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A Gaza si continua a morire, diplomazia internazionale paralizzata

Il Centro palestinese per i diritti umani ha reso noto che i civili, bambini compresi, rappresentano l’80 per cento delle vittime degli attacchi israeliani. Tel Aviv: “Non ci fermeremo” (video)

di Marina Zenobio

19 lug carri armati israeliani a Gaza

L’operazione militare israeliana “Barriera protettiva” contro la Striscia è arrivata al dodicesimo giorno, la conta dei morti palestinesi, secondo il ministro della salute di Gaza, è salita a 314 (nome per nome), almeno 2270 i feriti (dati confermati anche dalla tv panaraba Al-Mayadeen con sede in Libano.

Da stamattina si sono registrati vari raid dell’aviazione israeliana in diverse zone della Striscia di Gaza. Sempre da fonti Al Mayadeen risulta anche che sono in corso violenti combattimenti a nord della Striscia con lancio di razzi palestinesi verso Ashod, Gadera e Kiryat Malchi, lanci non particolarmente dannosi, fino ad oggi hanno provocato un morto) ma tengono comunque i civili israeliani sotto la pressione di continui allarmi.

Il quotidiano Haretz scrive che tre soldati israeliani sono stati feriti stanotte in uno scontro a fuoco con i gruppi palestinesi, uno dei quali verserebbe in gravi condizioni. Tel Aviv riferisce di aver attaccato, nel corso della notte scorsa 37 di quelli che definisce “obiettivi”, per un totale di 260 dall’inizio dell’operazione terrestre, e non ha alcuna intenzione di fermarsi.

Il Centro palestinese per i diritti umani con sede a Gaza ha reso noto che i civili, bambini compresi, rappresentano l’80 per cento delle vittime. Stanotte colpi di carro armato hanno colpito una casa a Beit Hanoun uccidendo otto membri della stessa famiglia tra cui i quattro figli di età compresa tra due e tredici anni. Questa mattina si sono sentite forte esplosioni nella zona orientale dove ci sono i campo profughi di al-Maghazi e a Nusseirat (zona centrale della Striscia), dopo che le forze di Tel Aviv avevano ordianto agli abitanti di sgomberare le proprie abitazioni per se non volevano restare coinvolti nei combattimenti. Ma è pratiamente impossibile trovare scampo per i civili palestinesi bloccati nella Striscia. Il ministro degli Esteri iraniano Zarif fa sapere di essere in costante contatto con il suo omologo egiziano. Teheran chiede l’apertura di Rafah per far entrare aiuti umanitari a Gaza, l’unica porta sul mondo per i Palestinesi. Ma la risposta del presidente egiziano Al-Sisi continua ad essere contraddittoria e continua a lanciare duri attacchi ad Hamas.

Oggi nella regione è prevista una inutile missione di Ban Ki Moon che, a parte portare la “solidariertà” dell’Onu sia ai palestinesi che agli israeiani, non ha nessuna speranza concreta di contribuire alla fine de conflitto o, quanto meno, a un cessate il fuoco.

La diplomazia internazionale è praticamente paralizzata, mentre il primo ministro israeliano Netanyahu ha rivendicato il suo “diritto a difendersi” da Hamas, trovando appoggio dal “premio nobel per la pace” nonché presidente Usa Barak Obama. Il movimento islamico continua a rispondere che accetterà una tregua sono quando terminerà l’embargo che da sette anni soffoca Gaza e la sua popolazione.

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