Ci ha lasciato Nadine Gordimer, Nobel per la letteratura nel 1991, una vita dedicata alla lotta contro l’apartheid insieme a Nelson Mandela.
di Marina Zenobio
“L’uomo è l’unico animale con la capacità di osservare sé stesso e che è stato dotato della dolorosa capacità di aver voluto sempre sapere il perché. E questa non è solo una grande domanda ontologica sul perché siamo qui, attraverso quale religione o filosofia cerchiamo la risposta finale che distinti popoli in distinti tempi si sono chiesti, bensì che da quando l’essere umano iniziò questa osservazione di sé stesso ha cercato anche la spiegazione dei fenomeni quotidiani, come la procreazione, la morte, il variare delle stagioni”.
Sono parole di Nadine Gordimer – premio Nobel per la letteratura nel 1991 perché “con le sue magnifiche opere epiche apportò un importante servizio all’umanità” – morta ieri pomeriggio nella sua casa di Johannesburg. La grande scrittrice sudafricana aveva 90 anni ed era malata da tempo. É considerata la voce femminile più potente contro il regime dell’apartheid e difese il suo impegno accanto a Mandela “per ridare dignità alla popolazione nera sudafricana”.
Nel corso della sua prestigiosa carriera scrisse 15 romanzi e altrettanti racconti brevi, per Nadine le short stories erano il genere ideale della nostra frenetica era. Tra i titoli più famoso La storia di mio figlio e Un mondo di stranieri.
Nadine Gordimer aveva 15 anni quando pubblicò il suo primo racconto su una rivista sudafricana e il Nobel fu solo l’ultimo di una serie di premi. In una delle sue ultime interviste, quando ormai era già gravemente malata, disse che non si era mai sentita una scrittrice politica “ma la politica è nelle mie ossa, nel mio sangue, nel mio corpo. Sono vecchia, forse il mio spirito è forte ma la carme è debole… meglio che parliamo di altro”.
Minuta, elegante salottiera ma anche sempre in prima linea contro ogni razzismo, si iscrisse all’African National Congress di Mandela quando era ancora fuorilegge e si è battuta per la piaga dell’Aids nel suo paese.
Incontrò per a prima volta Nelson Mandela nel 1964, durante il processo che lo condannò all’ergastolo e, insieme alla letteratura, fu il faro di tutta la sua vita. Quando morì disse di lui: “ E’ stata una grande fortuna, per noi sudafricani, ad averlo avuto con noi, ed un onore per me conoscerlo di persona. In un continente che ha lottato per decenni per liberarsi dalla dominazione straniera e raggiungere la libertà, è raro trovare qualcuno che non basi la sua azione sull’odio o il risentimento. Madiba era un democratico naturale, una cosa piuttosto inusuale in Africa.”
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