La tecnocrate Roussef la spunta per pochi voti. Sorride Putin. Obama è preoccupato. In arrivo un programma economico dettato dal Fmi.
di Franco Fracassi
Solo tre milioni di voti su centoquaranta hanno diviso la presidente uscente (e futura) Dilma Rousseff dal candidato del centro-destra Aecio Neves. 51,6 a 48,4 per cento. Il Brasile oggi è un Paese spaccato in due. Anche per questo dall’entourage presidenziale sono emerse dichiarazioni morbide nei confronti dell’avversario e della sua piattaforma politica: «Dovremo per forza tenere conto della volontà delle grandi aziende nazionali e di quanto chiestoci dal Fondo monetario internazionale, circa riforme economiche da attuare al più presto». Notizie poco piacevoli per una parte dell’elettorato del Partito dei lavoratori, che ha appoggiato la Rousseff proprio perché in questi dodici anni di governo sono state attuate politiche di rottura con le richieste da parte delle grandi multinazionali e di organizzazioni quali l’Fmi e la Banca mondiale.
Nei dodici anni in cui ha guidato il Paese, il Partito dei lavoratori ha portato avanti politiche economiche che hanno tirato fuori dalla povertà quaranta milioni di brasiliani, hanno ridotto la disoccupazione e hanno nazionalizzato molte delle grandi imprese brasiliane. Anche per questo la massa dei consensi per la Rousseff è arrivata soprattutto dallo Stato di Rio de Janeiro e dagli Stati del Nord-Est, storicamente più poveri.
Ex guerrigliera marxista che finì in carcere durante il periodo della dittatura, la Rousseff negli anni si è trasformata in una burocrate, tanto da trovare non poca opposizione interna quando l’allora presidente Lula la scelse come suo successore. Durante il suo mandato la presidente si è alienata molti dei consensi a sinistra e non ha saputo gestire lo sforzo che il Brasile ha fatto per organizzare i mondiali di calcio. Tra due anni a Rio de Janeiro si svolgeranno i Giochi olimpici e molti temono che si ripeteranno gli stessi errori, che potrebbero scatenare una rabbia popolare ancora più forte di quanta ce n’è stata prima dell’inizio dei mondiali.
Con un prodotto interno lordo di mille e settecentosettanta miliardi di euro, il Brasile è di gran lunga la principale economia dell’America Latina. Ed è un traino per molti Paesi vicini. Inoltre, è un Paese il cui appoggio è fondamentale per la sopravvivenza di governi di sinistra quali quello boliviano o venezuelano. «Senza l’aiuto politico ed economico del Brasile non sono sicuro che oggi in Venezuela governerebbe Maduro e in Bolivia Morales», ha dichiarato Adrian Bonilla, segretario generale di Flacso, un organismo internazionale il cui compito è la ricerca sociale nei Paesi del Sudamerica e dei Caraibi.
Uno dei primi capi di Stato a complimentarsi con la Rousseff per la sua rielezione è stato il presidente russo Vladimir Putin. Il Brasile è uno dei principali partner internazionali della Russia nel tentativo di creare un mercato monetario alternativo al dollaro. Iniziativa, ovviamente, vista con grande avversità dagli Stati Uniti. Anche per questo motivo, queste presidenziali erano così importanti.