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Verità e giustizia per Genova: l’addio del Comitato

Ci sciogliamo sapendo di non lasciare un vuoto nella tutela della memoria: il Comitato Piazza Carlo Giuliani continuerà a svolgere questa funzione e avrà il nostro pieno, personale sostegno

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foto di Paolo Palazzo

 

 

Il 20 luglio del 2002 nasceva il Comitato Verità e Giustizia per Genova. Un anno dopo i fatti di Genova, alcune delle vittime, testimoni e parenti, diedero vita al Comitato.

Uno degli scopi principali è stato quello di raccogliere fondi per il sostegno alla segreteria legale che per molti anni è stata da supporto a tutti i processi, sia quelli riguardanti i fatti di strada, sia quelli riguardanti le violenze e le torture perpetrate alla Scuola Diaz, alla Caserma di Bolzaneto, sia quelli riguardanti i processi contro i manifestanti accusati di devastazione e saccheggio.

Il comitato ha indetto e partecipato a centinaia di incontri, presidi davanti al Tribunale di Genova, emesso comunicati stampa, fatto tutto quello che è stato possibile, considerato il grande silenzio dei media, il silenzio assenso della maggior parte dei parlamentari, ministri, organi istituzionali, perché quei giorni non fossero dimenticati, perché verità e giustizia emergessero.

Nel frattempo si sono svolti i principali processi conclusi con sentenze della Cassazione. Abbiamo avuto le clamorose condanne di decine di agenti, funzionari e alti dirigenti per i fatti della Diaz e di Bolzaneto: un grande risultato oscurato, ahimè, dalla prescrizione. Tutti i cittadini hanno potuto sapere che in Italia si pratica con disinvolta ferocia la tortura, e molti episodi successivi al G8 di Genova hanno mostrato quanto fossimo nel giusto quando invocavamo la sospensione di tutti gli indagati e un ricambio immediato e solenne ai vertici delle forze dell’ordine, che hanno brillato in questi anni per la loro azione di copertura dei responsabili e di minimizzazione di quanto avvenuto. La maggior parte dei condannati non farà nemmeno un giorno di carcere, molti sono ancora al loro posto, nonostante le condanne.

In carcere rimangono solo alcuni manifestanti, condannati per un reato, quello di devastazione e saccheggio, che è stato utilizzato solo nel dopoguerra. Sono condanne abnormi e profondamente ingiuste. Condanne che rendono amare queste giornate.

Restano aperti i ricorsi alla Commissione Europea dei Diritti Umani per i fatti della Diaz e Bolzaneto e le cause civili.

Oggi, dopo 13 anni da quei giorni, il comitato verità e giustizia per Genova ha deciso di sciogliersi. Riteniamo di aver assolto fino in fondo agli scopi prefissi: testimoniare, documentare i fatti, sostenere le parti civili nei processi Diaz e Bolzaneto, gli imputati nel processo ai 25 manifestanti, gli avvocati che si sono impegnati per tutelarli. Questo scioglimento per noi equivale al compimento della missione che ci eravamo dati. E, in fondo, è quasi un privilegio, se pensiamo a quanti Comitati formati dai familiari delle vittime di stragi e attentati, di morti a causa delle forze di polizia, continuano ad esistere a decenni dai fatti, per via di processi interminabili, di lotte sfibranti contro depistaggi e insabbiamenti.

Ci sciogliamo sapendo di non lasciare un vuoto nella tutela della memoria di Carlo Giuliani e di quanto avvenuto al G8 di Genova: il Comitato Piazza Carlo Giuliani continuerà a svolgere questa funzione e avrà il nostro pieno, personale sostegno.

Ci sciogliamo nella persuasione di avere fatto del nostro meglio, pur essendo coscienti di non avere raggiunto per intero i nostri obiettivi. Un po’ di giustizia è stata fatta, ma molte, troppe ombre restano. Oltre alle pesanti condanne inflitte ad alcuni manifestanti, pesa il mancato processo per l’omicidio di Carlo. Del quale tuttavia sappiamo molte cose, grazie al lavoro della famiglia Giuliani, del Comitato che hanno fondato, degli attivisti e degli avvocati che non si sono mai rassegnati alle tesi liquidatorie del giudice delle indagine preliminari.

Grazie ai genovesi, grazie a Piazza Carlo Giuliani, a supporto legale, alla segreteria legale, agli avvocati, a Reti invisibili e all’Osservatorio sulla repressione, alle centinaia di cittadini italiani che, caparbiamente, hanno continuato a chiedere insieme a noi, verità e giustizia, a tutti quelli che in questi lunghi anni ci hanno sostenuto ed accompagnato.

Concludiamo con un appello, alla società civile, ai cittadini ed alle cittadine che sono qui oggi, a tutti quelli che hanno a cuore la democrazia e la tutela dei diritti civili nel nostro paese:

Nel 2003 abbiamo lanciato, insieme all’Arci e al Comitato Piazza Carlo Giuliani, l’appello Mai più come al G8, abbiamo raccolto migliaia di firme e presentato questo appello al Senato, sono passati 11 anni, ma le nostre richieste di allora non hanno avuto ancora alcuna risposta da parte del Parlamento, nonostante il susseguirsi di governi di svariato colore. Riteniamo tuttora urgenti le istanze da noi promosse allora.

Mai più come al G8:

-istituire una Commissione di inchiesta parlamentare che faccia luce sulle modalità complessive della gestione dell’ordine pubblico durante il Vertice G8 di Genova e del Global Forum di Napoli;

– consentire l’identificazione del personale delle forze dell’ordine in servizio di ordine pubblico, stabilendo l’obbligo di utilizzare codici identificativi sulle uniformi

– programmare un costante aggiornamento professionale delle forze dell’ordine ed attività didattiche finalizzate a promuovere i principi della nonviolenza, una coscienza civica e una deontologia professionale conformi alle loro funzioni difensive e nonviolente

– escludere l’utilizzo, nei servizi di ordine pubblico e comunque dalla dotazione del personale delle forze dell’ordine, di sostanze chimiche ed incapacitanti

– adeguare il nostro ordinamento alle convenzioni internazionali in materia di diritti umani introducendo il reato di tortura.

Sono parole di undici anni fa e sembrano scritte oggi. Perché niente è cambiato.

Perché le istituzioni hanno girato lo sguardo altrove, anche di fronte alle clamorose sentenze Diaz e Bolzaneto, in modo che giudichiamo irresponsabile. Perché le forze politiche parlamentari hanno fallito, rendendosi responsabili dell’arretramento della democrazia italiana in questi anni. La stessa legge sulla tortura, approvata in prima lettura al Senato, è una legge sbagliata nei suoi fondamenti, lontana dai parametri fissati in sede di Nazioni Unite, frutto di un mediazione al ribasso – che giudichiamo del tutto inopportuna – con vertici delle forze dell’ordine che hanno dimostrato una grave distanza culturale e morale dai canoni di una seria democrazia.

Ci sciogliamo, ma non demordiamo: continueremo, come singoli individui, a fare del nostro meglio, facendo tesoro delle tante cose imparate in questi anni.

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