Non c’entrano nulla i razzi di Hamas né la minaccia jihadista globale, la questione è il possesso della terra palestinese. La vera storia di Gaza che gli israeliani non raccontano.
di Robert Fisk
[Robert Fisk, corrispondente per il quotidiano britannico The Independent, il 9 luglio scorso, a due giorni dall’inizio dei bombardamenti israeliani su Gaza, ha pubblicato questo articolo di cui vi proponiamo la traduzione.]
Ok, il bilancio dei primi due giorni di scambi letali si è concluso 40-0 a favore di Israele. Vediamo ora la storia di Gaza, che nessuno ascolterà nelle prossime ore. Si tratta della terra.
Gli israeliani di Sderot sono sotto il tiro dei razzi lanciati dai palestinesi di Gaza e quindi i palestinesi stanno ricevendo quanto meritato. Chiaro. Ma, un momento: com’è che tutti questi palestinesi – un milione e mezzo circa – sono finiti stipati a Gaza? Ebbene, risulta che una volta, le loro famiglie, vivevano in quel luogo che ora si chiama Israele, e furono cacciati – o fuggirono per salvarsi la vita – quando fu creato lo Stato di Israele.
E risulta anche che – si consiglia qui di prendere un respiro profondo – le persone che vivevano a Sderot, agli inizi del 1948, non erano israeliani ma arabi palestinesi. Il loro villaggio si chiamava Huj e non erano nemici di Israele. Due anni prima quegli stessi arabi avevo protetto dall’esercito britannico i combattenti dell’Haganh ebraica (organizzazione paramilitare ebraica in Palestina durante il Mandato britannico dal 1920 al 1948, ndt.)
Tuttavia, quando il 31 maggio 1948 l’esercito israeliano si stabilì a Huj espulse tutti gli abitanti arabi nella Striscia di Gaza, che si trasformarono in rifugiati. David Ben Gurion (primo Primo ministro israeliano) la definì “un’azione ingiusta e ingiustificata”. Peccato. Ai palestinesi di Huj non fu mai più permesso di tornare sulle loro terre.
Oggi, oltre 6000 discendenti dei palestinesi di Huj – ora Sderot – vivono nella miserrima Gaza tra i “terroristi” che Israele proclama voler distruggere e che sparano razzi contro quella che una volta era Huj. Storia interessante. E lo stesso vale per quanto riguarda il diritto di autodifesa di Israele.
Lo abbiamo sentito di nuovo anche oggi. Cosa accadrebbe se Londra fosse bombardata come lo sono i cittadini israeliani? Non rispondereste colpo su colpo? Certo sì, però noi inglesi non abbiamo oltre un milione di antichi abitanti del Regno Unito bloccati in campi profughi di alcuni chilometri quadrati nei pressi di Hastings.
L’ultima volta che questo ingannevole argomento fu utilizzato è stato nel 2008, quando Israele invase Gaza e uccise almeno 1.100 palestinesi (tasso di cambio: 1.100 – 13). Cosa accadrebbe se Dublino fosse attaccata con razzi?, chiese all’epoca l’ambasciatore di Israele. Ebbene, nella decade del 1970 la città britannica di Crossmaglen, in Irlanda del Nord, fu attaccata con razzi lanciati dalla Repubblica dell’Irlanda, ma non è che la Raf reagì bombardando Dublino e uccidendo donne e bambini irlandesi. In Canada, nel 2008, i filo-israeliani utilizzarono lo stesso fallace argomento. Cosa accadrebbe se la gente di Vancouver o Toronto o Montreal fosse attaccata con razzi sparati dalle sue stesse periferie? Come si sentirebbero? Epperò i canadesi non hanno spinto in campi profughi gli abitanti originari del territorio canadese.
E ora andiamo in Cisgiordania. All’inizio Benjamin Netanyahu disse che non poteva parlare con il “Presidente” palestinese Mahmoud Abbas perché non rappresentava anche Hamas. Dopo, quando Abbas formò un governo di unità (con Hamas), Netanyahu disse che non poteva parlare con Abbas perché si era alleato con i “terroristi”. Adesso dice che parlerà con Abbas solo se rompe con Hamas, ma se lo fa non potrà più rappresentare anche Hamas.
Intanto il grande filosofo della sinistra israeliana Uri Avnery – 90 anni di età e per fortuna va ancora forte – ha richiamato l’attenzione sull’ultima ossessione del suo paese: il pericolo che l’Isis (lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, ndt) lanci un attacco verso ovest dal suo “califfato” sirio-iracheno, per arrivare fino alla riva orientale del Giordano.
E secondo Avnery, Netanyahu ha anche detto che “se non vengono fermati da una guarnigione israeliana permanente di stanza lì (sulla riva del Giordano, ndt.), arriveranno fino alle porte di Tel Aviv.” La verità, naturalmente, è che l’aviazione israeliana schiaccerebbe l’Isis nello stesso istante in cui osasse attraversare la frontiera con la Giordania, dall’Iraq o dalla Siria che sia.
L’importanza di tutto questo, però, sta nel fatto che se Israele mantiene il suo esercito sul Giordano (per proteggere Israele dall’ Isis), un futuro stato di “Palestina” non avrà confini e sarà una enclave di Israele circondata su tutti i lati da territorio controllato dagli israeliani.
“Come un bantustàn sudafriano” dice Avnery. In altre parole, non potrà mai esistere un vero Stato palestinese. Dopotutto, non è l’Isis la stessa cosa di Hamas? Ovviamente no. Però non è questo che abbiamo ascoltato dalle parole di Mark Regev, portavoce di Netanyahu. No, ciò che ha detto a Al Jazeera è che Hamas era “un’organizzazione terroristica estremista non molto differente dall’Isis in Iraq, Hezbollah in Libano, Boko Haram…”. Cazzate. Hezbollah è una milizia sciita che in Siria combatte fino alla morte i musulmani sunniti di Isis, e Boko Haram – a migliaia di chilometri da Israele – non è certo una minaccia per Tel Aviv.
Ma voi avete già captato il concetto. I palestinesi di Gaza – e per favore, dimenticate per sempre i 6000 palestinesi le cui famiglie sono oriunde di Sderot – sono alleati con le decine di migliaia di islamisti che minacciano Maliki a Bagdad, Assad a Damasco o il presidente Goodluck Jonathan ad Abuja.
Andando ancora più al punto: se l’Isis si sta dirigendo verso i confini della West Bank, perché il governo israeliano continua a costruire colonie proprio lì – illegalmente e su terra araba – per i civili israeliani?
Tutto questo non ha a che vedere soltanto con il vile assassinio di tre israeliani in Cisgiordania occupata o con il vile assassinio di un palestinese nella Gerusalemme est occupata. Tanto meno con l’arresto di numerosi militanti e politici di Hamas in West Bank. Tanto meno con i razzi. Come al solito è una questione di terra.
(traduzione di Marina Zenobio]