Mentre il governo fa la lotta ai poveri, Libera di don Ciotti prova a fare la lotta alla povertà. Nella giornata mondiale contro la povertà parla il coordinatore di Miseria Ladra
di Checchino Antonini
«Senti se ti piace come esempio: stiamo su una nave che imbarca acqua. Dunque, cerchiamo di svuotare lo scafo ma ci rendiamo conto che la falla fa entrare più acqua di quanta tu ed io, da soli, riusciamo a tirarne fuori. Non c’è altra soluzione: qualcuno deve riparare la falla. Voglio dire che è giusto muoversi subito per fare qualcosa di utile ma poi bisogna rimuovere le cause di quell’emergenza». Giuseppe De Marzo è il coordinatore della Campagna “Miseria ladra!», promossa da Libera. Oggi è la giornata mondiale di lotta alla povertà e la campagna promuove un sit in con microfono aperto a Montecitorio con l’adesione di tante realtà del sociale, associazioni di volontariato, studentesche, le cooperative sociali, associazioni cattoliche (dalle 10 alle 18) mentre una staffetta podistica si alternerà tutto il giorno intorno alle strade del Parlamento con gli atleti che indosseranno le maglie con la scritta STOP POVERTA’ e i numeri della crisi. Alle ore 18.00 l’iniziativa proseguirà presso il Sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano, attorno alla Lapide in onore delle vittime della miseria.
Libera prova a gridare ancora alla politica che non è più, se mai lo è stata, l’ora dei tatticismi e che ci si lasci guidare dai bisogni delle persone.
In Italia 3 milioni e 230 mila famiglie, oltre dieci milioni di persone (il 16,6%), sono sotto la soglia di povertà relativa: significa che quei nuclei, se composti di due persone, spendono meno di quanto avvenga nella media pro capite del Paese, cioè 972,52 euro mensili. Per la precisione, la loro spesa media nel 2013 è stata di 764 euro mensili, in calo dai 793,32 del 2012. Un dato che scende nel Mezzogiorno a 744 euro. Ma un altro 7,9% di nuclei, sei milioni di anime, sono sotto la soglia di povertà assoluta e quindi, secondo le definizioni dell’Istat, non riescono a sostenere la spesa minima necessaria per acquistare quei beni e servizi “considerati essenziali per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile”. Vivono con meno di 506 euro al mese e, nel 2008, erano “solo” due milioni e mezzo. La loro percentuale sfiora il 10% (9,9). Significa che un italiano su quattro è povero. E’ la foto di una catastrofe sociale che prende la forma di una nuova questione meridionale.
In tutta Europa si registra un forte aumento della povertà dal 2007 da quando il mantra della crisi è servito a stravolgere i sistemi di welfare. 126 milioni e mezzo di persone vivono in povertà relativa, 43 milioni in povertà assoluta.
De Marzo non ha dubbi: significa che le normative europee, i tagli, i trattati, i memorandum, i patti di stabilità, il fiscal compact, l’austerità, hanno avuto un impatto gigantesco. Mostruoso. E che per contrastare la povertà – ritorna la metafora della falla – non basta agire solo sui territori. Per questo, Miseria ladra, che ha già aggregato un migliaio di realtà del sociale laico e cattolico, ha molto chiaro che la dimensione europea (esiste anche un documento specifico della campagna) è cruciale per riparare la falla mentre i soggetti che lavorano con le vittime della crisi continuano a buttare l’acqua fuori dalla nave.
41 anni, di Bari, De Marzo è approdato a “Miseria ladra!” dopo una lunga esperienza nei movimenti che si battono per la giustizia sociale e ambientale tra il Sud Italia e il Cono Sur dell’America, dal Messico all’Argentina, dall’Ecuador alla Bolivia e fino in Colombia. Suoi punti di riferimento sono la teologia della liberazione e il buen vivir, una prospettiva di cambiamento sociale che si sta affermando in America Latina. Come il fondatore di Libera e del Gruppo Abele, Luigi Ciotti (che 52 anni fa andò a dormire sulle panchine nei parchi di Torino), come il suo conterraneo scomparso, Dino Frisullo, anche De Marzo sostiene che servirebbe meno solidarietà e più giustizia, e che la prossimità è l’approccio fondamentale, dalla solidarietà alla condivisione.
Se la povertà è la perdita di lavoro e la compressione dei diritti, continua a raccontare l’attivista, per combatterla servono nuovo welfare e lavoro, investimenti pubblici nei settori ad alta intensità di lavoro come la riconversione produttiva, ambientale e la produzione di servizi basici come si legge nel manifesto della campagna, con le dieci proposte (ricostituzione del fondo sociale per la non autosufficienza, moratoria dei crediti di Equitalia e bancari per chi è in difficoltà, pagamenti immediati per chi fornisce servizi, beni e prestazioni, agricoltura sociale, riconversione ecologica delle attività produttive attraverso i tagli alle spese militari, alle grandi opere inutili e abolizione dei Cie) che De Marzo ha portato in 103 città dal primo agosto dello scorso anno quando Libera ha varato Miseria ladra. Lui lo chiama il giro dell’Italia di sotto.
Ma le 10 proposte non bastano, per rimuovere le cause di questa escalation di povertà va rinegoziato il debito (come già avvenuto nel “suo” Ecuador) e, all’Ue viene chiesta, assieme ai partner dell’European antipoverty network, una direttiva vincolante sul reddito minimo, il 60% del reddito mediano per chi cerca un lavoro. Solo Italia, Ungheria e Grecia non prevedono ancora una misura del genere. Ma, a proposito di maglie nere, il nostro paese detiene anche quella della povertà minorile – un milione i bambini poveri – e della dispersione scolastica con il 17,6% che al Sud schizza perfino al 23%.
Questa crisi ha favorito le mafie? si domanda De Marzo. E si risponde anche, ricordando che da tempo si parla di welfare camorristico, di “salario minimo” ‘ndranghetistico, a proposito della capacità di attrazione che le cosche, sempre più contigue alla politica, possono esercitare nella catastrofe del neoliberismo. Dice ancora che andrebbero confiscati i beni anche ai corrotti e immagina una casa-famiglia, ad esempio, in quell’appartamento vista Colosseo che Scajola possedeva a sua insaputa. O, ancora, un centro per i ragazzi nel Salaria Sport Village sequestrato in seguito all’inchiesta sugli appalti per i grandi eventi.
Quello che da tempo sostiene don Ciotti, fondatore di Libera e del Gruppo Abele, è in defintiva che la povertà è illegale e incostituzionale. Non è un virus che si prende in stazione, nemmeno un karma delle vite precedenti. Miseria ladra l’ha verificato confrontandosi con economisti e giuristi (solo per citarne alcuni Mattei, Prosperi, Maddalena, Brancaccio) che hanno confermato quanto la Carta fondamentale preveda l’intangibilità della dignità umana. Perciò è un problema di democrazia, visto che sono i diritti a produrre giustizia e dignità.
La campagna funziona negli spazi pubblici che è riuscita ad aprire in ciascuna delle “città di sotto” assieme ai soggetti sociali che lavorano con le vittime della crisi, il parroco, le associazioni, le famiglie, le cooperative, i contadini. Miseria ladra interroga i suoi stessi protagonisti, insegna loro che la crisi non è solo economica ma morale, promuove la partecipazione (altro cardine della Costituzione) “da sotto”, secondo un modello orizzontale. La campagna vuole unire quel campo, fornirgli obiettivi e favorire pratiche.