11.2 C
Rome
giovedì, Novembre 21, 2024
11.2 C
Rome
giovedì, Novembre 21, 2024
Homeconsumare stancaBasilicata/Arriva lo “Sblocca trivelle” del duo Renzi-Pittella

Basilicata/Arriva lo “Sblocca trivelle” del duo Renzi-Pittella

Il presidente della Basilicata esalta la nuova legge di Renzi. In realtà la situazione in Val d’Agri peggiorerà. Due nuovi pozzi già in costruzione.

 

di Edoardo Bettella

renziepetroliobasilicata

«La giusta informazione rischia di essere appannata da una strumentale polemica politica tendente, da un lato, a mettere in ombra gli importanti risultati sin qui conseguiti, accentuando, dall’altro, un presunto “catastrofismo” ambientale non giustificabile in un Paese di diritto». Chissà se Marcello Pittella, presidente della Regione Basilicata, ha letto la relazione che Albina Colella ha presentato alla quarta “Conferenza internazionale degli ecosistemi” di Tirana (qui l’articolo di Popoff). Chissà se l’ha letta prima di scrivere la lettera che ha inviato ai sindaci della sua Regione. Chissà se ce l’aveva in testa mentre la scriveva che «lo “Sblocca Italia” contiene norme in materia di energia, che danno la possibilità di mettere a punto un programma di sviluppo per la Basilicata sulle maggiori produzioni petrolifere rispetto alle attuali estrazioni».

 

Il “presunto” catastrofismo ambientale di cui parla Marcello Pittella sembra non tenere conto di diversi episodi che si sono verificati in Basilicata da quando le trivelle, circa vent’anni fa, hanno iniziato a lavorare. Dall’inquinamento del sottosuolo e delle falde acquifere in Val d’Agri, alla moria di animali nei pascoli e nel lago Pertusillo, alla vegetazione che non cresce più. Costringendo migliaia di agricoltori ad abbandonare le loro terre (oltre ventiquattromila aziende agricole lucane nell’arco di dieci anni hanno chiuso, il 31,9 per cento, con punte di circa il sessanta per cento nell’area della Val d’Agri, per un totale di venticinquemila ettari in meno di superficie coltivata). Per non parlare del rischio sismico. Tutti argomenti di cui Popoff ha ampiamente parlato, mostrando un video e pubblicando il rapporto di un’autorevole docente di geologia, Albina Colella. Argomenti che anche se non dimostrano inequivocabilmente la relazione tra questo stato delle cose e le trivellazioni, quanto meno dovrebbero essere da sprono per effettuare studi seri e approfonditi, anziché appoggiare fieramente una legge, la “Sblocca Italia”, che, come sostiene la Colella: «Altro non fa se non peggiorare la situazione».

 

A parlare, questa volta, non sono i contadini o i pescatori. Bensì Legambiente, Wwf Italia e Greenpeace Italia: «Il decreto “Sblocca Italia”, seppur corretto su aspetti secondari alla Camera, dà carta bianca agli appetiti dei petrolieri di un’Italia trasformata in colonia per le trivelle». E ancora: «Queste prime modifiche non cambiano la portata negativa delle disposizioni dell’articolo 38 (dello “Sblocca Italia”, ndr), che consente di applicare le procedure semplificate e accelerate sulle infrastrutture strategiche ad una intera categoria di interventi, senza che vengano individuate le priorità, senza che si applichi la Valutazione ambientale strategica (Via). Inoltre, l’articolo 38 stabilisce che, da marzo 2015, le procedure di valutazione di impatto ambientale sulle attività a terra diventino competenza del ministero dell’Ambiente e non più delle Regioni. Pertanto, non prevedendo la necessità di forti intese tra Stato e Regioni, l’articolo non rispetta il vigente Titolo quinto della Costituzione».

reflui-petrolio

In materia di energia e, nello specifico, di rilevazione ed estrazione degli idrocarburi, il decreto “Sblocca Italia” parla di «attività che rivestono carattere di interesse strategico e sono di pubblica utilità, urgenti e indifferibili», e altrettanto è «l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio dei beni in esse compresi». Il tutto avverrà in presenza di un titolo concessorio unico che salterà diversi passaggi autorizzativi imposti dalla normativa attuale, riducendo i tempi di esecuzione e limitando le opposizioni. Di fatto, un regalo alle compagnie petrolifere che operano in Basilicata, che aumenteranno la produzione dagli ottantamila barili al giorno attuali, a oltre centotrentamila. E proprio per la grande importanza “pubblica” citata nel decreto, gli enti locali non avranno più alcun potere decisionale, che spetterà, invece, al ministero dello Sviluppo economico.

 

Il paradosso, quindi, è che le produzioni agricole lucane di alta qualità, parte integrante di quel Made in Italy tanto osannato da Renzi, non sono attività «strategiche, di pubblica utilità, urgenti e indifferibili». Lo sono i pozzi petroliferi.

 

E, così, compare sul web una lettera aperta al presidente Marcello Pittella, scritta da un imprenditore lucano. «Presidente, si avvicina per me un periodo molto importante, in cui devo pianificare investimenti non solo monetari, ma di vita. Quindi abbia pazienza, ma proprio non riesco a far finta di niente ed investire soldi, tempo, lavoro, su una terra che rischia la petrolizzazione, quindi ho una domanda semplice e diretta: che fine faremo qui? Questo petrolio s’ha da fare, si o no? Lo dica una volta per tutte lei in persona, deleghi il suo entourage, il dirigente del dipartimento ambiente, scelga lei chi! Basta che si dica! Contro il petrolio, mi spiace, non lotto. Non è vero che può coesistere con l’agricoltura, e lo dico da tecnico, da ingegnere, e da produttore di vino. Se secondo voi è possibile, non m’interessa. Io prendo un’altra strada, semplice! Non ne voglio neanche discutere, sarebbe una perdita di tempo per entrambi. Non mi interessa sapere quali benefici porterà, delle royalties, della carta idrocarburi, voglio sapere se arriverà o no il tempo delle estrazioni».

 

Allo stesso modo, Gaetano Sassano, allevatore della Val d’Agri, prima dell’arrivo dei pozzi, produceva insieme al padre vino, avevano quasi seimila viti. Poi è stato costretto a chiudere e a reinventarsi perché: «Non ne vendevo più un litro. La gente aveva paura dell’inquinamento». Sta succedendo questo in Basilicata, mentre una legge devastante per i territori e per i cittadini, e utile solo alle compagnie petrolifere, viene chiamata “Sblocca Italia”, come se dovesse far cambiare le cose.

memorandum-petrolio-300x300

Le associazioni ambientaliste hanno redatto una lista di ben sette motivi per cui andrebbe abrogato l’articolo 38 del decreto, quello che regola le misure in campo energetico. Sostengono che andrebbe abolito perché: consente di applicare le procedure semplificate e accelerate sulle infrastrutture strategiche a un’intera categoria di interventi senza individuare alcuna priorità; trasferisce d’autorità le valutazioni d’impatto ambientale sulle attività a terra dalle regioni al ministero dell’Ambiente; compie una forzatura rispetto alle competenze concorrenti tra Stato e Regioni; prevede una concessione unica per ricerca e coltivazione degli idrocarburi, in contrasto con le distinzioni previste dal diritto comunitario; applica impropriamente ed erroneamente la valutazione ambientale strategica e quella di impatto ambientale; trasforma forzosamente gli studi del ministero dell’ambiente sul rischio di subsidenza in «progetti sperimentali di coltivazione»; costituisce una distorsione rispetto alla tutela estesa dell’ambiente e della biodiversità prevista dall’Unione Europea.

 

Chissà se il presidente Pittella sa tutto questo, o se lo pensava mentre scriveva la lettera ai sindaci. Albina Colella vede la situazione in modo chiaro: «Penso che Pittella abbia gettato la maschera. Ma non avevo alcun dubbio su di lui. Dice chiacchiere, come quella sulla tutela ambientale. Solo parole, ma niente fatti. In Val d’Agri non ha fatto nulla per la tutela dell’invaso del Pertusillo, neanche obbedire alle disposizioni di legge sulla perimetrazione e tutela delle aree di salvaguardia delle acque destinate al consumo umano».

 

E mentre il mondo intero sta cercando di distanziarsi, per quanto possibile, da produzioni inquinanti, il governo Renzi per i prossimi decenni intende intensificare la produzione petrolifera, non interessandosi agli effetti ambientali e sociali che un’estrazione massiva può avere su un territorio e su un popolo.

 

Sono solo congetture? Non sembra, perché Eni è stata appena autorizzata per lavori di realizzazione di due nuovi pozzi, denominati S. Elia 1 e Cerro Falcone 7. E indovinate dove? Proprio in Val d’Agri, terra ormai destinata a diventare un pozzo petrolifero a cielo aperto. Con grande gioia dei pugliesi, che intanto continuano a bere l’acqua del Pertusillo, e di tutti noi, che intanto continuiamo a mangiarci i prodotti di quella terra.

Marcello Pittella, governatore della Basilicata e autore della lettera ai sindaci.
Marcello Pittella, governatore della Basilicata e autore della lettera ai sindaci.

1 COMMENT

  1. Salve, solo per dirvi che la vignetta in testa al’articolo è stata disegnata da CaGi che poi sarei io. Non ho solo capito il taglio dell’immagine. Vi è è capitato a caso o altro? Correttezza vuole che una vigna che porta la firma dell’autore venga utilizzata liberamente ed integralmente. Oppure se ne cita la fonte. Tanto per la precisione.
    Giovanni Caressa.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Ultimi articoli

Lo squadrismo dei tifosi israeliani e il pogrom immaginario

Violenza ad Amsterdam: i fatti dietro le mistificazioni e le manipolazioni politiche e mediatiche [Gwenaelle Lenoir]

Ferrarotti è morto e forse la sociologia non si sente troppo bene

Vita e opere dell'uomo, morto il 13 novembre a 98 anni, che ha portato la sociologia in Italia sfidando (e battendo) i pregiudizi crociani

Un Acropoli che attraversa una città, recitando

A Genova va in scena, per la quindicesima edizione, il Festival di Teatro Akropolis Testimonianze ricerca azioni

Maya Issa: «Nessun compromesso sulla pelle dei palestinesi»

L'intervento della presidente del Movimento Studenti Palestinesi in Italia all'assemblea nazionale del 9 novembre [Maya Issa]

Come possiamo difenderci nella nuova era Trump

Bill Fletcher, organizzatore sindacale, sostiene che ora “il movimento sindacale deve diventare un movimento antifascista”. [Dave Zirin]