Mentre a Kobane i combattenti kurdi resistono, le truppe turche alla frontiera con la Siria stanno a guardare e all’interno del paese reprimono le proteste kurde. 30 morti e 348 arrestati, 112 sono minorenni. La comunità kurda in Italia chiama: venerdì a Roma presidio.
di Marina Zenobio
Le previsioni la davano per perduta ma ciò nonostante le milizie jihadiste dell’Isis non sono riuscite ad espugnare Kobane, la città siriana ai confini con la Tuchia la cui conquista assicurerebbero allo sedicente Stato Islamico il controllo del nord della Siria. Solo i combattenti kurdi sono rimasti a difendere Kobane in un estrema resistenza che ha fatto arretrare l’esercito jihadista di quattro chilometri, riprendendosi la collina di Tall Shahir e rimuovendo la bandiera nera dell’Isis. L’avanzata delle truppe curde è stata possibile dopo una serie di raid aerei condotti dalla coalizione internazionale guidata dagli Usa, ma l’impresa dei peshmerga è senza dubbio notevole se si calcolano le forze in campo.
Il tutto avviene mentre le truppe turche si limitano a stare di vedetta lungo il confine, perché gli ordini del presidente Erdogan sono di stare a guardare senza intervenire, a meno che l’Isis non tenti di forzare la frontiera della Turchia. L’esercito di Ankara, il più forte della regione e che sulla carta fa parte della coalizione, guarda senza muovere un dito. Anzi sta impedendo l’attraversamento della frontiera ai combattenti kurdi che vogliono raggiungere i loro compagni che resistono a Kobane
Il rifiuto di Erdogan ad intervenire in aiuto dei kurdi di Kobane – riferisce Nena News – è frutto del timore che lungo la frontiera si crei una zona autonoma curda dove il Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan con cui la Turchia è in conflitto da tren’anni, possa installare le sue basi. “Il Pkk non è meglio dello Stato Islamico” ha dichiarato Erdogan, facendo quasi pensare che preferisce i jihadisti ai kurdi.
Dal 6 ottobre in Turchia la comunità kurda sta organizzazione manifestazione pro-Kobane e proteste contro l’atteggiamento del governo turco. Ma Erdogan ci va con la mano pesante e lo dicono i numeri: ad oggi sono stati uccisi 30 curdi e 348 arrestati, tra gli arrestati anche 102 minorenni.
Per protestare contro questo drammatico scenario la comunità kurda, e quanti con essa solidali, hanno indetto un presidio per venerdì 17 ottobre, a Roma, a Largo Argentina.
Riceviamo e volentieri pubblicato il comunicato di UIKI – Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia
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KOBANÊ NON E’ SOLA!
17 ottobre 2014, dalle 16 alle 19 , Presidio/Assemblea a Roma, in Largo Argentina
Dal 15 settembre 2014 l’Isis ha lanciato una grande campagna militare su più fronti contro la regione curda di Kobanê (in arabo: Ayn Al-Arab) in Rojava/nord della Siria. Questo è il terzo assalto di Isis contro Kobanê dal marzo 2014. Gli attacchi a Kobanê fanno parte di un piano generale volto all’annientamento del potere politico dei curdi in Rojava, nord della Siria. Le bande di Isis sono state sostenute in questo dai militari turchi, sia logisticamente sia politicamente. Il piano ultimo della Turchia è “l’occupazione del Rojava Kurdistan”, esercitando pressione internazionale per creare una zona cuscinetto nella regione. La pre-condizione per la creazione di una zona cuscinetto/no-fly zone, è svuotare Kobanê dalle persone. E distruggere l’auto-governo istituito dai curdi nel corso degli ultimi due anni.
Chiediamo di
Disarmare Isis e isolare gli Stati che lo sostengono (Arabia Saudita, Qatar, Turchia)
Aprire immediatamente un corridoio al confine turco che consenta aiuti umanitari e rifornimenti alle forze di difesa kurde delle YPG/YPJ che stanno eroicamente difendendo Kobane
Riconoscere l’autonomia democratica del Rojava (Kurdistan occidentale) in Siria, esempio di autogoverno e convivenza pacifica fra popoli, religioni, culture diverse, contro il totalitarismo di Isis
DIFENDIAMO KOBANÊ!
PACE IN KURDISTAN E PER TUTTI I POPOLI DEL MEDIO ORIENTE!
UIKI – Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia (info.uiki@gmail.com)