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Brasile: Lula si butta nella mischia. Rielezione di Dilma a rischio

Lula scende in campo per Dilma, sua compagna nel Pt. L’opposizione Neves/Silva fa lobby. Rielezione a rischio. Sarebbe un disastro per Brasile e America Latina

di Marina Zenobio

dilma e lula

“E’ un figlio di papà” ha dichiarato un Lula infuriato riferendosi al candidato socialdemocratico Aécio Neves accusandolo anche di machismo e di aver mancato di rispetto a Dilma Rousseff nell’ultimo dibattito televisivo, durante il quale Neves ha accusato la presidente – senza presentare prove – di corruzione con Petrobras.

Una incandescente campagna elettorale per la presidenza del Brasile in cui ora Lula ha deciso di entrare in pieno per sostenere la rielezione di Dilma Rousseff. L’attacco dell’ex presidente brasiliano al candidato dell’opposizione Aécio Neves è avvenuta sabato, durante un comizio a Belo Horizonte, capitale di Minas Gerais, stato governato per due legislazioni proprio da Neves.

“Non ho mai visto un cittadino mancare di rispetto alla presidente come ha fatto il nostro oppositore – ha dichiarato Lula aggiungendo che – questo non è un comportamento di un candidato ma di certi figli di papà che credono che tutti sono a loro servizio. Non so se sarebbe stato così coraggioso se il suo avversario fosse stato un uomo”.

L’ex presidente ha anche criticato il fatto che Neves, a soli 19 anni, lavorava come consigliere parlamentare di suo padre, l’ex deputato Aécio Cunha eletto per Belo Horizonte, mentre però viveva a Rio de Janeiro.

Riferendosi poi ad un articolo pubblicato da The Economist in appoggio al candidato socialdemocratico, Lula ha dichiarato che come se non bastaste un certo tipo di stampa brasiliana ad appoggiare Neves, anche The Economist sta facendo campagna elettorale per l’opposizione. “Ma The Economist da sempre difende le banche, e le banche non amano Dilma, amano Aécio. Quale risposta dobbiamo dare? Sì, se Aécio è il candidato dei banchieri, ottimo. Perché Dilma è la candidata del popolo brasiliano”, ha concluso Lula.

A meno di una settimana dal ballottaggio che si terrà il 26 ottobre, la presidente Rousseff e Neves aggiustano il tiro delle loro campagne elettorali che finora si sono concentrate più su attacchi personali che proposte di governo, per conquistare gli elettori di cui hanno bisogno per vincere una battaglia elettorale che, a questo punto, potrebbe combattersi all’ultimo voto se si considera che Marina Silvia, la grande sconfitta del primo turno con il 20% dei voti, è ormai una presenza fissa nei comizio elettorali di Aécio Neves, il quale si era attestato al 35%, insieme arriverebbero al 55% contro il 41% di Dilma Rousseff.

Dal nostro punto di vista, per quante critiche si possano fare alla Rousseff (e al PT che rappresenta), per gli appuntamenti mancati con movimenti indigeni o dei senza terra (che hanno comunque dichiarato un appoggio “critico” a Dilma) sarebbe un disastro per il Brasile, per l’America Latina e non solo. Se vincerà Aécio Neves, quindi il Partito della socialdemocrazia brasiliana, tutti gli accordi commerciali e le nazionalizzazioni portate avanti prima da Lula poi da Rousseff saranno carta straccia.

In caso di vittoria di Aècio Neves, come annunciato nella campagna elettorale già da Marina Silva, torneranno privatizzate Banca Centrale e Petrobras (l’industria petrolifera di stato), troveranno spazio investimenti stranieri per l’esplorazione dei giacimenti di petrolio non convenzionale, anche noti come “pre-salt”, scoperti al largo della costa del sud-est del Brasile; ci sarà un riavvicinamento agli Stati Uniti e un allontanamento dal Brics; si sceglierà l’Alleanza commerciale del Pacifico a detrimento del Mercosur e dei Brics, oltre ad un energico piano di aggiustamento dei conti pubblici.

Il contrasto con i governi del PT non potrebbe essere più estremo: priorità alle politiche sociali, ai progetti commerciali di integrazione regionale e dell’interscambio Sud-Sud, e al ruolo attivo dello Stato.

Dilma Rousseff al centro, con da sx i presidenti Evo Morales (Bolivia), Pepe Mujica (Uruguay), Cristina Kirchner (Argentina), Rafael Correa (Ecuador) in Venezuela per un atto commemorativo dedicato al defunto presidente venezuelano Hugo Chavez
Dilma Rousseff al centro, con da sx i presidenti Evo Morales (Bolivia), Pepe Mujica (Uruguay), Cristina Kirchner (Argentina), Rafael Correa (Ecuador) in Venezuela per un atto commemorativo dedicato al defunto presidente venezuelano Hugo Chavez

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