Cinquantadue anni di guerra d’indipendenza da parte dei tuareg. Poi si scopre il petrolio, e in Mali accade di tutto. Prima un colpo di Stato, poi l’arrivo di Al Qaida, infine l’occupazione da parte della Francia, di altri Paesi europei (tra cui l’Italia) e degli Stati Uniti.
di Franco Fracassi
Un milione e duecentomila chilometri quadrati, di cui la metà di deserto del Sahara, ricchi di fosfati, oro, uranio, ferro, bauxite, manganese e sale. Poi, nel 2006, la sventura della scoperta del petrolio. Il nord del Mali è da cinquantadue anni in guerra, ma da quando si è venuto a sapere della presenza del greggio il conflitto si è esteso a tutto il Paese e, successivamente, si è internazionalizzato. Il governo che ha preso il potere con un colpo di Stato, l’ex presidente costretto alla fuga, i tuareg, i guerrieri della jihad islamica, e poi la Francia, la Spagna, il Regno Unito, la Danimarca, il Belgio, il Canada, l’Italia, la Germania, l’Unione africana e gli Stati Uniti (soprattutto gli Stati Uniti). Un quasi tutti contro tutti, anche se apparentemente gli unici tre attori isolati sono il governo golpista, i tuareg e Al Qaida.
Come per tante altre guerre, in Italia se ne parla solo quando rapiscono qualche turista intento ad attraversare il Sahara, nonostante il nostro Paese sia parte attiva nel conflitto.
In realtà, il Mali è uno Stato fittizio, i cui confini sono stati creati artificialmente dalla Francia colonizzatrice. La metà settentrionale (e desertica) del Paese è abitata dai tuareg, che dal 1962 si battono per la nascita dello Stato dell’Azawad (Movimento per la liberazione dell’Azawad, o Mnla).
La scoperta del petrolio ha sparigliato le carte. Dal confine nord con l’Algeria entra in Mali il gruppo al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi), che ha destabilizzato con la sua violenza il conflitto stagnante nel nord, favorendo un colpo di Stato nella capitale Bamako.
L’Aqmi è una costola della jihad algerina del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, responsabile di stragi e massacri di interi villaggi. Prove scritte e testimoniali hanno dimostrato lo stretto legame tra i salafiti algerini (e quindi quelli del Mali) con alcuni settori delle forze armate algerine e, soprattutto, con la Cia, che li ha addestrati ed armati.
Nel 2006 si era nella fase ascendente della guerra al terrore lanciata dal presidente statunitense George Bush. Secondo quanto emerso, la campagna mondiale contro il terrorismo aveva come scopo l’impossessarsi delle risorse energetiche dei Paesi accusati di ospitare Al Qaida da parte degli Stati Uniti, specialmente in Africa, utilizzando le milizie jihadiste come testa di ponte per giustificare il successivo intervento armato Usa. Il Mali non ha fatto eccezione.
Al momento sono presenti in Mali quattromila soldati francesi, 1.750 militari dell’Unione africana, elicotteri e aerei di Spagna, Regno Unito, Danimarca, Belgio, Canada, Italia, Stati Uniti e Germania e un numero imprecisato (corrispondente giornalistiche parlano di migliaia) di mercenari statunitensi, agli ordini del Pentagono. Gli sfollati sono oltre centomila e negli ultimi due anni sono stati uccisi più di diecimila civili.