«Fuori la mafia dallo Stato! Fuori lo Stato dalla mafia!». In piazza a sostegno di Scarpinato e degli altri magistrati minacciati dalla mafia, quelli che indagano sui rapporti tra la criminalità organizzata e lo Stato. Davanti al parlamento, Scorta civica e liberi cittadini. Presente anche Alberto Airola, neo eletto capogruppo al Senato per M5s.
di Edoardo Bettella
«Fuori la mafia dallo Stato! Fuori lo Stato dalla mafia!». Piazza Montecitorio, martedì 7 ottobre. Scorta civica ha organizzato un sit in per sostenere Roberto Scarpinato e gli altri giudici minacciati dalla mafia. Dal Palazzo entrano ed escono continuamente parlamentari, funzionari, uomini delle istituzioni. Tutti indifferenti davanti alle parole urlate a pieni polmoni dal piccolo manipolo di persone che denunciano i rapporti tra le organizzazioni mafiose e lo Stato. Quello Stato che essi stessi rappresentano.
Quella di Roma è stata solo una delle tante manifestazioni di solidarietà nei confronti dei magistrati di Palermo (ma non solo), che hanno avuto luogo, contemporaneamente, in diverse città d’Italia. A Milano, Reggio-Emilia, Grosseto, Bari, Cagliari, Oristano, Roma e Palermo, Scorta civica ha portato in piazza chi è indignato dall’assistere al silenzio istituzionale di fronte alle minacce che ricevono i magistrati.
Unite nel desiderio di dare ai magistrati quello che le istituzioni competenti non gli danno, in piazza si ritrovano persone di diverso credo politico, di diversi pensieri e di diverse associazioni. Incarnano la natura stessa di Scorta civica, che raccoglie varie associazioni, tra cui Agende rosse, creata da Salvatore Borsellino, oltre che liberi cittadini. Chiunque può unirsi e partecipare agli eventi organizzati, poiché tutto si programma e si gestisce attraverso i social.
Sara Cinquegranelli, vice referente del gruppo di Agende rosse “Rita Atria e Claudio Traina”, spiega: «Scorta civica è un’iniziativa. Non un gruppo, né un movimento. Siamo in un momento in cui i cittadini, visto che lo Stato non lo fa, devono garantire ai magistrati in pericolo che non sono soli. Continuiamo ad assistere all’assenza di dichiarazioni, di gesti, anche simbolici, da parte di chi dovrebbe non solo proteggere, ma anche incentivare il lavoro dei magistrati che cercano di combattere la mafia».
Perché, ormai, come ha ricordato anche Roberto Scarpinato due anni fa: «Ai ragazzi che non erano ancora nati nel 1992, quando voi morivate, viene raccontata la favola che la mafia è solo quella delle estorsioni e del traffico di stupefacenti. Si racconta che la mafia è costituita solo da una piccola minoranza di criminali, da personaggi come Riina e Provenzano. Si racconta che personaggi simili, ex villici che non sanno neppure esprimersi in un italiano corretto, da soli hanno tenuto sotto scacco per un secolo e mezzo la nostra terra e che essi da soli osarono sfidare lo Stato nel 1992 e nel 1993 ideando e attuando la strategia stragista di quegli anni. Ora sappiamo che questa non è tutta la verità». (Questo il link al discorso competo)
Continua Sara: «Forse proprio perché Stato e mafia sono in qualche modo legati, da parte del Palazzo non arriva nessun tipo di dichiarazione né di risposta. La risposta è solo mediatica. Ma in casi eccezionali: oggi hanno parlato dei nostri sit-in su due telegiornali nazionali, ma è solo per quello che è successo di recente nella Procura di Palermo».
Sono spariti, infatti, dagli archivi video delle telecamere di sicurezza della Procura, i filmati relativi all’episodio accaduto pochi giorni fa, in cui qualcuno si era introdotto nell’ufficio di Scarpinato per recapitargli un messaggio: «Accura», che in dialetto siciliano significa «Stai attento», con accezione altamente intimidatoria.
«Capita che la nostra voce raggiunga gli organi di informazione di massa solo quando succede qualcosa di veramente tremendo, e questo è ancora più agghiacciante. Il silenzio è mafia», conclude Sara. Poi, prende un megafono e, rivolta verso il Palazzo, legge la lettera che Roberto Scarpinato ha dedicato a Paolo Borsellino, in occasione del ventennale dalla strage di via D’Amelio.
Si unisce al sit-in anche Alberto Airola, neo eletto capogruppo al Senato del Movimento 5 stelle: «Il silenzio delle istituzioni è evidente, ed è iniziato dal 1992. Altri magistrati, che non si sono occupati necessariamente di mafia, come Antonio Di Pietro, sono entrati in politica, secondo me, per scappare, per salvarsi. Da una situazione che non riuscivano più a sostenere, completamente abbandonati dallo Stato, che invece dovrebbe essere dalla loro parte».
Sulle attività del Movimento 5 stelle a loro sostegno, Airola dichiara: «Siamo spesso in contatto con le varie associazioni che portano avanti queste battaglie, oltre che presenziare nell’aula bunker del carcere di Rebibbia. Ma, forse, la nostra vera vittoria è stata, in questo gioco di favori, contro favori, conoscenze, piaceri e quant’altro, non esserci resi ricattabili. Siamo riusciti a stare fuori da questo sistema che, come spesso si è visto, tende a risucchiarti».
L’iniziativa non ha colore politico: promuove la legalità, valore universale per qualunque scuola di pensiero. Scorta civica ha frequenti contatti con i pm che si occupano dei rapporti tra mafia e Stato, come Nino Di Matteo e il sostituto procuratore Roberto Tartaglia. Scarpinato è colui che, più recentemente, ha ricevuto palesi minacce. Ma non va dimenticato Totò Riina che, dal carcere, qualche mese fa, ha tirato in ballo Di Matteo, dicendo che va tolto di mezzo. Anche se, a sentire l’informazione italiana, sembra una storia dimenticata o, peggio, la “solita storia”, l’emergenza è concreta e reale.