Nei sessantasette anni di guerra in Kashmir non è mancato nulla: cinque guerre tra tre eserciti diversi, cinque organizzazioni terroristiche, pogrom religiosi, tortura, oppressione della popolazione. In una terra priva di particolari risorse naturali, si combatte solo per una questione di nazionalismo.
di Franco Fracassi
Mettete nella stessa regione montagnosa dell’Himalaya musulmani, indù e buddhisti, mettete intorno tre Paesi con la politica imperialista come India, Pakistan e Cina e avrete il Kashmir, con la sua guerra lunga sessantasette anni. Prima è stata una questione di eserciti. Poi è diventato anche un problema di terrorismo. Non si è mai combattuto per impadronirsi di risorse particolari. Il Kashmir è tutta una questione di nazionalismo.
La guerra iniziò nel 1947, con l’annessione del Kashmir orientale all’India. Al termine della dominazione britannica nacquero l’India e il Pakistan. Inoltre, ai 562 principati venne data la possibilità di scegliere se entrare a far parte di uno dei due Paesi e costituire Stato a sé. Il Jammu e Kashmir era di gran lunga il principato più grande. La maggioranza della popolazione era musulmana il principe indù. La decisione di restare autonomo portò alla nascita di movimenti islamici che spingevano per l’annessione al Pakistan , con l’aiuto del Pakistan stesso. Il principe sentendosi in pericolo chiese aiuto a Nuova Delhi, siglando l’annessione all’India.
La prima guerra indo-pachistana cessò nel 1948, con la divisione del Kashmir in due, l’ovest entrava a far parte del Pakistan, l’est dell’India.
Nel 1962 fu la volta della Cina nel rivendicare una parte del Kashmir. Pechino mosse guerra all’India, vincendola. Potè, quindi, annettersi la parte nord della regione.
In seguito ci furono altre tre guerre tra India e Pakistan, nel 1965, nel 1971 e nel 1999. Tutte risoltesi con un nulla di fatto. Da allora i confini non sono più cambiati.
Nel frattempo, però, la regione era stata sconvolta dalla guerra in Afghanistan. Grazie all’aiuto della Cia e del servizio segreto pachistano (Isi) nacquero unità di combattimento fondamentaliste islamiche (conosciuto come Al Qaida), che presto si trasformarono anche in formazioni terroristiche.
Islamabad cercò immediatamente di utilizzare i mujaheddin in funzione anti indiana in Kashmir. Nacquero il Fronte per la liberazione del Kashmir, l’Harkat ul Mujaheddin, il Lashkar e Taiba, il Jaish e Mohammed e l’Harkat ul Jihad al Islami. Tutte formazioni jihadiste, diretta emanazione dell’Isi. Alcune di queste si muovevano (e si muovono) in territorio pachistano, altre in territorio indiano.
Oggi è in corso una guerra a bassa intensità. Sia il Kashmir indiano che quello pachistano sono fortemente militarizzati e vigono leggi speciali. Nel versante indiano, poi, ci sono continui attentati e frequenti sommosse popolari. Ogni qualche mese, poi, avvengono massacri di centinaia di musumani e, di conseguenza, massacri di centinaia di indù.
Inoltre, secondo i frequenti rapporti redatti dalle Nazioni Unite, per stroncare il dissenso interno (e il terrorismo) il governo di Nuova Delhi compie arresti indiscriminati, tortura i detenuti e commette in continuazione abusi di violenza sulla popolazione di religione islamica.