Scarpinato è titolare del processo contro il colonnello Obinu e il generale Mori, quello della trattativa Stato-Mafia. E’ stato minacciato. Le istituzioni hanno fatto finta di non vedere. Un sit in a Roma
di Edoardo Bettella
Roberto Scarpinato, presidente della Corte di appello di Palermo, come ogni mattina, qualche giorno fa si è recato in ufficio e, davanti alla sua porta, ha trovato un monito: «Accura», stai attento. È il titolare del processo per il mancato arresto di Bernardo Provenzano, in cui gli imputati sono il colonnello Mauro Obinu e il generale Mario Mori, ex comandante del Ros ed ex direttore del Sisde, imputato anche nel processo sulla trattativa Stato-mafia. Agli inizi di settembre, una lettera anonima senza timbro postale fatta recapitare sulla scrivania del procuratore recitava: «Possiamo raggiungerti ovunque, rientra nei ranghi». Il prossimo 7 ottobre, a Roma, si terrà un sit-in, organizzato da Scorta civica, per sostenerlo e dargli solidarietà.
Le minacce ricevute sembrano voler mettere in guardia il Procuratore generale sul delicato terreno su cui si sta muovendo. «I magistrati di Palermo vengono continuamente minacciati e delegittimati, rimanendo inascoltati. Nessuna delle alte cariche dello Stato, dal Csm al Ministero degli interni, a quello della giustizia, si è mai mostrata solidale con loro, abbandonandoli a qualsiasi rischio di vita», ha dichiarato uno degli organizzatori del sit-in che si terrà il prossimo martedì a Roma.
Scorta civica è un movimento di azione civile che comprende oltre venti associazioni, tra cui Agende rosse, creata da Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, Addio pizzo, Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia), Libero futuro, ContrariaMente, Professionisti liberi e altre, oltre a tanti singoli cittadini e il Comune di Palermo.
È già dal 20 gennaio scorso che Scorta civica ha organizzato un presidio di fronte al Palazzo di giustizia di Palermo, ogni giorno lavorativo, dalle 9 alle 11 del mattino. Il presidio si sposta, nei giorni dell’udienza, all’interno dell’aula bunker in cui si svolge il processo sulla trattativa Stato-mafia.
E Roberto Scarpinato, forse, è uno di quelli che rischia di più. Per capire la situazione che sta vivendo, basta sfogliare il suo curriculum: ha rappresentato la pubblica accusa nel processo a carico di Giulio Andreotti, per il reato di associazione mafiosa. Dal 1989 al 1992 ha fatto parte, con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, del pool antimafia di Palermo. Ha, inoltre, condotto le inchieste sugli omicidi di Salvo Lima e di Piersanti Mattarella.
Memorabili le sue parole, pronunciate nel 2012, in occasione del ventennale della strage di via D’Amelio: «Caro Paolo, stringe il cuore a vedere, talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità, anche personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione stessa di quei valori di giustizia e di legalità per i quali tu ti sei fatto uccidere. Verrebbe da chiedere che almeno ci facessero la grazia di tacere, perché, pronunciate da loro, parole come Stato, legalità, giustizia perdono senso, si riducono a retorica stantia, a gusci vuoti e rinsecchiti».
L’iniziativa di sostegno e solidarietà nei confronti di Roberto Scarpinato è stata organizzata da Scorta civica, ma è aperta a tutti, da liberi cittadini ad associazioni di persone che ritengono fondamentale non far sentire soli i magistrati che si occupano di mafia. Il luogo scelto, il Parlamento, è un simbolo, per denunciare il silenzio istituzionale, che rappresenta la sconfitta più grande, più delle minacce e delle lettere intimidatorie.
L’appuntamento è per martedì 7 ottobre, dalle 16.30 alle 18, in piazza Montecitorio a Roma.