Il settore della pesca in Italia è sempre più in crisi, in particolare nell’Adriatico. A Cesenatico sono sparite perfino le vongole, e con esse sta sparendo anche la pesca a strascico.
di Chiara Arroi
«Potevo scegliere se girare il mondo con le navi o fare il pescatore. Scelsi la seconda opzione. Avevo ventidue anni, una ragazza in dolce attesa, camera e cucina e null’altro. Così cominciò la mia vita in mare. Ma allora la pesca pagava. Si pescava, si guadagnava e, in pochi anni, mi sono comprato una barca e una casa. Oggi la situazione non è più la stessa. La pesca, soprattutto quella che faccio io, non paga più». Nevio Torresi, pescatore della marineria di Cesenatico, va in mare quattro giorni a settimana, a bordo di Federica II, il suo peschereccio. Parte la sera, e rientra la mattina seguente, alle dieci. Pratica la pesca a strascico, la tipologia di pesca che, negli ultimi anni, nell’alto Adriatico, sta registrando una crisi, tra le più profonde. Nella sua zona, scampi e merluzzi sono quasi scomparsi, le vongole non crescono più, i costi aumentano e molte, tra le imprese di pesca artigianale, sono in perdita.
Cesenatico è una cittadina sulla costa romagnola, vive di pesca e turismo. Mario Drudi, della Cooperativa pescatori, spiega che «la marineria di Cesenatico è costituita da un centinaio di piccole e medie barche per la pesca. Più della metà, oggi, sono in grande difficoltà. Non hanno sufficiente reddito, per la sostenibilità dell’impresa e dei suoi addetti. Di questi cento pescherecci, quaranta praticano la pesca a strascico, per intenderci, quella che cattura la maggior parte del pesce consumato e di pregio: merluzzo, gamberi, rombi. Questo è il settore che sta soffrendo di più. Poi ci sono anche le barche per la pesca delle vongole, circa una quindicina. Queste sono, a conti fatti, inattive dal 2013, perché stiamo registrando un fenomeno allarmante: mentre una volta le vongole potevano morire a causa della presenza di alghe, ora non muoiono, ma non crescono neanche. Non riescono a raggiungere la taglia minima, venticinque millimetri, per poter essere commercializzate. Le vongolare, quindi, sono ferme».
«Perché sta avvenendo questo? Cosa sta succedendo alla nostra marineria e al nostro mare? Stiamo, seriamente, iniziando a porci delle domande, perché i nostri pescatori devono, ogni giorno, combattere con problematiche che sembra non abbiano, al momento, una via d’uscita. Innanzitutto il grande problema è la mancanza di risorse ittiche. Il mare Adriatico, nella fascia romagnola, non ha più pesce. Stanno scomparendo molte specie. Ed è un fenomeno tutto romagnolo. Perché nel basso Adriatico, nelle Marche, già si pesca di più. Poi, senza dubbio, le politiche comunitarie degli ultimi anni, hanno contribuito ad aggravare la nostra situazione. Perché non hanno tenuto conto delle peculiarità dei Mari, paragonando i grandi mari del Nord e l’oceano Atlantico al Mediterraneo. Il mare Adriatico è piccolo e poco profondo, non può essere normato allo stesso modo dell’Atlantico», afferma Drudi.
Soprattutto per la pesca a strascico, infatti, l’Unione europea ha consentito l’accorpamento delle licenze e delle potenze. In altri termini, da cinque barche con un motore di cento cavalli, si poteva mettere in circolo una sola imbarcazione con un motore da cinquecento cavalli. Questo ha permesso l’entrata, in bacini molto piccoli, come il mare Adriatico, di pescherecci grandi e potenti, con tutta un’altra capacità di pesca.
«Le grandi barche sono state una rovina», spiega Torresi, «pescano in continuazione. Sfruttano il mare ventiquattro ore al giorno, pensano solo ad economizzare. Hanno letteralmente sovra sfruttato le nostre acquee. Escono anche in condizioni meteo proibitive, noi non possiamo. Vanno oltre le miglia cui ci spingiamo noi. Anche gli incentivi per le demolizioni hanno portato, soltanto, ad un potenziamento delle imbarcazioni. Il risultato di tutto questo, è stata l’alterazione dell’equilibrio tra lo sforzo di pesca e la capacità riproduttiva e produttiva del mare».
Il regolamento Ue del 2006, inoltre, ha previsto un allargamento delle maglie delle reti da pesca. Anche questo è un problema per i pescatori dell’Adriatico, a rischio di essere sanzionati sul piccolo pescato, tipico di questo mare.
«Uscendo dalla rete delle politiche europee, abbiamo anche un grave problema in casa, che incide negativamente sulla nostra pesca», spiega Mario Drudi. «Nel 2009, a Porto Viro, in Veneto, è entrato in funzione un rigassificatore, nel Parco del Delta del Po. Questo impianto funziona a ciclo aperto e, nel processo di trasformazione del gas, dallo stato solido a quello liquido, preleva, ogni ora, ventinovemila metri cubi di acqua, restituendola al mare a una temperatura di quattro gradi in meno rispetto alla temperatura ambiente e, sostanzialmente, sterilizzata. Priva,cioè, di forme di vita e nutrienti. Lei moltiplichi questa quantità d’acqua per ventiquattro ore al giorno, per tutto l’anno: è pari alla portata d’acqua del Po in Adriatico. Ed è spaventosa la coincidenza temporale tra l’entrata in funzione dell’impianto e la carenza di pesce e la mancata crescita delle vongole nella nostra fascia. A questo punto vogliamo delle risposte,anche a questo. A tale scopo ci sono state interpellanze parlamentari e interrogazioni in Regione».
Sono tanti i tasselli che, ricostruiti, restituiscono un quadro allarmante per l’economia della pesca a Cesenatico. Le normative Ue, la carenza di pesce, l’aumento dei costi di produzione per le piccole imprese, la possibile incidenza del rigassificatore di Porto Viro, la messa in circolazione delle grandi imbarcazioni, il sovra sfruttamento del mare.
Tutti gli anni è previsto il fermo della pesca, per quaranta giorni, da fine luglio a settembre. Questo per salvaguardare l’ambiente marino e permettere il ripopolamento delle acque. Per come è stato praticato, si è comunque rivelato inadeguato, secondo Nevio Torresi. «Attualmente, dopo il fermo, per i due mesi successivi, sono previste settantadue ore di pesca, distribuite su tre giorni. Bisognerebbe, invece, poter fare sessanta ore di pesca, distribuite su quattro giornate. Questo consentirebbe di avere un minore prelievo di risorse, maggiore resa di vendita sui mercati e, soprattutto, più turni di riposo, sia per noi pescatori, che per il pesce. Perché anche il pesce ha bisogno di riposare. Poi nel resto dell’anno, le ore settimanali dovrebbero essere, al massimo settantadue».
Torresi sta registrando, negli ultimi anni, una riduzione allarmante del pescato: «Circa il cinquanta per cento in meno. E non solo. Non c’è neanche margine di guadagno. La barca ha i suoi costi, carburante, manutenzione, la manodopera. E hai fortuna se non ti succede qualcosa di grave alla barca, perché se capita, vai sotto. Questa non è solo la mia condizione, è una situazione generale. A parte i mesi successivi al fermo della pesca, da settembre a novembre, che si guadagna, per il resto dell’anno cosa fai? Io mi sono inventato la pesca turismo, porto in mare la gente. È un modo per andare avanti».
«Arrivati a questo punto, dobbiamo rimetterci tutti in discussione e farci domande serie. Perché la situazione è, ormai, insostenibile. Gli addetti alla pesca faticano ad arrivare a mille e cento euro lordi al mese e, spesso, hanno bisogno dell’integrazione al minimo garantito, da parte dell’armatore. Da parte sua, l’armatore non ha più guadagno, ha dei costi di manutenzione e riparazione della barca alti, il carburante, le tecnologie a bordo. Quasi tutte le piccole e medie imprese che fanno pesca a strascico, nella nostra marineria, sono in perdita».
Un mestiere usurante e duro, quello del pescatore. Tutta la notte in mare, senza dormire, le mani nell’acqua gelida in inverno. Sigarette e caffè per tenersi svegli. La preoccupazione della sfida, ogni volta che si cala la rete e si prega il mare, affinché possa riempirsi di pesce.
Alla domanda, ma chi te lo fa fare, cosa ti spinge a continuare, Nevio mette da parte, per un po’, lo sguardo stanco e arrossato, dopo una notte in barca e il rientro alle sei di mattina. Sorride e gli occhi si illuminano: «Tu lo sai quante aurore vedo dal mare, con il mio lavoro? Tutti i giorni. Sono uno dei fortunati che vede le aurore. Le sensazioni che ti dà il mare sono indescrivibili. Per questo lo dobbiamo proteggere, è un bene comune, di tutti e va salvaguardato, a tutti i costi».
«In tutta questa situazione, i nostri giovani, ormai, non continuano più con la pesca, la stanno abbandonando. Come biasimarli. La cultura del mare sta venendo meno, si sta perdendo l’amore per il proprio mestiere che, per noi, artigiani della pesca, è fondamentale. Io sto lottando per mantenere la nostra marineria tradizionale e artigianale, per far sì che l’armatore sia ancora il pescatore, per non cedere al metodo industriale di pesca, che è distruttivo. Voglio tramandare l’amore per il mare. Questa è la mia battaglia come pescatore e come presidente dell’Associazione tra cielo e mare.
PROSEGUE LA LOTTA AL CARO GASOLIO… e adesso tocca a Voi:
Il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto approva la sperimentazione del Programma “Mare Team” di Anapi Pesca per unità da pesca operative con motore Diesel modificato in Dual Fuel alimentato da Gasolio e Metano.
Il Programma “ MareTeam” di Anapi Pesca, presentato il 17 e 18 novembre 2012 nel Porto di Porticello di Santa Flavia in Provincia di Palermo nell’ Accordo di Sviluppo 2012 del Dipartimento Pesca della Regione Sicilia, ha ricevuto l’ Atto U.0051276 del 31.05.2014, posto al Registro Ufficiale del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, con cui il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Reparto VI – Uff. II – Sez. 1 Sicurezza della Navigazione ha formalizzato all’Anapi Pesca il parere favorevole all’avviamento della sperimentazione in mare del suddetto Programma Mare Team, finalizzata all’ emanazione di concerto con il Rina. dell’ apposito Regolamento Tecnico per l’applicazione del Dual Fuel sulle unità da pesca inferiori e superiori ai 24 metri.
Gli Armatori e i Proprietari, che volessero prenotarsi gratuitamente per partecipare al Programma “Mare Team” di Anapi Pesca con azioni collettive nella loro Regione, possono inviare domanda all’indirizzo e-mail presidenza@anapipesca.it o al fax n. 0697259353 specificando i propri recapiti, licenza di navigazione e porto di appartenenza dell’unità da pesca.
Vi ricordiamo
Il Sistema Diesel Dual Fuel era stato montato e messo in funzione dall’Anapi Pesca a Porticello in due giorni su una unità da pesca a strascico in esercizio, dotata di un motore 480 hp diesel in uso da 20 anni testata con consumi di 50Litri / ora e con prezzi a novembre 2012, risultato :
1 ) alimentazione solo a Gasolio : costo di € 42,50
2 ) alimentazione Dual Fuel Gasolio + Metano : costo di € 21,75
Esaurito il metano il motore diesel continua a funzionare come prima, alimentato solo dal gasolio.
Il costo del sistema Diesel Dual Fuel testato per motori a 4-6-8 cilindri rientra nel de minimis e si ammortizza in una o due stagioni di pesca, in funzione delle motorizzazioni.
Il sistema Diesel-Dual Fuel trasforma un vecchio motore a gasolio, mediante un’applicazione semplice e reversibile, in un motore alimentato da una miscela di gasolio e metano con il risultato di abbattere il costo del carburante, l’usura del motore e dei lubrificanti e, rendendolo conforme alle normative europee, di ridurne il rumore e le emissioni inquinanti CO2 (- 15% ) Polveri (- 90% ), Idrocarburi Incombusti NMHC (- 90 %) non si vede più fumo.
E’ sufficiente la trasformazione di 30 imbarcazioni per giustificare l’economia dell’ installazione portuale di un impianto autonomo di distribuzione di metano liquido in una marineria.