Un nuovo provvedimento del Governo Renzi renderà impossibile la riconversione civile delle aree militari e realizzerà un grande favore agli inquinatori. Si mobilitano i movimenti per l’acqua e contro il biocidio
di Alessio Di Florio
“Là dove c’era l’erba ora c’è una città” cantava nel 1966 Adriano Celentano. 47 anni e 8 mesi dopo Renzi e Galletti stanno cercando di realizzare un’operazione simile all’avanzata del cemento cantata da Celentano. Perché, se diventerà legge il decreto 91 del governo Renzi, (anche) lì dove sorgono prati e boschi ci saranno zone industriali. Con una sola differenza: non si dovranno fare lavori e azionare mezzi meccanici come le ruspe. Al ministro dell’Ambiente Galletti sono bastati soltanto la penna (o la tastiera) che ha scritto il decreto. La sua proposta, contenuta nel decreto “Competitività e tutela ambientale” del governo Renzi e chiamata “Ambiente Protetto” con una scelta definita tragicomica dal Forum Nazionale dei Movimenti per l’Acqua Pubblica, dal Coordinamento Nazionale Siti Contaminati e dai comitati Stop Biocidio di Lazio e Abruzzo, tra le maggiori proposte contiene quella di modificare i limiti per l’inquinamento dei suoli delle aree militari di 100 volte equiparandoli alle zone industriali. Un “vero e proprio vergognoso colpo di spugna sullo stato di contaminazione delle aree militari del paese” in poligoni, campi di addestramento, e persino nelle caserme, per i movimenti ambientalisti. Eppure, ricordano ancora, “spesso appaiono come ampie zone verdi coperte da macchia mediterranea e boschi! Si pensi a Capo teulada e Quirra (Perdasdefogu) in Sardegna oppure a Monte Romano in Lazio (vasto 5000 ettari!)”.
Sono mesi che un’ampio dibattito in molte zone d’Italia si sta animando sulla possibile vendita a Comuni e Regioni per una riconversione civile delle caserme in disuso. Il decreto 91 di fatto renderà quasi impossibile qualsiasi riconversione e indurrà gli Enti Locali interessati a non acquistarle più: nel momento in cui dovessero farlo per decidere di puntare sulla loro riconversione civile, le aree e gli immobili non saranno più equiparati a zone industriali e i limiti di inquinamento si ri-abbasserebbero di 100 volte. Imponendo così al Comune o alla Regione che acquista ogni costo di bonifica. Come chiedono i movimenti ambientalisti, chi lo farebbe considerando che, mantenendo l’area militare, si rispetterebbe la legge senza dover spendere un euro?
Ma non è questo l’unico punto “controverso” del decreto, che appare un enorme favore a inquinatori e a chi non si vuol impegnare nella bonifica integrale e reale dei territori inquinati.
Il Forum Nazionale dei Movimenti per l’Acqua Pubblica, il Coordinamento Nazionale Siti Contaminati e i comitati Stop Biocidio di Lazio e Abruzzo denunciano che il reale intento del Governo sarebbe quello di “mettere definitivamente sotto il tappeto le scorie di un passato in cui il sistema industriale italiano programmaticamente cercava di stare sul mercato sotterrando i rifiuti per non pagarne i costi”.
Il decreto prevede una sorta di silenzio-assenso sperimentale per le bonifiche di aree private: per la bonifica si potranno auto-certificare i dati (così lo Stato non dovrà spendere soldi in studi preliminari, è la semplificazione e la ricerca di competitività renziana a chiederlo!) e, solo dopo terminata la bonifica, dovrà inviare all’Agenzia Regionale per l’Ambiente i risultati. L’Agenzia avrà 45 giorni per approvarli. “Decorso inutilmente il termine, il piano di caratterizzazione si intende approvato” prevede il decreto. Considerando che il termine è perentorio e non esistono deroghe (neanche se fossimo in presenza di enormi terreni dove si trovassero immense discariche di rifiuti speciali!), pensare che possa sempre essere rispettato appare praticamente impossibile. Tutto questo donando al privato la massima libertà su quali inquinanti cercare mentre, attualmente, esistono dei criteri minimi sulla base di quanto avveniva nel sito contaminato. I movimenti ambientalisti, dati gli alti costi delle analisi e delle bonifiche ( strettamente collegati alle sostanze inquinanti interessate), temono quindi che si darà quindi avvio ad una lunghissima serie di piani di caratterizzazione (la fase di “ricerca” delle sostanze inquinanti) e bonifica minimali. Le Agenzie Regionali per l’Ambiente infine non soltanto interverranno solo alla fine della bonifica ma faranno le loro verifiche solo sul 10% dei campioni e sui parametri indicati dal privato. Tra le tantissime contraddizioni di una tale procedura denunciate dai movimenti ambientalisti, una delle più incredibili è che un cittadino potrà chiedere il risarcimento di danni sanitari dovuti ad un’attività inquinante solo sui dati forniti dall’inquinatore stesso! Ovviamente, più alto sarà l’inquinamento più tutto questo rischierà di avverarsi.
Per gli scarichi in mare industriali (come per esempio acciaierie, centrali elettriche e a carbone, cementifici, raffinerie, stabilimenti chimici, rigassificatori e inceneritori) “le Autorizzazioni integrate ambientali rilasciate per l’esercizio possono prevedere valori limite di emissione anche più elevati e proporzionati ai livelli di produzione” recita testualmente il decreto. E quindi, maggiore è la produzione e più si potrà inquinare …
Contro questo decreto, rinominato “inquinatore protetto”, il Forum Nazionale dei Movimenti per l’Acqua Pubblica, il Coordinamento Nazionale Siti Contaminati e i comitati Stop Biocidio di Lazio e Abruzzo, stanno proponendo un mail bombing nei confronti dei senatori, che sono chiamati a partire dall’11 luglio a discutere e iniziare l’iter di conversione in legge del decreto. La proposta di testo e gli indirizzi email a cui inviarlo sono disponibili a questo link
http://www.acquabenecomune.org/raccoltafirme/index.php?option=com_content&view=article&id=2775:si-alle-bonifiche-no-alle-sanatorie&catid=53&Itemid=67.