Arriva al cinema la nuova pellicola di Pupi Avati con Riccardo Scamarcio, Cristiana Capotondi e Sharon Stone. Su Popoff la recensione.
Il trailer del film
«Tu e io, insieme, siamo imbattibili». Comincia tutto con un salto da grandi: in alto, nel vuoto, nell’ignoto, nella paura, nella fiducia. Il rapporto tra un padre e un figlio, intendo. Comincia sempre così. Nessuno può sapere come sarà, dopo quel salto. Facile? No, non lo è mai. E cosa accadrebbe se un figlio tormentato, rancoroso nei confronti di un padre bistrattato e sottovalutato –un fallito, in pratica- raccogliesse l’eredità paterna e provasse a ridarle lustro, splendore, spessore, sentimenti?
Se lo chiede Pupi Avati, sulla soglia dei settantacinque; un Pupi Avati che avverte la pressione fastidiosa del tempo e che è pervaso dalla certezza di non aver ancora fatto il film della sua vita. La fretta diventa, dunque, un’alleata (in negativo) indispensabile.
Perché non può che essere colpa della fretta (altro che stelle!). «È morto mio padre, con la sensazione di aver fallito in tutto».
Sì, voglio immaginare che la fretta abbia rovinato tutto. Il soggetto interessante, i personaggi potenzialmente forti, la poeticità e la follia delle scene e dei dialoghi. È stata la fretta, vero? La fretta di concludere un film doloroso da girare, la fretta di liquidare la “capricciosa” Sharon Stone, la fretta di vedere il risultato finale. Non riuscirei a trovare un’altra buona ragione al fallimento di un’opera che poteva dare così tanto, lasciare così tanto, colpire così tanto.
Un ragazzo d’oro sembra una patacca. Un falso, un metallo meno nobile appena indorato superficialmente. Mi ha fatto rabbia veder sprecata così tanta materia prima. Avati c’entra e tanto ma il problema non è della sola regia (una regia, comunque, incapace di sorprendere, di affondare gli artigli nel cuore dello spettatore).
Il problema, anzi, i problemi nascono quando si osservano gli interpreti principali. Sembra di assistere alla processione di figure sbiadite, piatte, assolutamente prive di pathos. Riccardo Scamarcio non sfrutta il suo magnetismo e si accartoccia in un personaggio che non comprende appieno; Sharon Stone si limita a imitare pallidamente se stessa (ma chi l’ha doppiata così?!? Vergogna!); Cristiana Capotondi si accontenta di recitare in maniera slavata, sciatta e senza alcuna originalità. La brillante eccezione è Giovanna Ralli, l’unica in grado di fare il suo mestiere in questa pellicola. Non poteva però fare tutto lei, suvvia. Chissà, forse gli altri erano in pausa caffè.
«Voi siete dell’assicurazione, voi dovreste saperlo se uno, prima di ammazzarsi, urla». I problemi sorgono anche quando una sceneggiatura che poteva scavare a fondo, rivoltare le budella, tirartele fuori e fartele ingoiare di nuovo, una sceneggiatura che poteva suscitare paura (nel senso più ampio del termine che potete immaginare) s’incrina e s’inceppa quasi immediatamente, mandando brutalmente a quel paese la creatività, la poesia, la pazzia.
E la musica non basta a riparare qualcosa di così scassato e approssimato. La musica non basta; e pare una paraculata. Peccato, davvero. «È bello essere matti, ognuno può immaginare quello che vuole». Bene, posso immaginare, dunque, di aver visto un buon film.
«Non mi dire che sei uno di quelli che più un film è di merda e più grida al capolavoro». No, non sono uno di quelli, perciò lo devo dire. E lo farò con le parole del “ragazzo”, non posso resistere. Altro che oro, altro che metallo. Questo film pare «una merda fatta proprio di cacca morta». Non prendetevela a male. Sono matta, ricordate? Posso dire quello che mi pare.
UN RAGAZZO D’ORO
Regia di Pupi Avati
Con Riccardo Scamarcio, Sharon Stone, Cristiana Capotondi, Giovanna Ralli, Cristian Stelluti
Drammatico, 102 min.
Italia, 2014
Uscita giovedì 18 settembre 2014
Voto Popoff: 1,5/5
da vedere se: pensate che Pupi Avati non potrebbe mai deludervi
da non vedere se: : volete dare ancora una possibilità a Scamarcio e alla Capotondi. Questo film la ucciderebbe senza pietà, quella possibilità