quelle a rischio di esclusione erano ben 124 milioni, poco meno di una ogni quattro, con una crescita di 2 milioni e mezzo rispetto all’anno precedente.” E anche l’Italia fa la sua parte in questa mappa delle privazioni se si considerano i dati indicanti che il numero di persone che vivono nel nostro paese in condizione di povertà assoluta è raddoppiato tra il 2007 e il 2012, passando da 2 milioni e 400 mila a 4 milioni e 800 mila, pari all’8% della popolazione. Il tasso di occupazione nel 2013 è tornato ai livelli del 2002: 59,8%; all’inizio della crisi, nel 2008, era al 63%. Peggio, ma non consolatorio, stanno solo Grecia, Croazia e Spagna.
“Muoiono le piccole imprese: dal 2008 ne sono scomparse 134 mila. E muoiono le persone – si legge sul rapporto – per quanto sia difficile stabilire nessi causali univoci e certi, alcuni studi indicano in 149 le persone che si sarebbero tolte la vita per motivazioni economiche nel 2013, quasi il doppio rispetto agli 89 casi dell’anno precedente.”
Per promuovere l’occupazione e sostenere il lavoro – denuncia il rapporto – non è stato fatto nessun serio investimento. La famigerata troika (Banca centrale, Fmi e Commissione europea) non hanno né invertito né corretto la rotta, anzi, hanno portato allo stremo i lavoratori e i ceti medi nel paesi destinatari dei programmi di assistenza finanziaria, Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna, Romania.
“Complice la crisi, è in atto l’intensificazione di una ‘lotta di classe dall’alto’, una resa dei conti totale con i sistemi democratici e di welfare, per come sono stati edificati nella seconda metà del secolo scorso, a partire dal modello sociale europeo. Sono potenti le spinte in direzione della privatizzazione dei servizi di protezione sociale in Europa, un potenziale mercato di 3.800 miliardi di euro l’anno, vale a dire ben il 25 del PIL, verso il quale si stanno indirizzando gli incontenibili appetiti dei gruppi finanziari e delle multinazionali”. In questo contesto risulta sempre più evidente il contrasto tra due idee del mondo diverse e antagoniste.
“La più forte – si legge nel Rapporto -, fondata sul dogma del libero mercato e sulla religione del profitto, vuole fare una definitiva tabula rasa di tutti i diritti faticosamente acquisiti dalle classi subalterne nel corso della seconda metà del Novecento. La crisi globale – continua – ha reso maggiormente manifesta l’incapacità di perseguire alternative. Negli ultimi anni a livello mondiale si è assistito alla bancarotta del liberismo. Eppure i responsabili della crisi quali grande finanza, corporations e tecnocrazie, hanno stroncato violentemente ogni ripensamento sui paradigmi della crescita infinita e dell’asservimento totale dei viventi alle logiche del profitto, che sono state architrave di quella dottrina fraudolenta. E ora addirittura rilanciano, con quel Transatlantic Trade and Investment Partnership Ttip) , il trattato commerciale USA-UE che incombe sull’Europa.”
Uno stato di catastrofe economica ma anche umanitaria, dunque, secondo gli autori del Rapporto, che però non è inevitabile perché risultato di scelte politiche precise. Proposte politiche alternative ce ne sono da tempo sul tavolo, anche se non possono bastare le piattaforme. Per trasformazioni di tale radicalità occorrono forza politica, consenso e cooperazione sociale, ma per determinarne le precondizioni, secondo gli autori, “necessita prima di tutto definire una nuova cornice culturale e di valori.
Un’altra Europa e un’altra globalizzazione, insomma, quella dei cittadini, dei diritti e della solidarietà politica e sociale, ha bisogno di essere pensata e di nascere presto dalle macerie di quella delle monete e dei mercati. Una riconversione ecologica dell’economia deve soppiantare il castello di carte della finanza speculativa, che da tempo detta le agende ai governi e che vorrebbe ora addirittura forzare e svuotare le Costituzioni antifasciste europee. Un deciso investimento sul lavoro stabile e di qualità e su un nuovo welfare deve spodestare la mortifera politica dell’austerità (solo in Grecia sarebbero 2.200 le morti direttamente riconducibili alle politiche del rigore) che sta strangolando economie e stato sociale e a cui l’Unione Europea e i singoli governi si sono inchinati.”
Nel suo intervento Luciano Gallino afferma: «i Parlamenti hanno sbattuto i tacchi e hanno votato alla cieca perché ce lo chiedeva l’Europa. Non esistono alternative, ci è stato detto. Questa espressione è un corollario del colpo di Stato in atto». Ma le alternative, per gli autori del XII Rapporto sui diritti globali, sono possibili oltre che necessarie, possono nascere però soltanto dal basso, da quelle forze vive del lavoro, della società, dei popoli. Per contrastare quel “colpo di Stato” di cui parla Gallino, difendendo la democrazia, ricucendo la profonda ferita delle diseguaglianze, ristabilendo equità, giustizia sociale e globalizzando i diritti.