Per la prima volta volta dopo oltre 50 anni l’Italia è in deflazione. Ma che cos’è la deflazione, cosa la provoca e, soprattutto, che insidie nasconde?
di Mirna Cortese
Per la prima volta volta dopo oltre 50 anni, dal settembre nel 1959, quando allora però l’economia era in crescita, l’Italia è in deflazione. Lo conferma l’Istat riportando che ad agosto l’indice dei prezzo in calo, su base annua, è stato del meno 0,1% , rispetto allo +0,1% dello stesso mese dello scorso anno. E i prezzi calano in 15 grandi città: Potenza, Reggio Emilia e Padova (-0,1%); Roma, Perugia, Bologna e Genova (-0,2%); Bari, Trieste, Firenze e Milano (-0,3%); Livorno (-0,5%); Torino (-0,6%); Verona (-0,7%); e Venezia (-0,8%).
Dati che, secondo l’Istat, vanno di pari passo con lo scivolone della produzione industriale. Tengono solo il settore dei mezzi di trasporto, che chiude in positivo (+2,9%), i comparti della fabbricazione di computer, prodotti di elettronica-ottica (+4,8%), della produzione di prodotti farmaceutici (+3,0%) e dell’industria alimentare (+2,3%). Invece forti cali si registrano per le apparecchiature elettriche e per uso domestico non elettriche (-13,9%), nonché per la fabbricazione di coke-prodotti e petroliferi raffinati (-10,1%). Flessioni significative riguardano anche i comparti del tessile (-5,9%), dei macchinari (-2,8%) e della metallurgia (-2,1%).
La causa principale della deflazione sta nella caduta della domanda, è l’inverso dell’inflazione e i suoi effetti hanno ripercussioni sulla vita quotidiana. Anche se può sembrare premiare il portafoglio di molte famiglie, la deflazione nasconde però delle insidie per le imprese e per il cosiddetto sistema Paese perché, tra gli effetti più macroscopici, provoca una riduzione della produzione e un aumento della disoccupazione.
Quando si dice che la deflazione – cioè un generale ribasso dei prezzi – può premiare il portafoglio di molte famiglie, si fa riferimento al moltiplicarsi di sconti e offerte promozionali di merci e prodotti. Ma è un solo un effetto positivo a breve termine, portatore di minacce che spaventano economisti, imprese e consumatori.
La deflazione è provocata dalla caduta della domanda: meno persone fanno acquisti e più i commercianti sono spinti – se non obbligati pur di vendere – ad abbassare i prezzi. Questo, ovviamente porta a meno ricchezza e più disoccupati, perché di fronte ai minori incassi, la prima cosa che fanno le imprese è licenziare; più disoccupati porta a meno consumi, perché un disoccupato consuma meno. Un circolo vizioso che rappresenta, per il Paese, un mix esplosivo, considerando le difficoltà provocate dalla recessione. Una condizione che rende sempre più lontana l’uscita dalla crisi.
La deflazione, quindi, può portare alla lunga a un aumento della disoccupazione, con il conseguente calo di reddito e quindi dei consumi. Meno soldi in giro, anche per le imprese, che, abbassando i prezzi, alimentano la spirale recessiva. Questo finisce per pesare sul Pil e quindi sul suo rapporto con il deficit (le spese non coperte dalle entrate).
E ci mancherebbe solo che i prezzi continuassero ad aumentare. Già così non si compra più nulla, perché nessuno ha soldi.
Vedo un sacco di gente auspcare un rincaro generalizzato dei prezzi, questo sì che sarebbe una bella botta di benessere per tutti!!!
Quando gli economisti scenderanno dalla torre d’avorio delle loro cattedre, capiranno che le loro ricette di laboratorio non funzionano nella vita quotidiana.
Finchè il tutto e certificato da ISTAT e non da qualche ente terzo rispetto al governo, non posso fare a meno di pensare a campagne mediatiche strumentali (magari a future riduzioni dei salari nominali).
Purtroppo la credibilità dei dati istat è prossima allo zero sin dai tempi del change-over e della “inflazione percepita”.