La Svezia è il primo paese dell’UE a riconoscere lo Stato di Palestina. Critiche da Bruxelles e Washington mentre Israele va avanti con l’occupazione di terre in Cisgiordania.
di Marina Zenobio
Il nuovo governo di centro-sinistra, guidato dal primo ministro Stefan Loefven, ha riconosciuto lo Stato di Palestina. Stoccolma è così il primo paese membro dell’Unione Europea a prendere tale decisione, anche se ci sono i precedenti di Polonia, Slovacchia e Ungheria che avevano già riconosciuto lo Stato di Palestina, ma prima di entrare a far parte dell’Unione.
“Il conflitto tra Israele e Palestina può essere risolto solo con la soluzione di due Stati negoziata in conformità con il diritto internazionale – ha dichiarato Stefan Loefven aggiungendo che – Una soluzione di due Stati richiede il mutuo riconoscimento e la volontà di convivenza pacifica”, pertanto la Svezia ha riconosciuto lo Stato di Palestina, tra i mugugni del servizio diplomatico dell’Ue che ha sottolineato: “Abbiamo sempre detto che avremmo riconosciuto lo stato palestinese quando sarà il momento appropriato”, e le critiche di Washington che ha definito quella di Stoccolma “Una decisione prematura”.
La Svezia diventa così il 135mo paese, a livello mondiale, e il primo dell’Europa Occidentale, a riconoscere l’esistenza di uno Stato palestinese.
Nel dichiara la decisione di Stoccolma “prematura”, la portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America e collaboratrice di Barack Obama, Jennifer Rene, ha aggiunto: “Gli Usa sostengono il diritto palestinese ad avere uno Stato, questo però può arrivare solo tramite il negoziato e il reciproco riconoscimento delle parti”. Ma a quale negoziato si riferisca non è dato dato saperlo se, come riporta anche l’agenzia stampa Nena News, l’ultima prova di negoziato sponsorizzato dal segretario di Stato Kerry nel luglio 2013, è miseramente naufragato la scorsa primavera per la palese proprio per la mancanza di volontà di Tel Aviv di fare la benché minima concessione. Poi c’è stata l’aggressione israeliana sulla Striscia di Gaza dell’estate appena trascorsa, e le attuali occupazioni dei territorio in Cisgiordania dove costruire nuove colonie israeliane.
Aggressioni ed espansioni coloniali che dimostrano quanto sia inesistente la volontà di Tel Aviv di permettere la nascita di uno Stato di Palestina, se non costretta da vere pressioni della comunità internazionale. Ma fino a quando la comunità internazionale sarà connivente con l’occupazione della Palestina, Israele avrà tutto l’interesse a rimanere sulle sue posizioni.
L’obiettivo di Tel Aviv è portare avanti il progetto sionista, lo stesso progetto che porta avanti fin dalla nascita dello Stato ebraico, ossia allargare il più possibile il controllo sul territorio, restringendo al minimo gli spazi vitali per il popolo palestinese.
E’ vero, Bruxelles ha criticato il nuovo piano di espansione coloniale israeliana a Gerusalemme Est definendolo “altamente pericoloso” ed ha chiesto a Israele di retrocedere perché “mette in serio pericolo le prospettive di una soluzione a due Stati e fa sorgere dubbi sull’impegno israeliano a negoziati di pace con i palestinesi”. Così come è vero che critiche sono arrivate anche dagli Stati Uniti : “Passi simili – ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest – allontanano Tel Aviv dai suoi più stretti alleati”. Parole alle quali, purtroppo e come la storia sul conflitto israelo-palestinese ci ha insegnato, non seguiranno fatti.