Dopo l’uccisione del piccolo colono, colpito ieri dalle schegge di un razzo di Hamas, violenti bombardamenti su Gaza hanno cancellato una famiglia, compresi due bambini. Trattative al palo.
La risposta per l’uccisione, ieri, del bambino israeliano di 5 anni colpito nel Neghev occidentale dalle schegge di un razzo sparato da Hamas, è arrivata questa mattina all’alba, quando “Margine Protettivo”, l’operazione militare di Tel Aviv contro la Striscia di Gaza è entrata nel suo 47esimo giorno. 11 raid israeliani, concentrati soprattutto al centro di Gaza, sul quartiere di al-Zawayda, hanno provocato la morte di 5 membri della stessa famiglia, tra cui due bambini di 4 e 3 anni, la famiglia Dahrouj non esiste più. Sale così a 2.098 il numero totale dei morti dall’8 luglio, 10.500 i feriti, per la maggior parte civili, secondo dati Onu.
Nonostante la situazione sul terreno sia tragica e quella sul tavolo del negoziato in stallo, l’agenzia Nena News riporta che la delegazione palestinese continua a premere per un cessate il fuoco, continuando a chiedere a fine dell’embargo a Gaza e libertà di movimento per persone e beni dentro e fuori la Striscia, riapertura del porto e aeroporto. Richieste a cui Israele neanche risponde e non risponderà finché non saranno accettate le sue condizioni, la demilitarizzazione di tutte le fazioni presenti a Gaza, solo allora, dicono a Tel Aviv, potranno tornare a trattare una tregua.
Ieri a muoversi sono stati i due leader di Hamas e Fatah. Khaled Meshaal e Mahmoud Abbas, dal Qatar dove si sono incontrati, hanno fatto appello congiunto alle Nazioni Unite perché prepari una sorta di scadenzario dell’occupazione israeliana dei Territori, ovvero un programma temporale da seguire per porre fine all’occupazione militare. Per ora i governi occidentali si stanno limitando a premere per una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che preveda un cessate il fuoco duraturo e la fine dell’assedio: una bozza presentata dalla Giordania è in lavorazione, sul tavolo dei 15 membri permanenti, ma non piace a tutti, Stati Uniti in primis.
Nella tarda mattina di oggi, il presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, si è incontrato con il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi. Nel corso di una confernaza stampa Abbas ha dichiarato che: “Tutte le parti devono assumersi la responsabilità di fermare il bagno di sangue e arrivare a un cessate il fuoco duraturo”. Dopo il suo appello allo stop alle ostilità, rivolto a Hamas e non solo a Israele, Abu Mazen ha sottolineato d’aver discusso col presidente egiziano “le modalità per invitare il prima possibile israeliani e palestinesi a riprendere i negoziati”.
Intanto l’infiammata dei nuovi raid israeliani non fa che peggiorare la già gravissima crisi umanitaria nella Striscia di Gaza. Negli ospedali non c’è più spazio, medicine e materiali sanitari scarseggiano. Secondo l’Onu sono 3 mila i bambini feriti e almeno mille riporteranno gravi disabilità, quasi 2 mila gli orfani e 373 mila con urgenti necessità di supporto psicologico.
Anche i rifugi Onu ormai fanno fatica ad accogliere i 435 mila sfollati, circa un terzo della popolazione gazawi, tanti altri stanno dormendo tra le macerie delle loro case. Cibo e acqua non bastano, i servizi igienici sono quasi inesistenti e il rischio di focolai di malattie sempre più alto.
Ieri i palestinesi della Cisgiordania hanno manifestato in solidarietà con Gaza. Cortei si sono sviluppati a Betlemme, Beit Iksa (Gerusalemme), Al Ma’sara, e Kufr Qaddum. Si sono verificati scontri, la polizia israeliana oltre a sparare gas ha sparato pallottole vere, due i palestinesi feriti.