La carrozzeria Barbi una volta aveva 175 dipendenti e produceva corriere, ambulanze, autobus militare. Viaggio in una delle industrie di punta della produttiva Mirandola.
di Francesco Mai
«Le giornate non passano mai quando stai ad aspettare che la ditta ti chiami perché è arrivato del lavoro. Da febbraio siamo in cassa integrazione e non s’intravedono prospettive: se continua così dovremo chiudere. Dalle oltre cento corriere che facevamo nel 1989, quando iniziai a lavorare per la carrozzeria Barbi, siamo passati a fabbricare una ventina di autobus militari nel 2013. Dai centosettantacinque dipendenti del Novanta siamo passati ai soli trenta attuali. Ora, a quarantacinque anni, non ho più la certezza del lavoro. A casa ho moglie e due figli da mantenere, per fortuna mia moglie lavora, ma è dura tirare avanti». Con queste parole Domenico Colasanto, dipendente della carrozzeria Barbi di Mirandola (in provincia di Modena) descrive la sua attuale situazione lavorativa.
L’azienda per cui lavora Colasanto produce autobus da gran turismo e non naviga in buone acque. Nata nel 1905 come piccola carrozzeria di paese, l’azienda Barbi mantiene per oltre cent’anni le caratteristiche di un’impresa familiare. Pur essendo legata al proprio territorio, sa cogliere le sfide dell’industrializzazione e l’evoluzione del trasporto collettivo: dalla “baracchina”, il calesse costruito dal fondatore Galileo Barbi, essa passa a costruire carrozzerie per auto, autocarri e ambulanze, fino ad approdare al mondo del trasporto collettivo.
La sua storia s’intreccia con quella di tante altre piccole imprese presenti nel territorio modenese, ma con il passare degli anni molti piccoli operatori indipendenti escono di scena o sono oggetto di assorbimento da parte dei grandi gruppi nazionali ed internazionali. In questo contesto Barbi resiste e si conquista un posto tra i più importanti carrozzieri emiliani, tra cui Orlandi, Menarini e Autodromo. La carrozzeria Barbi lavora su meccanica Fiat, Om, Alfa Romeo, Lancia, Bianchi e Mercedes, per arrivare a collaborare con Volvo all’inizio degli anni Ottanta.
La collaborazione con la casa svedese ridà impulso alla produzione nel periodo in cui entra in crisi il rapporto con Fiat e Mercedes. E rappresenta per anni una garanzia di qualità: alla notorietà del marchio si accompagna sempre la cura del dettaglio, garantita dalla professionalità artigianale delle maestranze cresciute in azienda. Mentre Orlandi confluisce in Iveco e Menarini nella Breda, Barbi supera la crisi economica del 1992 e altre fasi critiche a carattere ciclico e temporaneo.
L’accordo esclusivo con Volvo s’interrompe nel 2007, preceduto da anni di instabilità e grandi cambiamenti a livello internazionale. L’affacciarsi sul mercato di nuove aziende concorrenti, il decentramento produttivo verso aree con manodopera a basso costo, la tendenza a carrozzare in proprio da parte dei grandi costruttori, riducono sempre più gli spazi ai carrozzieri indipendenti. La rottura della collaborazione con l’unico grande partner rappresenta l’inizio di una crisi che appare irreversibile.
Afferma Colasanto: «Ci sono stati dei licenziamenti, l’ultimo dei quali di diciassette persone nel 2007, ma il problema vero è che coloro che andavano in pensione non sono stati rimpiazzati. Nei periodi di maggiore lavoro si sono assunti giovani con contratti a tempo determinato e questo ha causato due problemi: mancanza di prospettive per il lavoratore assunto, rallentamento della produzione dal momento che bisognava insegnar loro il mestiere».
Che la precarizzazione del lavoro sia uno dei motivi della crisi lo conferma Erminio Veronesi, responsabile dell’area nord della Camera del lavoro: «Questo dicono i dati a livello generale: quanto più aumenta la precarietà del lavoro, tanto cala la produttività. Ma fortunatamente qua nella Bassa la presenza di un sindacato forte è stato, e rimane, un importante elemento di sviluppo».
Più rilevante, invece, è il problema della mancanza di investimenti in ricerca e innovazione. Spiega Veronesi: «La scarsità di investimenti in ricerca e sviluppo riguarda nella nostra zona in particolare il settore metalmeccanico, costituito per lo più da aziende di piccole o medie dimensioni. Tra loro solo un’esigua minoranza ha rinnovato prodotti e processi produttivi». E la carrozzeria Barbi non fa eccezione. Ricorda Domenico: «Lavoriamo ancora artigianalmente, utilizzando macchinari vecchi di anche trent’anni. E non abbiamo avuto la capacità di riconvertire la produzione. Certo, da quando si è persa la commessa in esclusiva per la Volvo abbiamo prodotto vancavalli e cabinovie. E negli ultimi due anni abbiamo avuto la fortuna di lavorare in subappalto per Irisbus, fabbricando autobus militari per l’esercito italiano. Ma questi sono stati solo degli espedienti che ci hanno permesso di tirare avanti, integrando la ridotta produzione di autobus. Al momento abbiamo presentato in alcune fiere a Rimini e in Germania un prototipo per Irisbus e stiamo fabbricando alcune corriere per i safari. Ma lavoriamo in un continuo stato di precarietà».