Errori del governo indonesiano hanno creato una vera e propria bomba religiosa, esplosa quindici anni fa. Nelle Molucche cristiani e musulmani si massacrano e vengono massacrati dal governo. Chiese e moschee date alle fiamme, villaggi distrutti, cadaveri senza testa. E quel gruppo legato ad Al Qaida…
di Franco Fracassi
Una città cristiana nel mezzo di un’enorme isola abitata unicamente da musulmani, di cui una parte jihadisti. Laggiù dove scorrazava la giunca di Sandokan e del suo amico fraterno Yanez. Dal 1999 nella zona nord dell’isola di Sulawesi è in corso una vera e propria guerra civile tra estremisti islamici e governo e continui pogrom ai danni dei cristiani. In quindici anni le vittime sono state ottantacinquemila e oltre mezzo milione di persone si sono trovate senza casa. Villaggi rasi al suolo, chiese e moschee bruciate, cadaveri senza testa. Il conflitto in scena in quest’angolo di Indonesia è uno dei più feroci del paneta.
Tutto iniziò nel 1969, quando il governo di Giacarta decise di deportare decine di migliaia di musulmani dalla regione di Aceh, nella parte occidentale dell’isola di Sumatra, a Sulawesi. Aceh è una provincia a maggioranza cristiana, e molti musulmani avevano iniziato a sfogare la loro rabbia contro la dittatura prendendosela proprio con i cristiani. Per evitare massacri di civili, il governo peggiorò la situazione, creando le basi per la futura nascita di un movimento estremista islamico: Laskar Jihad, parte della galassia di Al Qaida. Duemila miliziani provenienti da ogni angolo dell’arcipelago delle Molucche, che il governo cerca di contrastare anche con la messa in campo di squadroni della morte.