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Venezia, si fa avanti Casson ma la sinistra è divisa

Felice Casson, ex pm anticorruzione e deputato Pd che non ha votato la fiducia a Renzi, si  candida alle primarie. Rifondazione ci sta, Sel veneziana non lo vuole

da Venezia, Enrico Baldin

Il Pd veneziano, uscito fortemente ridimensionato dalle recenti vicende giudiziarie, ha indetto le sue primarie per novembre e, tra gli altri, non pare remota l’ipotesi di una candidatura del senatore Felice Casson, ex magistrato che non ha votato la fiducia al governo mercoledì scorso e che si è autosospeso dal gruppo in polemica con la scelta del suo partito di proibire l’uso delle intercettazioni per l’alfaniano Azzollini nell’ambito di una inchiesta su una truffa da 150 milioni. Casson – che da Pubblico Ministero indagò su corruzione, inquinamento ambientale, terrorismo e eversione di estrema destra – fu il candidato sindaco già nel 2005 di una coalizione di sinistra che si era schierata contro il MOSE, e che perse al ballottaggio per 200 voti contro Cacciari, candidato della Margherita su cui confluirono i voti del centrodestra al secondo turno.

La città sull’acqua con la sua atmosfera romantica ed affascinante, le sue isole, i suoi scorci, e i tanti momenti di grande tradizione è capace di attrarre 20milioni di turisti l’anno. Ma Venezia è anche un malato cronico che non sta smettendo di dare segnali del progressivo peggioramento del suo stato di salute. Era il 2009 quando i giornali italiani e internazionali davano una notizia che non poteva esser ridotta a semplice dato statistico: la città sull’acqua era scesa sotto i 60mila abitanti. Venezia infatti da anni si sta inesorabilmente spopolando e quella dei 60mila rappresentava una specie di soglia psicologica.

Il costo della vita è tra i più cari della penisola, i prezzi di affitti e alloggi sono a dir poco impeditivi, la chiusura del petrolchimico di Marghera ha lasciato in strada migliaia di veneziani e la città – letteralmente invasa dai turisti – è sempre meno a misura di cittadino. Già questo drammatico quadro somigliante ad un triste necrologio basterebbe a spiegare il declino non solo demografico della città. Non si può però ignorare che a rischio è l’esistenza della città stessa.

Diverse ricerche profetizzano che le alte maree saranno sempre più numerose ed insostenibili, mentre l’Università della California ha confermato che la città sta “sprofondando” di 4millimetri all’anno (8 centimetri nei prossimi venti anni) a causa dell’innalzamento del livello del mare e dell’abbassamento del suolo su cui la città poggia. Alla campana d’allarme, suonata già molti anni fa, conseguì il MOSE, il sistema a paratoie mobili attivabili nei giorni di acqua alta. Secondo i costruttori il MOSE servirebbe per salvare la città dalle alte maree. Secondo associazioni e scienziati il MOSE a lungo termine non salverà nulla e anzi la sua inutilità futura coincide con la nocività odierna per l’ecosistema lagunare. Secondo i Magistrati invece il MOSE è stata la pietra di volta per una ben più vasta serie di loschi affari in cui non era immerso solo il Consorzio Venezia Nuova incaricato dei lavori, ma anche politici di spicco (il sindaco Orsoni e il tre volte presidente della Regione Galan hanno patteggiato), Magistrati alle acque, finanzieri ed imprenditori.

Ma se la vicenda del MOSE parla di speculazione affaristica sulla città lagunare, la questione dell’accesso delle grandi navi in laguna è un’altra faccia della stessa medaglia. A Venezia un comitato da anni si batte contro l’accesso delle navi da crociera nel bacino di San Marco e nel canale della Giudecca. Le navi da crociera passano a 150metri da Palazzo Ducale e con le loro decine di metri d’altezza sovrastano anche i palazzi del centro storico veneziano dando vita a uno spettacolo stucchevole. I media però paiono essersi accorti dell’invasione delle navi da crociera solo dopo la tragedia all’isola del Giglio. Nel frattempo, negli ultimi 15 anni, le aziende croceristiche hanno visto le entrate delle loro navi a Venezia quadruplicare – oltre 700 l’anno scorso – e l’aumento del moto ondoso è stato conseguente. Non è solo una questione paesaggistica secondo i NO grandi navi, ma anche di salute: «Ogni nave, soprattutto quando è all’ormeggio, inquina come 14mila automobili». L’ARPAV ha sottolineato che quella delle grandi navi è la maggior fonte di inquinamento per Venezia. E la soluzione adottata ad agosto dal Governo – ovvero la deviazione delle navi verso il canale Contorta – aveva soddisfatto le aziende croceristiche ma aveva fatto infuriare il comitato che per bocca del suo portavoce dichiarò «Se qualcuno vuole trasformare la laguna di Venezia in una Val di Susa questa è la strada. La lezione del Mose non ha insegnato niente a nessuno».

Il Comune di Venezia, sulla questione delle navi in laguna, non ha giocato la sua partita. Il commissario prefettizio Vittorio Zappalorto – subentrato al Sindaco Orsoni travolto dallo scandalo MOSE – ha seguito i lavori del Governo ma ha preferito non pronunciarsi. Si è pronunciato eccome invece sul buco di bilancio delle casse comunali avviando una manovra drastica che ha tagliato gli stipendi dei dipendenti pubblici veneziani, senza escludere i salari più bassi che si son visti decurtare dalla busta paga dai 40euro netti mensili in su. Zappalorto ha anche tagliato altre competenze e bloccato completamente assunzioni e sostituzioni, non con poco fastidio dei dipendenti che a più riprese hanno manifestato il loro dissenso. Ma i tagli hanno riguardato anche altre voci di spesa, a partire dal sociale e dal sostegno alla disabilità.

Queste ed altre grane dovrà affrontare il prossimo Sindaco di Venezia. Le elezioni amministrative si avvicinano e candidature e schieramenti non paiono ancora definiti. Scontato che i grillini correranno in solitaria, la destra veneziana – storicamente debole e spesso presentatasi “in ordine sparso” – ancora non ha trovato un nome forte. L’ipotesi Casson potrebbe non essere sgradita nemmeno a quella sinistra che della questione morale e della lotta contro il MOSE e le grandi opere ne ha fatto una ragione imprescindibile. Rifondazione Comunista – che a Venezia ha storicamente una presenza forte e prova a lanciare una sorta di Lista Tsipras in laguna – pone l’accento sulla partecipazione dal basso dei cittadini alla vita amministrativa da anteporre alla legge dei “poteri forti veneziani” «Bisogna evitare che la fase di crisi istituzionale consista in una mera sostituzione tra cricche di sfruttatori di Venezia». E sta organizzando nell’isola e in terra ferma una consultazione popolare “per costruire l’altra Venezia”. La lista ecologista di Massimo Bettin e Beppe Caccia invece fa sapere per bocca di quest’ultimo che sta lavorando alla costruzione di uno spazio comune con SEL e Verdi denominato 2020VE. «Non siamo disponibili ad alleanze con chi è stato a libro paga del Consorzio Venezia Nuova» ci dice Caccia «Lo smantellamento, ancora da cominciare aldilà delle inchieste giudiziarie, del sistema politico-affaristico che ha condizionato la città per decenni è il primo decisivo terreno di confronto con tutti».

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