La Procura di Ferrara non archivia le denunce contro il padre del proibizionismo, il segretario del sindacato di polizia e un esponente locale di Fratelli d’Italia. Dissero che la foto di Federico era falsa
di Checchino Antonini
Diffamazione di Patrizia Moretti: avviso di chiusura indagini, a Ferrara, per il noto Giovanardi (il padre della legge proibizionista e incostituzionale sulle droghe firmata con l’indimenticabile Fini), per il meno noto (ma comunque noto) Maccari (il leader del Coisp) e per Balboni, ancor meno noto fuori dalle mura della perla estense, ex parlamentare ferrarese di An, Pdl e ora di Fratelli d’Italia.
L’Acip, l’avviso di chiusura indagini, significa che la procura non archivia e chiederà un rinvio a giudizio, sul quale un Gip dovrà pronunciarsi, per questi tre personaggi legati alla corale offesa nei confronti della famiglia di Federico Aldrovandi nell’ambito della campagna di solidarietà con i quattro poliziotti condannati in via definitiva per l’omicidio del diciottenne ferrarese.
Il Coisp, l’aggressivo sindacatino di polizia guidato da Maccari, è diventato famoso, proprio quel giorno del marzo 2013, per un presidio in Piazza Savonarola, praticamente sotto le finestre dell’ufficio di Patrizia Moretti, la mamma di Federico che fu costretta a scendere in piazza mostrando ai poliziotti la gigantografia di suo figlio dopo il feroce “controllo” di polizia che lo uccise. La foto era stata scattata sul tavolo della Medicina legale. Maccari e Balboni dichiararono alla stampa «affermando, contrariamente al vero, in maniera consapevole e volontaria o comunque senza verificare la fondatezza delle proprie affermazioni che la foto non corrisponde alla verità, che è una falsificazione della realtà (il Balboni) e che la foto esposta dalla Moretti non era stata ammessa in tribunale poiché non veritiera (il Maccari), ulteriormente affermando il Balboni che la Moretti “è venuta con la foto del figlio che come sapete è un fotomontaggio, non p mai accaduto che quel ragazzo fosse in un lago di sangue”». Così, secondo la procura «offendevano la reputazione di Patrizia Moretti, lasciando intendere che la stessa abbia distorto la realtà…».
A loro soccorso, all’epoca, nemmeno Giovanardi si lasciò sfuggire l’occasione di sparlare a proposito di Federico Aldrovandi (lo aveva fatto più volte anche in diretta tv e anche a proposito per Stefano Cucchi) e, alla Zanzara della radio di Confindustria, Radio24, se n’era uscito dicendo che «“quella macchia rossa è un cuscino, non è sangue quello là… l’avevano appoggiato con la testa a un cuscino… non è sangue… ma neanche la madre ha detto che è sangue e neppure lo può dire perché non è così”, ribadendo più volte tale affermazione e chiedendosi in maniera retorica cosa pensi la gente quando vede tale immagine in televisione».
Pochi giorni dopo quel presidio, migliaia di persone scesero in piazza in solidarietà con Patrizia, Lino Aldrovandi e contro la malapolizia. La stessa gigantografia fu srotolata da alcuni attivisti romani nel corso di un presidio analogo del Coisp sotto il ministero di Giustizia.
Un anno dopo sarebbero arrivati gli applausi a scena aperta del congresso nazionale del Sap (ben più importante del Coisp) per i quattro agenti “costretti” a poche settimane di carcere per l’omicidio Aldrovandi.
La memoria è un ingranaggio delicatissimo e la battaglia contro gli abusi in divisa, per verità e giustizia non ammette soste: sabato prossimo Ferrara ricorderà in Piazza Municipale Federico Aldrovandi nell’imminenza del nono anniversario della sua uccisione.