Una frana causata dal cantiere per il Terzo Valico crolla su un treno. Ferito il macchinista. «Lottare contro il Tav vuol dire denunciare quello che sta accadendo a Genova in queste ore»
di Checchino Antonini
La frana provocata dal disboscamento di COCIV a Trasta per la realizzazione del cantiere del Terzo Valico, il cosiddetto cantiere “Galleria Campasso” in via Castel Morrone, ha bloccato un Freccia Bianca. Ne dà notizia il comitato No Tav Terzo Valico, denunciando l’omertà dei giornali normali. La coltre di terra e detriti, staccatasi dal cantiere, è crollata su quattro vagoni del convoglio FrecciaBianca, ferendo incredibilmente solo il macchinista, causando il deragliamento del treno con la fuoriuscita dai binari di numerosi vagoni. «Se il nostro cuore non stesse lacrimando per la rabbia e la devastazione, ci sarebbe da ridere. I media locali (ilSecoloXIX, Primocanale, Repubblica) che sempre si prodigano nell’infiocchetare le virtù del Terzo Valico-TAV Genova Tortona, evitano di individuare la causa della frana, evitano di dire da dove si è staccata e perchè. Vergognosi, come al solito. Le immagini parlano chiaro, e confermano ancora una volta che la lotta al tav Terzo Valico è giusta e sacrosanta. Lottare contro il TAV- Terzo Valico vuol dire lottare contro tutto ciò che sta accadendo a Genova in questo ore, lottare contro i suoi responsabili e i suoi fautori. Ogni parola delle istituzioni e dei suoi burattini è pura menzogna».
«Di nuovo pioggia, di nuovo lutti, di nuovo danni – scrive a Popoff, Antonio Bruno, capogruppo della Sinistra europea a Tursi –
L’allerta non pervenuta dall’Arpal, i piani di emergenza che esistono sulla carta e, forse, nei social network, l’attenzione spasmodica per opere da oltre 6 miliardi di euro per collegare Fegino a Tortona (già collegate d’altronde), non possono far dimenticarequello che dichiara oggi sulle pagine genovesi di Republbica il presidente dei geologi liguri Carlo Malgarotto (“servono interventi a monte per mitigare la violenza dell’acqua”). Niente di nuovo, a fine degli anni ottanta si prevedeva di costruire negli affluenti del Bisagno dei Bacini di laminazione (piccole dighe che avrebbero ralletnato l’immissione dell’acqua nel Bisagno). Quest eopere, insime al rifacimento (o scoperchiatura) del tratt oterminale del Bisagno e alla riforestazione dei versanti avrebbe potuto essere una risposta economica e rapida alle alluvioni. Invece, i poteri forti hanno scelto la politica dei deviatori – scolmatori dei torrenti, opere costose e, come si vede, nenache iniziate. Non mi piace avere ragione».
Invece al Pd genovese, che ha presentato le sue vive rimostranze a una nostra collega per altri articoli di Popoff sul disastro che ha colpito Genova, non piace stare dalla parte del torto. Ma ci sta.
Dalla sua pagina Fb, lo scrittore noir genovese Bruno Morchio osserva che « In una città come Genova che in vent’anni ha perso duecentomila abitanti e dove il numero di case sfitte è altissimo, si deve smettere di costruire. Nelle vallate bisogna riforestare. Investire e garantire la pulizia dei greti di fiumi e torrenti. La tutela ambientale è la prima, urgentissima grande opera di cui ha bisogno la nostra regione. E il primo che mi parla di Gronda gli sputo in un occhio».